Variazioni in flashback, dal Torneo della Liberazione del ’44 alla ribalta delle finali di Prima divisione del ‘46\47 per il salto in serie C, per rivivere la Grande Festa stra-paesana del ’48 in onore del Napoli e del suo profeta Roberto Luis La Paz, dal geniale e estroso dribbling.
di Gianni Amodeo
Gran spolvero in scena per le domeniche del corrente scorcio settembrino, con il ritorno dei campionati di calcio di livello regionale nel Bel Paese, dopo il biennio d’”astinenza”, che s’è venuto consumando tra sofferte restrizioni sociali e lockdown doveroso, per fronteggiare l’emergenza sanitaria, diventata anche emergenza sociale ed economica, per effetto della pandemia generata dal patogeno della Sars–cov–2, con le connesse varianti del tutto imprevedibili. Un ritorno gradito e atteso, che rimette in carreggiata un’importante e significativa componente dello sport nazionale, qual è da sempre il calcio dilettantistico, per la l’uniforme e diffusa presenza, con cui sui territori di città di piccola e media dimensione demografica catalizza e diffonde socialità, rendendosi presidio di aggregazione e d’incontro delle giovani generazioni, da sempre,proficua palestra di formazione educativa all’insegna della lealtà, prima che agonistica strettamente intesa. Senza dire delle modalità di successo, con cui da alcuni anni lo sport del pallone ha agganciato e fatta propria al meglio e in modo capillare la parità di genere, da lungo tempo consolidata realtà di costume e cultura praticata … per atletica leggera e pesante, nuoto, volley, basket, ciclismo ed handball; e il racconto delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi appena conclusesi a Tokyo, narrato dalle immagini a colore d’alta definizione dei net-work televisivi di tutto il mondo, ne ha fornito una splendida e ragguardevole rappresentazione, vissuta con coinvolgente ed entusiastica partecipazione e comprensibile enfasi, ben al di là degli stessi dati tecnici delle performance realizzate, come per esprimere voglia e desiderio di generale liberazione dagli assilli e dalle paure innescate dalla pandemia. E’ davvero un quadro variegato di elementi, quello che fa da sfondo al ritorno del calcio dilettantistico con tante storie che attendono di essere raccontate sulla scia del Dopo–Covid 19, mentre migliaia di storie di altri tempi e altri campionati dilettantistici sono ormai cristallizzate negli annali d’archivio di squadre e società, anche di quelle non più attive, continuando a vivere nella memoria collettiva di comunità e “tifoserie” di riferimento. E tra le migliaia di storie in archivio lungo lo Stivale, un piccolo e più che dignitoso spazio è quello che con merito occupa il Baiano, il cui tratteggio prende inizio nei primi anni ’30, con narrazione in prosieguo con lo start che appunto domenica prossima farà muovere i gironi di Promozione.
Anni ’30, il “Bellofatto” patrimonio socio–culturale e bene comune
Il bel retaggio di giovani generosi
E’ il tratteggio d’origine che vede un gruppo di giovani – studenti universitari e artigiani per lo più cestai, boscaioli, falegnami e barbieri, nati tra il primo il secondo decennio del ‘900 e legati da forti vincoli d’amicizia e schietta familiarità che conserveranno inalterati per l’intero arco della vita- affaccendarsi nel fondo agricolo che s’affaccia su via Olmo, liberandolo da alberi di nocciole e colture varie, per “ritagliare” il rettangolo di gioco che sarà trasformato nel … mitico “Francesco Bellofatto”, con 110 metri di lunghezza e 60 di larghezza. E fu dotato dell’ ingegnoso sistema di drenaggio con tenuta garantita ‘a piett ‘e palumb – a petto di colombo, per far defluire sui versanti laterali l’acqua piovana- grazie allo scavo fatto lungo l’asse centrale del rettangolo, per ricoprirlo di fascine e terreno, in modo da sollevare di poco, quasi invisibile e impercettibile, il campo di gioco, ch’era sottoposto a costante e buona cura per la semina e la crescita dell’erba, a regola d’arte botanica. E il campo di gioco, fu contornato dalle staccionate di legno di castagno dei boschi d’Arciano, sostituite sul finire degli anni ‘40 dalla recinzione protettiva a rete di ferro per ragioni di sicurezza- ogni partita catalizzava, in media, centinaia di spettatori, fino a sfiorare il migliaio nei derbies con gli squadroni di turno, che si chiamavano, tanto per dire, Puteolana, Internaples, Juve Alfa Pomigliano d’Arco, Juve Stabia Sessana, Savoia, Turris, Angri, Nola, Palmese, Sangennarese, Atripalda, Sorrento e via seguendo.
E’, il “Bellofatto”, un magnifico bene comune -come si direbbe oggi, creato con spiccato senso del “noi”, da giovani dell’epoca per sé e per le generazioni future, rendendolo uno dei più significativi elementi del patrimonio socio–culturale del territorio-, la cui realizzazione fu favorita e voluta dalla civica amministrazione, guidata dal Podestà pro tempore, l’avvocato Giuseppe Lippiello – con l’acquisizione al patrimonio comunale del fondo agricolo in questione ch’era nella disponibilità della Curia diocesana di Nola. E, di passaggio, va ricordato che l’avvocato Lippiello, fine giurista di eccellente scrittura e perspicace finezza e dialettica argomentativa con spiccate competenze nel Civile e nell’ Amministrativo, era stato sindaco nell’ Età giolittiana.
Un impianto “fai da te” e ben funzionale, in cui tra le staccionate e le mura perimetrali che si sviluppano per tre lati soltanto, vengono delimitate le “strisce” larghe circa dieci metri e rialzo in terra battuta, riservate al pubblico, mentre sul lato senza protezione murale si staglia il prezioso e lungo filare del secolare noceto dalle alte chiome; è il filare, che proprio a settembre procura l’annuale raccolto di pregiate noci, dalla cui vendita si ricava parte del denaro per acquistare l’indispensabile “necessaire” di squadra, composto da palloni, scarpette bullonate, corredo di casacche che variano di colore, dall’azzurro al granata, e per provvedere al pagamento delle tasse d’ iscrizione e partecipazione a tornei e campionati; un concorso di spesa, a cui, però, partecipano in larga misura i dirigenti societari di turno e i “tifosi” con collette di piccole donazioni.
La laica Festa del pallone e i ritmi di vita della comunità
Non ci sono, però, gli “spogliatoi e servizi igienici” che saranno costruiti a cavallo degli anni ’40 e ’50 e, per la bisogna, si utilizzano le ospitali e accoglienti “stanze e case” del vicinato del “Bellofatto”, cortesemente rese disponibili dai proprietari, perché la domenica sia officiata la laica Festa del pallone, quali che siano le condizioni atmosferiche. E’ la Festa che nei tempi andati scandirà i ritmi della settimana, tra le sedute di allenamento del martedì e del giovedì nelle ore del pomeriggio; e l’intermezzo del giovedì, con il Mercato settimanale del mattino e i banchi di vendita dislocati tra piazza Napolitano e piazza IV Novembre ovvero ‘ O Mercato, nel micro-cosmo locale vivrà il top dell’animazione tra gli anni ’40 e ’70, grazie alle Sale cinematografiche del Colosseo a schermo panoramico – era anche Teatro– con ampia platea ed una Galleria ben funzionale, per complessivi 500 posti a sedere – e del Sarno con le proiezioni, a cui si poteva assistere, pagando biglietti a prezzi popolari, da 15 al massimo 30 lire. Certo è l’allestimento del rettangolo di gioco di via Olmo coincide con l’atto di nascita del Baiano, in cui si riconosce e identifica la comunità cittadina che neanche sfiora i quattro mila abitanti, ed è espressione della gioventù del territorio; è il Baiano, che si fregia dell’icona del Cerbiatto, simbolo di tenacia e intraprendenza. Un Baiano, che vive di brevi Tornei e partite in “amichevole”, un po’ perché nell’intero Bel Paese l’organizzazione e le strutture del movimento calcistico dei livelli dilettantistici procedono a passi lenti, tranne le poche “isole” preesistenti alla Grande guerra, ma anche perché i campi da gioco sono pochi e solo a metà degli anni ‘30 si delineano le Leghe regionali, con statuti e regolamenti che le società di danno in autonomia, per promuovere ed organizzare i campionati federali, in tutt’uno con la formazione degli arbitri, componente essenziale per l’intera macchina da approntare. E concorrono ad “azionare” i freni, le Guerre mussoliniane in Spagna e Africa, con l’approdo traumatizzante al Secondo conflitto mondiale, combinandosi con il prolungamento delle ferme di leva e coscrizione militare a cui devono rispondere i giovani, spesso senza far ritorno in Famiglia e Patria … e al di là delle più generali e terrificanti tragedie umane e delle devastazioni che si consumeranno tra sofferenze dolori.
Il Torneo della Liberazione del ‘44 – ‘O Largo ‘e Santo Spirito, il Bar di Rosina e il bigliardo degli ufficiali inglesi
Le finali per l’impossibile serie C e La Paz
Il ’44 segna il risveglio dello sport e del calcio, specie in Campania. In realtà, nel ‘43 l’armistizio anglo-americano e italiano, firmato a Cassibile l’8 settembre, ha cambiato radicalmente lo scenario politico e militare, ponendo le condizioni strategiche, in virtù delle quali le truppe alleate, già presenti in Sicilia fin da luglio, chiudono in pochi giorni il Gran cerchio dell’operazione Avalanche– la Valanga– lo sbarco anfibio compiuto sul litorale del Golfo di Salerno, con cui tutto il Sud è Terra liberata dalla presenza delle truppe tedesche.
Ed è l’atto che fa nascere nel ’44 il governo d’Unità nazionale del Regno del Sud, presieduto dal generale Badoglio. Le piaghe dei dolori della guerra sono ancora aperte e permangono diffuse in profondità; e lo saranno ancora di più nel Centro–Nord fino all’aprile del ’45, con la Guerra civile, la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo. E’ il clima delle continue fibrillazioni, in cui la Lega federale della Campania, proprio nell’autunno del ‘44 indice ed organizza il Torneo della Liberazione, viatico benaugurale di Pace, a cui partecipano le 13 squadre che da sole tengono vivo lo sport. Del girone A, fanno parte il Napoli, la Torrese– e il Savoia di Torre Annunziata- l’Ilva Bagnolese, e l’Angri; nel girone B, si ritrovano l’ Internaples, la Polisportiva Napoli, la Juve Alfa–Pomigliano d’Arco, e il Baiano, vaso di coccio in cotanta compagnia … di ferro; nel girone C, si fronteggiano Salernitana, Cavese, Puteolana, l’ Audace Napoli e la Sangennarese. Della finale sono protagoniste, la Torrese, l’Internaples e la Salernitana. E sono i granata ad aggiudicarsi la Coppa della Liberazione, aprendo la pista per la ri-organizzazione dell’intero sistema calcistico regionale di terzo e quarto, a cui seguiranno rimodulazioni importanti.
Nel ’44 la vicenda del Cerbiatto corre in parallelo, per dir così, con quella degli Ufficiali anglo-scozzesi che sono insediati nel Palazzo Boccieri, ‘ncoppa ‘ O Largo ‘e Santo Spirito, la piccola Piazza–esedra r ‘A Marunnella, altrimenti detta ‘A Teglia, e reggono il comando delle truppe alleate acquartierate nell’ Area del Fusaro., ad Avella. Amano il calcio e competono con il Baiano, in partite, che finiscono spesso in baruffe, per risultare “amichevoli”, solo per modo di dire, e prediligono soprattutto il gioco del bigliardo. Sono autentici e raffinati intenditori e praticanti di spettacolari geometrie, che fanno disegnare a colpi di stecca calibrata a perfezione, sul panno verde del bigliardo, troneggiante in sontuosa mostra di sé negli ampi e spaziosi vani del Bar di Rosina, proprio di fronte alla piazza-esedra r’A Marunnella. E saranno gli Ufficiali anglo–scozzesi ad insegnare l’ Arte del bigliardo amatoriale ad un gruppo di “ragazzi di allora” che, tra gli anni ’50 e ‘70 saranno Maestri del panno verde nel Bar ‘E Ziuccio, in piazza Napolitano. E saranno tutti super-tifosi del Napoli, che seguivano appassionatamente sugli spalti del Vomero, raggiunto la domenica mattina in tram, dopo il lungo viaggio di circa due ore con i convogli della Circum, per rientrare alla base … casalinga con gli ultimi treni della sera … Eroici tifosi, ma anche e soprattutto grandi lavoratori ed onesti padri di famiglia.
Il bello e il sorprendente del Baiano, piccolo e grande nello stesso tempo, salgono, tuttavia, sulla ribalta della Campania sportiva nel campionato di Prima divisione del ‘46\47, in tre gironi, di dodici squadre ciascuno, con due punti che si assegnano in classifica per la vittoria di partita e un punto per il pareggio. Ed in palio c’è addirittura il salto in serie C. Il girone A allinea Arzanese, Avellino–B, Baiano, Casalnuovo, Dopolavoro Ferroviario–Napoli, Internaples, Industrie Metal meccaniche Meridionali–Napoli, Juve Alfa Pomigliano d’Arco, Porta Piccola–Secondigliano, Puteolana e Sibilia Bacoli. A parità di 28 punti, si classificano ai vertici del girone la Juve Alfa Pomigliano d’Arco e il Baiano, che approdano alla finale per la serie C, ma con la differenza reti favorevole alla Juve, a cui spetta la vittoria del campionato.
In giostra per il Gran salto, si fronteggiano, il Sorrento, la Maddalonese, la Navalmeccanica–Napoli, i Lavoratori Società esercizi telefonici–Napoli, in sigla Lavoratori Set–Napoli, Juve Alfa Pomigliano d’Arco e Baiano. Un Torneo avvincente che la Set Napoli e la Juve Alfa fanno … proprio “conquistando” la serie C, con 14 e 13 punti, mentre il Baiano “riempie” il suo carniere di 7 punti. Ed è davvero un’impresa per i granata, sorretti dal fervido e caldo afflato di passione di una “tifoseria” ineguagliabile, formando una compagine di straordinarie qualità umane, tecniche ed agonistiche, composta da Guglielmo Glovi – mediano con i fiocchi, che aveva giocato nel Napoli, in quattro campionati di serie A – ed era anche l’ allenatore, Volpe, Antonio Bellofatto, Silvino e Saverio Foglia, , Tommaso Meo, Carmine D’Anna – l’eclettico centravanti che sfiorava il metro e 80, buon saltatore e colpitore di testa, dal dribbling fulminante a doppio passo e tiro saettante- Nicola D’Anna, Pinotto Grauso, Lucianelli, Michele Sgambati, Luigi e Stefano Napolitano, Stefano e Mario Barone, Mario Lippiello, Mazzeo, Enrico Mascheri. Sarà la formazione che terrà banco fino al campionato ‘49\ 50, aprendo la strada al Baiano del decennio successivo, che ne sarà degno e strepitoso emulo. Un decennio dorato.
E allo scenario del ‘46\47 si lega quello dell’annata seguente che consegna una spigolatura speciale, incastonandola nella favola del Cerbiatto. E’ la spigolatura che dà luce a Luis Roberto La Paz, un lungagnone di un metro e 85, dinoccolato nell’andatura spiazzante e centravanti che “scartava” e saltava gli avversari, piantandoli in asso, , divertendo e divertendosi da estroso calciatore. Uno spettacolo da vedere. Arrivò dall’Uruguay alla corte del Napoli sul finire degli anni ’40, giocando un campionato di serie A e due di serie B. E, quando il Napoli, nel febbraio del ’48 fu ospite del Baiano, fu Grande Festa, con protagonista in assoluto Luis Roberto La Paz che prima della partita con i granata, cavalcò un asino verace– il Ciuccio, simbolo degli azzurri– ripiegando le lunghe gambe che toccavano terra. E dopo il match, la Grande Festa proseguì con la sfilata lungo corso Garibaldi in risalita dal “Bellofatto”. Un folto corteo, composto di giocatori del Napoli e del Baiano, e tanti sportivi, con i gioiosi ritmi della banda musicale locale, mentre esplodevano mortaretti nel limpido cielo terso d’azzurro. Genuinità e semplicità dei tempi.