“Le dinamiche della società mondializzata, con particolare evidenza per le migrazioni dei giovani del Sud, prima e dopo la laurea, sono stati al centro del convegno-dibattito, svoltosi nei locali del Circolo de L’Incontro, a Baiano. Dettagliata e puntuale la relazione del professore Gaetano Vecchione, docente di Economia alla Federico II e responsabile dei collegi universitari dell’ Istituto per le pratiche educative“.
Le dinamiche della società mondializzata del XXI incidono sempre più nella realtà dei popoli. E disegnano scenari geo-politici radicalmente distinti e diversificati non solo da quelli del XIX e del XX secolo, ma si connotano anche e soprattutto per la rapidità delle trasformazioni, sotto gli influssi delle innovazioni tecno-scientifiche e della diffusione del multiculturalismo.
I flussi migratori in atto riflettono i processi innescati dalla nuova visione del mondo e dell’economia. E’ il contesto, in cui prevale il modello socio-culturale, largamente ispirato dal ruolo esercitato su scala planetaria dalle società multinazionali e dai mezzi d’informazione, che ne sono lo specchio riflettente, gestiti, a loro volta, in modo diretto o indiretto dai sistemi di potere dominanti nei Paesi industrializzati; modello socio-culturale non sempre condiviso, ma in ogni caso ambito, tanto che nei decorsi ultimi due decenni, gradualmente circa un miliardo di un miliardo di uomini e donne si è affrancata dalle angustie della fame.
E’ lo scenario del mondo, in cui, però, persiste il divario tra il Nord dello sviluppo e del progresso materiale e il Sud dell’arretratezza, determinando sempre più frequenti e massicce ondate migratorie, con significativi notevoli mutamenti. E così se all’inizio del XX secolo gli Stati Uniti e l’America latina costituivano poli di attrazione per l’emigrazione europea ed asiatica, alla fine dello stesso secolo la situazione è cambiata. L’America latina si è trasformata in terra d’emigrazione e l’Europa occidentale è diventata meta d’immigrazione. La stessa Italia, terra di emigranti, è diventata polo attrattivo per i migranti stranieri, senza, però, aver strutturato né predisposto una rete sistematica per le politiche d’inclusione e di integrazione. Un vuoto, di cui,tanto per dire, le squallide e tristi vicende di Mafia Capitale, ne sono soltanto uno degli spaccati testimoniali più appariscenti, volendo restare nella quotidianità della cronaca.
Sono state – queste- alcune delle coordinate di guida e di riflessione, con cui il professore Gaetano Vecchione, docente di Economia alla Federico II, ha sviluppato la relazione sul tema, “Migrazioni intellettuali. Prospettive e disagi dei giovani nella società mondializzata”, nel convegno svoltosi nei locale del Circolo de L’Incontro, con la coordinazione del professore Gianni Amodeo.
Una relazione ampia, articolata e convincente, quella di Vecchione, coordinatore dei Collegi universitari dell’ Ipe, ed autore di interessanti pubblicazioni saggistiche in lingua inglese ed italiana; particolare il risalto dato al fenomeno dei giovani, che in Italia o ante lauream o post lauream lasciano il Sud, per approdare nel regioni e città del Nord, sia per il ventaglio delle opportunità di lavoro praticabili, sia per i livelli di qualità organizzativa socio-culturale e civile, con cui si connotano Un’analisi dettagliata, corroborata dai dati statistici, dai quali emerge lo stato di progressivo depauperamento dei valori umani per il Sud; valori, di cui sono portatrici le nuove generazioni, con i loro bagagli di formazione culturale. E valga un solo dato, a titolo esemplificativo, tra i tanti focalizzati da Vecchione: nell’arco dell’ultimo quinquennio hanno lasciato la Campania per ragioni di studio e ricerca di lavoro circa sessantamila giovani, pari all’intera popolazione di Caserta. Un processo, quello delle migrazioni intellettuali, che di per sé non va “demonizzato”, perché la libera circolazione nel Paese–Mondo dei giovani per lavoro e studio è sempre un fattore di arricchimento culturale e sociale. E’ importante, tuttavia, che il Sud, che attualmente è “lasciato” , quasi desertificato sul piano sociale, sia in grado di attrarre con serie motivazioni i giovani che lo abbandonano.
Animato nella ricchezza delle riflessioni e per la padronanza delle conoscenze il dibattito, che ne seguiva, in particolare con gli interventi della professoressa Carmela Vecchione, dell’assessore Franco Scotto, del dottore commercialista Angelo Perna, del dottor Giuseppe vecchione e del professore Carmine Magnotti. Tanti i temi di criticità sociale vagliati dalla lente d’ingrandimento, tra cui quello dell’inadeguatezza e del sistema scolastico, specie sul versante della limitatezza dei contenuti dell’attività didattica e nella carenza dei linguaggi, diffusi dall’innovazione. Evidenziate le diffuse e pesanti lacune della comunicazione radio-televisiva e della carta stampata, dalle voci del confronto emergevano le gravi responsabilità della politica in generale, che non ha saputo finora orientare e governare, ma soprattutto programmare e prevedere i processi evolutivi della società, consegnando ai giovani una realtà avara di prospettive, in cui il merito è misconosciuto e le diseguaglianze si dilatano.
E’ una realtà, tuttavia, che, per quanto dura ed aspra, va affrontata, valorizzando proprio le risorse giovanili presenti sui territori, con la formazione culturale, “investendo” nella qualità della scuola, del sistema universitario e dei poli di ricerca. E’- questo- un dato di certezza assoluta, di cui Stato, politica, società e famiglie devono farsi carico, con un radicale cambiamento di rotta, rispetto a quello ch’è “accaduto” negli ultimi trenta anni. Non bisogna dimenticare che in una realtà di grande dinamismo evolutivo e tecno-scientifico, quello che comunemente si definisce capitale umano, mentre sarebbe preferibile utilizzare la locuzione risorse umane, rappresenta un fattore decisivo per poter competere nel mercato globale ed è una condizione primaria per la formazione e la crescita del reddito.
Convergenti le sottolineature sul Sud, il cui ruolo di sviluppo civile ed economico-produttivo può essere reale, se inserito nello scenario della politica nazionale dello Stato e in quello del quadro comunitario europeo. La leva propulsiva, tuttavia, è nelle mani, ma soprattutto nella mente dei cittadini del Sud, a condizione che sappiano affrancarsi dalle trappole del clientelismo e dell’assistenzialismo, su cui soprattutto le generazioni della seconda metà degli anni ’50 si sono adagiati con piatto e comodo conformismo, a scapito proprio delle giovani generazioni di questi scorci di Terzo Millennio.
I guasti e la confusione esistenti non sono filiazione di marziani. E non sono necessari particolari esercizi di analisi, per averne contezza. Ma tutto ciò non può né deve essere accettato con passiva rassegnazione.