Il racconto è di Stefano Galasso e fu pubblicato nel 1903 da quella ch’è stata, per un secolo e mezzo, la ben frequentata Tipografia Antonio Ferrara, attiva in Avella, e tra le più rinomate del territorio sull’asse Baiano–Nola–Pomigliano d ’Arco, in cui hanno primeggiato per l’intero ‘800 e, parzialmente, per il ‘900 le tipografie dei fratelli Basilicata e dei Rubino, “eredi”, a loro volta, della grande tradizione delle “stamperie” d’età rinascimentale, particolarmente operose città bruniana, con significative e rilevanti produzioni artistico-artigianali a servizio di autori e committenti editoriali dell’intero Regno delle due Sicilie.
E’ il racconto del Miracolo di Santo Stefano, Patrono della comunità cittadina e primo martire della cristianità, la cui memoria si celebra con gli odierni festeggiamenti votivi. Ed è triplice l’ordine dei festeggiamenti, con cui, a Baiano, viene onorata e rinnovata la testimonianza di esemplarità e il distacco dagli interessi e beni della mondanità, con cui si caratterizzò l’esistenza del Santo levita. Sono festeggiamenti che si ripetono a ciclo annuale, da quelli del 3 agosto, con cui si ricorda il rinvenimento delle reliquie del Santo, martirizzato con la lapidazione per la fede professata all’insegna dei valori del Vangelo, a quelli del 26 dicembre, con cui si apre il percorso delle ritualità liturgiche del calendario cristiano, dopo le celebrazioni evocative della Natività di Gesù.
E quelle del 26 dicembre sono celebrazioni, che simboleggiano l’auspicato inizio di una nuova vita per l’umanità, segnata e vissuta nella pratica delle idealità e dei principi evangelici. Il ciclo si conclude e…riapre- per comunità locale- con le odierne celebrazioni, di cui l’incipit del racconto di Galasso, fornisce il senso, evidenziando “la grazia concessa dal nostro Santo protettore Santo Stefano, che scacciò il flagello del nostro Paese, Baiano. Nel 1902 e 1903 fu in questo Paese, un morbo chiamato vaiuolo, che sfregiò uomini, donne e fanciulli e fece quantità di vittime che restò tutte le famiglie desolate in lacrime e in spavento”. Il morbo svanì e fu debellato in pochi giorni, secondo la narrazione popolare, dopo le invocazioni di preghiera e la processione della statua del Santo, lungo tutte le strade cittadine. E la credenza nel Miracolo è un atto di fede, che si ripete nel tempo, testimoniando come la scienza medica del tempo fosse impari a fronteggiare le epidemie e le malattie infettive, che, incurabili, nel periodico susseguirsi anche nel giro di pochi anni,mietevano vittime Peste, vaiuolo e “spagnola” rientrano nella tragica casistica dei morbi letali, a cui nulla potevano le cure “praticate” e, più recentemente, le pillole di chinino; morbi, che per secoli hanno segnato intere popolazioni. Poi, la scienza medica ha trovato i percorsi degli anti-biotici e di tante altre terapie, con cui ha aperto altri orizzonti di vita, senza contraddire i valori della fede religiosa, quale ne sia la matrice caratterizzante.
Ma è bene riprendere il filo spezzato. Galasso ricostruisce nei dettagli la cupa e triste atmosfera, da cui è attraversata nella sofferenza la comunità per il morbo letale che colpisce implacabilmente e non concede tregua, seminando la morte giorno dopo giorno. Un’onda emotiva, che tocca l’apice il 25 febbraio del 1903, allorché i fedeli si rivolgono al Parroco e al sindaco don Pietro Boccieri, per “avere il permesso del prossimo domani, 26 febbraio, di cacciare in processione il nostro luminoso protettore Santo Stefano, per riparare questo maledetto morbo”. E la processione si svolse con straordinaria partecipazione di popolo, raccolto in preghiera. Era stata preceduta dalla “Messa di notte”, officiata alle ore quattro dell’alba. Un dettaglio, che, verosimilmente, fa rapportare la consuetudine delle “Messe di notte”, che sono officiate nella Chiesa parrocchiale di Santo Stefano nel novenario di preparazione alla Natività del 25 dicembre, con inizio il 13 dicembre, il giorno liturgico, dedicato a Santa Lucia.
A celebrare la Messa di notte del 26 febbraio del 1903 fu il novello sacerdote, don Biagio Picciocchi, mentre in piazza Francesco Napolitano sostò il lungo corteo della processione con la statua del Santo. I fedeli in raccoglimento ascoltarono il “luminoso discorso del dotto sacerdote don Biagio Masi”, che è stato tra i migliori e più ispirati oratori sacri della diocesi paoliniana, a cavallo dell’800 e del ‘900.
Dal 26 febbraio del 2003 al 26 febbraio 2004 – dieci anni fa- la comunità cittadina ha celebrato il centenario del Miracolo. Un Memoriale di generale coinvolgimento, con la partecipazione del vescovo emerito di Acerra, don Antonio Riboldi, del vescovo di Nola, Beniamino Depalma, del vescovo di Capua, Bruno Schettino. Il centenario fu segnato da molteplici eventi, tra cui il pellegrinaggio a Capua, nella cui cattedrale si conservano le reliquie del Santo, concerti, l’eccellente rappresentazione teatrale della vita del Santo, con testo e sceneggiatura di Enzo Barone ed interpretata da cinquanta attori e figuranti, con il sigillo della memorabile performance del Coro Millennium. La performance di “Scene e le voci da un martirio.Lapidazione di Santo Stefano Protomartire” , fu connotata dalle musiche orchestrali e per il complesso strumentale, diretto da Enzo Bocciero, con musiche vocali e testo di Marina Valmaggi.