di Antonio Vecchione
Con un dispiegamento di forze senza precedenti i nostri amministratori hanno contestato la decisione (decreto Italicum) di inserire il mandamento Baianese non nel collegio Campania 2 (Benevento – Avellino), ma in Campania 5, (Nola – Pomigliano). Per annullare tale decisione e rientrare nel collegio di Avellino sono scesi in campo con ferma convinzione i sindaci dei sei comuni mandamentali e la nostra rappresentanza irpina. Il risultato ottenuto da questo agguerrito schieramento è stato disastroso: Avella e Sperone restano nel collegio Campania 5 e gli altri quattro comuni reinseriti in Campania 2. In pratica ci hanno tolto il bene più prezioso: l’unità territoriale. E’ l’ennesima prova della scarsa considerazione che i parlamentari irpini hanno nei confronti del nostro territorio. E’ gravissimo che questi personaggi, per miserrimi interessi elettorali, abbiano distrutto tutto il lavoro fatto per l’Unione dei comuni, ma è ancora più grave la simmetrica “ingenuità” dei sindaci che, nonostante lo schiaffo subito, continuano a fidarsi di costoro, continuano a vantare fantasiosa “identità irpina” e a sperare in un ricongiungimento nel collegio avellinese. Qui si sfiora la dabbenaggine. Bene ha fatto Biancardi, sindaco di Avella, a dichiarare: “…Tutti uniti e avanti con l’unione dei comuni che sarà l’unica cosa che potrà tenerci sempre territorialmente più uniti. Ormai i rappresentanti irpini non fanno che pensate alle aree interne, noi rimarremo sempre fuori dai loro schemi, quindi meglio lasciare i partiti, visto che loro hanno preferito di lasciare noi…”. Un invito che dimostra determinazione e coraggio, che lascia spazio a un ripensamento di tutta la strategia. “Abbiamo commesso un clamoroso errore nel respingere il collegio Nola – Pomigliano”, è il messaggio che si percepisca. Io, da semplice cittadino che ha a cuore le sorti del nostro territorio ormai in irreversibile declino, sono profondamente deluso per questa disastrosa conclusione, frutto di una serie di valutazioni sbagliate e, soprattutto, della mancanza di coraggio e di visione strategica al passo coi tempi. I fatti parlano chiaro. Negli ultimi mesi, i sindaci, con la costituzione dell’Unione dei Comuni del baianese, hanno lanciato un chiaro messaggio: soltanto la compattezza territoriale ci può salvare. L’Unione dei Comuni è il nostro “capitale” di investimento. A prescindere dal contesto provinciale, è importante far sistema, trovare sinergie tra i sei comuni, valorizzare la nostra storia e le nostre potenzialità agricolo- boschive – culturali: uniti possiamo rilanciare il mandamento baianese – avellano. Questo fino a pochi giorni fa. Poi il decreto Italicum e il trasferimento al collegio Campania 5 di Nola Pomigliano. Io mi sarei aspettato un’accoglienza trionfale. Finalmente siamo liberi dalla “sudditanza” avellinese, da quel complesso di inferiorità che attanaglia i nostri politici, da quelle eterne attese col cappello in mano aspettando le grazie dei potenti di turno che, distratti da cose più importanti, ci hanno sempre trascurati ed emarginati, da quelle strampalate definizioni tipo “altra irpinia”, un patetico tentativo di affermare “siamo “quasi” come voi”, alla ricerca di una dignità che non ci concedevano. Finalmente, si poteva pensare, potremo misurarci e confrontarci a livelli più alti, con territori più ampi e “aperti”, più ricchi di iniziative, più in sintonia con la nostra cultura di vita. Finalmente, dall’alto delle nostre colline e dal Castello di Avella (simbolo di un predominio storico territoriale), potremo spaziare nella piana campana, di nuovo vicina, guardando negli occhi gli altri cittadini uniti dalla comune politica e non stare nascosti e confinati dietro la montagna di Monteforte, come scolaretti in castigo dietro la lavagna. Finalmente potremo dimostrare di saper costruire il nostro futuro, con le nostre forze, con la dignità recuperata. Non c’è dubbio che la promozione turistica e l’affermazione dei nostri prodotti tipici saranno meglio incentivati dalla vasta area metropolitana (vedi, come esempio, l’intelligente sinergia di Avella con Pomigliano Jazz). Purtroppo la reazione c’è stata, ma di segno opposto. I sindaci, incredibile, hanno recepito l’Italicum come una sciagura e, presi dalla sindrome dell’abbandono, hanno commesso il primo errore: firmare un documento di protesta senza metodo democratico. E’ stato, a mio avviso, un gravissimo errore di onnipotenza. Per decisioni che riguardano il futuro della comunità, e quindi la vita e le fortune dei giovani, un sindaco ha il dovere morale e politico di informare i cittadini, di discuterne con le parti sociali e di convocare il Consiglio Comunale per coinvolgerlo nella sua interezza (è anche da sottolineare che non mi risultano proteste delle varie opposizioni; se è così, il concetto di democrazia nella nostra valle è abbastanza vago). Dopo, e soltanto dopo, può orientare le sue decisioni e firmare documenti impegnativi. Questo si chiama “democrazia” e avrebbe potuto sciogliere il nodo fondamentale di questa vicenda: il passaggio da Avellino a Nola può rilanciare le opportunità di crescita e di sviluppo? Una domanda che i sindaci non si pongono e non intendono porsi: una offesa alla sensibilità popolare. Poi il secondo tragico errore: ritenere che i rappresentanti irpini abbiano a cuore il nostro mandamento. Il disastroso risultato è sufficiente per rendersi conto della realtà dei fatti: i parlamentari irpini non ci rappresentano, non sono radicati nel nostro territorio. Ci usano e ci strumentalizzano per le loro manovre politiche. Sono anni che succede, con la benedizione dei sindaci e dei partiti. Io non so se sarà possibile recuperare, ma certamente la lezione dovrebbe indurci a spingere nella direzione opposta: tutti uniti nel Collegio Campania 5. Il monito di Biancardi deve essere uno sprone a reiterare l’azione di protesta, chiedendo con la stessa determinazione il passaggio al collegio elettorale di Nola – Pomigliano. Io sono certo che la nostra comunità, una volta informata, approverebbe e sarebbe disposta a una mobilitazione di massa a sostegno della richiesta.