Applausi meritati e, a più riprese, del pubblico entusiasta e pienamente coinvolto dagli effetti speciali della performance musicale e corale, che si è sviluppata sul proscenio dell’Altare maggiore e lungo la navata centrale della Chiesa parrocchiale di Santo Stefano, per l’ atteso ed ormai appuntamento, di cui sono stati protagonisti i “ Pueri cantores”, diretti con maestria e raffinata professionalità da Luigina Conte, rinnovando il saluto all’anno appena arrivato, quasi a far da suggello e compendio simbolico delle attività ed iniziative svolte nell’anno che va via, con l’auspicio di migliorare e crescere nella qualità per gli impegni da affrontare e con cui rapportarsi, nel segno dell’amore e della passione per la cultura del….Pentagramma, in tutt’uno con l’universo dei canti e delle canzoni. Un filo, che si dipana di anno in anno- con quella di domenica è la sedicesima edizione della manifestazione- ed attraversa l’album della “Polifonica –Città del Baianese” , avendo già scritto belle pagine….ricche di successi e riconoscimenti di pubblico e di critica.
E va detto ch’è davvero un album di “belle e buone cose”, quello che onora la Polifonica di ieri e di oggi sotto tutti i profili, tenendo presente che, pur nei ricambi generazionali, i “Pueri cantores” conservano -da oltre quindici anni- inalterata la configurazione di coro con trenta “elementi”, tra donne ed uomini, a cui, di recente, si sono aggiunti…con un eccellente livello di integrazione, cinque giovani musicisti-strumentisti di ottima formazione e caratura, quali sono Geminiano Mancusi, al pianoforte, Salvatore Colucci alla chitarra elettrica, Biagio Bucciero alla chitarra acustica, Giulio Mugnano, basso, e Carmine Di Giacomo alla batteria. Un’articolata e coesa compagine di trentacinque componenti, di varia età e con distinte esperienze di lavoro, in fabbrica, nelle professioni, nei laboratori artigianali e nella pubblica amministrazione, ma che riescono a dedicare giorni e mesi alla preparazione di brani e spartiti con puntualità certosina, e con…tonnellate di entusiasmo. E con la prevalente matrice amatoriale, altro dato connotativo della “Polifonica” è la valenza della territorialità, i cui addentellati sono nell’Unione intercomunale Avella, Baiano, Sperone, Mugnano del Cardinale, Sirignano e Quadrelle. Come per evidenziare che la Polifonica si propone come uno dei simboli dell’Unione\Città intercomunale, da sempre esistente nella conformazione di quello spicchio di territorio, in cui si incrocia uno degli estremi lembi della provincia irpina con l’area metropolitana di Napoli.
“Il mondo che vorrei” – questo- il titolo del recital, che si è dipanato con la scansione di vari registri per un’impegnativa – e riuscita- scelta tematica, quasi annullando le distanze sia nel tempo che nello spazio, lungo i tornanti, che vanno dall’età del cristianesimo delle origini ai nostri giorni; dai sontuosi timbri dei solenni canti gregoriani, alle sinuosità struggenti e malinconiche in chiave blues, per agganciare le dirompenti e rapide ariosità del frenetico rock and roll, specchio della società globalizzata e delle sue… convulse quanto veloci trasformazioni. Una scelta tematica, segnata dai percorsi aperti a calde emozioni e a limpide riflessioni sui conflitti e sulle contraddizioni, con cui troppo spesso si è venuta nutrendo- e si nutre- nel suo cammino l’umanità, fino al disperato e disperante nichilismo, quando smarrisce il senso della vita e del discernimento tra il bene e il male; percorsi, che i “Pueri cantores” con le puntuali e penetranti sonorità della loro ”band” hanno attraversato con ritmate tonalità, passando dagli intensi Carmina burana alla dirompente e sfrenata eccitazione di “Guerra Guerra”, tratto dalla Norma di Vincenzo Bellini, per finire al “Coro degli zingari”, che campeggia nel Trovatore di Giuseppe Verdi. Un mixage composito, rivelatosi tutt’altro che un cocktail avventuroso e azzardato, a conferma della complementarietà e della..fusione dei contenuti, con cui il recital è stato concepito e preparato.
I cambi di scena, intercalati dalla speditezza dei tempi d’esecuzione, hanno fatto emergere al meglio la tessitura di un lavoro serio, per un recital, che, librandosi in musica e cori, ha dato rilievo ai valori della pace della giustizia, dell’amore per la natura e per tutte le forme viventi; valori negati, contrastati, osteggiati dalla guerra, dagli odi, dal dissennato desiderio di ricchezza, dalla volontà di dominio di uomini e popoli verso altri uomini e popoli. Una tessitura, che, proprio per l’attualità della tematica, da cui il concerto-spettacolo è stata improntato, si richiama allo stile e ai contenuti della produzione di uno dei migliori protagonisti e interpreti della canzone d’autore all’italiana, qual è Vasco Rossi, mai banale e sempre elettrizzante nel suscitare emozioni e…riflessioni: E quella di Vasco Rossi è la…creatività artistica, che si colloca nella variegata produzione compositiva contemporanea, che in Italia va dallo splendido Fabrizio De Andrè allo scettico e trasognato Giorgio Gaber, dal fantasioso Lucio Battisti allo spigliato Francesco Guccini, dallo smagliante Francesco De Gregori al limpido Antonello Venditti, per approdare all’opera dell’eclettico e straordinario Franco Battiato, tutte voci poetanti di magnifica freschezza, che con versatilità di linguaggi e musica hanno raccontato- e raccontano- il nostro tempo, i suoi uomini e le inquietudini sociali con plastica immediatezza. Senza finzioni, false convenzioni ed ingannevoli ipocrisie. Sono voci poetanti di verace e schietta autenticità, che la gente comune coglie a naso e fa proprie, per il fascino seducente- e convincente- che esercitano.
Di sicuro effetto per la “resa” qualitativa del recital, la proiezione sullo schermo-video delle immagini-flash sui problemi, che maggiormente angustiano l’umanità del nostro tempo, dal sottosviluppo alla fame, dalle aggressioni contro l’ambiente e gli equilibri delle leggi naturali alle guerre locali e regionali che continuano a divampare qua e là nel mondo, dalle crisi economiche alla disoccupazione, alle ingiustizie e alla precarietà nel lavoro. Uno scenario, scandito dai ritmi della “band” e segnato dai versi proprio de “Il mondo che vorrei”, la celebre canzone di Vasco Rossi,. Ed eccone alcuni. “Ed è proprio quello che non si potrebbe \ quello che vorrei….\qui si può solo piangere \ e alla fine non si piange più…\ qui si può solo perdere \ e alla fine non si perde neanche più”. Una realtà concreta, che si vive in questi primi scorci del Terzo Millennio; una realtà, da non accettare passivamente e nella rassegnazione, ma da cambiare, con la costruzione di una società giusta, umana ed umanizzante, quella appunto de “Il mondo che vorrei”. Ed è il versante esplicativo del concerto-spettacolo dei “Pueri cantores”, gratificati da applausi a scena aperta e a più riprese.
Di fatto, la celebre canzone di Vasco“ nella multiforme e affascinante versione della ” Polifonica-Città del Baianese “ è risultata un’originale e valida operazione culturale, curata in tutti gli aspetti, senza nessuna concessione al banale e al “dejà vu”; un’operazione, compiutamente espressa nella ricchezza dei duetti popolareschi e dialettali, tra cui quello del Diavolo maggiore e del Diavolo minore, “ ’o riavolillo”, metafora della seduzione del Male, inteso come’odio, invidia, ingiustizia, corruzione, violenza; Male, che sa anche mimetizzarsi nella la mistificazione, persino indossando le vesti angelicali del Bene…apparente. Anche lo scorso anno, la “ Polifonica–Città del Baianese” un’ analoga operazione, con proficui esiti, fu compiuta con “La Cantata dei Pastori” secondo l’elaborazione di Roberto De Simone, e con significativi inserti recitativi, scritti e “musicati” da Luigina Conte, il cui curriculum di severi e seri studi in Conservatorio come la pluridecennale attività professionale, parlano da soli. Fu un successo. Il replay si è registrato con “ Il Mondo che vorrei”.
E’ di tutta evidenza che la “Polifonica” ha innalzato il livello d’asticella del suo impegno. Non può che proseguire sulla scia intrapresa. Vale per la crescita di se stessa e degli spazi culturali del territorio; spazi aperti e da riempire di contenuti, come quelli espressi da “Il mondo che vorrei”.”.