E’ l’incipit di un lungo articolo apparso su un giornale locale con interviste ai sei sindaci del nostro territorio baianese. Io trovo questa reazione esagerata: ritengo che, prima di prendere posizioni così nette, sarebbe opportuno una riflessione “collettiva”, allargandola alla comunità intera, nelle sue varie componenti, politiche, culturali, imprenditoriali (compresi i semplici cittadini). Stiamo parlando, ovviamente, dell’Italicum, la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati entrata in vigore il 23 maggio scorso, che prevede 20 circoscrizioni elettorali ( corrispondenti alle Regioni) suddivise a loro volta in 100 collegi plurinominali, con una media di 528 mila abitanti per collegio. Una commissione di studio ministeriale ha lavorato per la definizione dei collegi. I criteri previsti dalla legge privilegiano innanzitutto la «coerenza territoriale», ovvero la definizione quanto più possibile di collegi plurinominali «compatti per prossimità reciproca della popolazione residente” e l’ integrità provinciale fin dove possibile tenuto conto delle soglie demografiche fissate dallo stesso Italicum. Alla Campania sono stati assegnati 10 collegi, con alcune rilevanti novità. In particolare il collegio Campania 2 comprende le province di Benevento e Avellino, fatta eccezione per 13 municipi (trasferiti per non superare il numero medio di abitanti): Atripalda, Avella, Baiano, Domicella, Lauro, Marzano, Moschiano, Mugnano, Pago Vallo Lauro, Quadrelle, Quindici, Sirignano, Sperone, Taurano. I 13 municipi sono rientrati in Campania 5, insieme a Pomigliano d’Arco, Nola, San Giuseppe Vesuviano, Acerra, Brusciano, Casalnuovo, Poggiomarino e Pollena Trocchia.
Questi i fatti sui quali ragionare.
Trovo fuorvianti alcune considerazioni espresse nell’articolo. Quando leggo “E’ chiaro che nel nuovo contesto disegnato il ruolo del Mandamento Baianese sarebbe decisamente marginale”, mi chiedo: ma abbiamo mai avuto negli ultimi decenni un ruolo “importante” nella Provincia di Avellino? La “marginalità” è stata la nostra compagna in questo lungo viaggio che ci ha portati al declino. Leggo ancora le dichiarazioni di Alaia: “Quello del nolano è si un territorio contiguo al nostro, ma decisamente diverso sotto tanti punti di vista”. Sarebbe interessante conoscere questi “punti di vista” che ci diversificano dal nolano e, simmetricamente, avere contezza di quelli che ci avvicinano all’Irpinia. Io, e mi scuso con il sindaco Alaia, ho opinioni opposte. Penso che la nostra civiltà, il nostro modo d’essere, i nostri costumi di vita sono sempre stati più vicini alla piana campana che all’Irpinia. Non finirò mai di protestare e contrastare la sciagurata idea di definire il nostro territorio “Bassa Irpinia”, una bestialità senza senso alcuno (peraltro in questi ultimi mesi con la felice riscoperta e il positivo rilancio della storia Avellana questa definizione appare sempre più ridicola).
Chi segue le nostre vicende storiche, sa che questa è la riproposizione di un aspro confronto di circa dieci anni fa. All’epoca i nostri politici locali si impegnarono in una difesa d’ufficio della provincia di Avellino contro il pericolo di una possibile provincia di Nola. Un dibattito, a mio avviso, che non affrontava i nodi veri della nostra identità e del nostro futuro, ma soltanto inutilmente compiacente verso i nostri rappresentanti politici nazionali. Oggi come allora, ci vuole coraggio: il coraggio di mettersi in discussione e di affrontare sfide nuove. Una cosa è certa: la nuova legge elettorale potrà costituire base per un rinnovamento profondo dei rapporti sociali e noi dobbiamo essere pronti con l’unica arma che abbiamo a disposizione: dare forza e vigore alla costituita Unione dei comuni.
“Questa voglia di schierarsi per Avellino o per Nola, questa volontà netta di dividerci, non ci appassiona. Non è questa la battaglia da combattere per il nostro territorio, non è in questa scelta la soluzione dei nostri problemi.
Noi dobbiamo tutti insieme impegnarci nel recuperare la nostra identità culturale, che non è e non potrà mai essere irpina: non lo siamo e non lo siamo mai stati. Rivendichiamo la nostra dignità, senza complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno. Noi siamo figli di una civiltà millenaria, quella di Avella, e di un’organizzazione sociale, peculiare e straordinaria, che si è venuta costruendo dal medioevo in poi e che ci ha lasciato dei segni forti (vedi le nostre tradizioni).
E su questa identità dobbiamo costruire una casa comune, e tutti insieme, poi, orgogliosamente confrontarci con i nostri vicini avellinesi o napoletani.
Il nostro essere zona “cerniera” non deve essere una penalizzazione; devono essere fatti tutti gli sforzi per non diventare una trascurata periferia.
Recuperiamo la nostra grande ricchezza: quella di essere snodo importante e di poter dialogare con tutti”.
Così scrivevamo nel 2005 nell’atto di costituzione dell’”Associazione per l’Unione dei Comuni”; una esperienza straordinaria di democrazia popolare, che purtroppo non ottenne risultati per l’insensibilità dei sindaci del tempo. Oggi i tempi sono maturi. L’Unione è stata costituita. Io mi aspetterei determinazione e coraggio dai sindaci: quale che sarà il nostro collegio elettorale, se non ragioneremo come una comunità di circa trentamila abitanti, saremo perdenti. Antonio Vecchione