di Antonio Vecchione
La “funzione del Maio e del fucarone è semplice e genuina opera di Fede” e trova la sua legittimazione nella intensa partecipazione popolare. Ciascuno vi porta qualcosa, contribuisce con le proprie energie, piccole o grandi, vistose o discrete, straordinarie o modeste, ma che alla fine, come per le tessere di un prezioso mosaico, contribuiscono a pieno titolo a costituire il complesso ed affascinante quadro d’insieme. Il ruolo che ciascuno si ritaglia, all’interno della cerimonia, può essere dovuto ad un fatto occasionale, ad un’idea personale, ad un aiuto o un consiglio, più o meno importante, dato per qualsiasi ragione, in un certo momento. E poi ciascuno di essi scopre che l’anno successivo “sente” di dover ripetere quell’azione, e poi ancora negli anni seguenti e così via. Per cui vediamo che le stesse persone partecipano sempre allo stesso modo e questi piccoli o grandi gesti, riscoperti anno dopo anno, magari generazione dopo generazione, diventano cultura e tradizione che entra nelle viscere e non se ne può fare più a meno e, spesso, si tramandano da padre a figlio. Anche nelle “Messe e notte”, il percorso di Fede e sacrifici che ci prepara e ci conduce per mano al Natale Baianese, si formano tradizioni e ruoli. Roberto Guerriero, ‘o taccone, una vita al servizio della festa del Maio, sempre presente, si è ritagliato da anni un preciso compito: suonare la campanella che annuncia l’inizio della Messa. Sembra una banalità, ma non lo è. Roberto non rinuncerebbe per nessuna cosa al mondo a questo piccolo gesto che per lui ha un grande significato: certifica la sua devozione per Santo Stefano. “Su di me puoi contare” è il messaggio che lancia ogni mattina alle 5.30, e mentre tira la cordicella assume una espressione intensamente felice. Con la stessa devozione partecipa Maria Grazia Colucci, figlia di Stefano “o sorice”, che ogni mattina, gelo o vento, pioggia o neve, si mette in viaggio prima dell’alba da Monteforte, ‘o Ponte ‘e Coppa, dove abita per partecipare alla “Messa e notte”. Un sacrificio, fatto con gioia e serenità. E’ una donna semplice, ma ricchissima di intensi e delicati sentimenti. Stamattina, dall’altare, ci ha letto una sua composizione poetica, espressione della sua sensibilità, della sua schiettezza, con parole che sgorgano spontanee dal suo cuore, senza manipolazione o aggiustamenti, nella lingua delle persone umili, La tenerezza con la quale descrive il dramma del virus, la genuina solidarietà al personale sanitario, l’affidamento al Bambinello e S. Stefano, gli auguri sinceri a tutti, sono testimonianza di una persona candida e genuina. L’immagine del Bambiniello che chiama S. Stefano per salvare il mondo è di una commovente bellezza per noi baianesi. E’ l’espressione più pura della devozione al nostro Santo Protettore, della fiducia che ogni baianese ha sempre avuto in Lui affidandogli la propria vita e, nello stesso tempo, la sua certezza di Fede sul significato del Natale Cristiano, su Gesù che si rivela al mondo per la sua missione salvifica.
E’ pensieri nuoste po’ Bambiniello e S. Stefano
Mancano pochi juorni a Natale, nuie venimme a messa e matina con a Fede nosta e simme pure contente; ci fa cumnpagnia sulo o suone re campane, senza musica né spari.
Ma stu silenzio, a verità, è nu poco triste, ma c’avimme abituà. O Bambiniello nun sape comme stammo. Mo che nasce e ce vere tutti bendati a causa ro virus si rende conto ancora meglio e viene pe c’aiutà e dice: S. Stefano pigliame mbraccio e jamme po’ munno a sanificà e facimme ripusà sti mierici e infermieri pecchè nun ncia fanno cchiù e curà; pure si o fanno co core, loro hanno bisogno ancora di forza e coraggio da noi. Io che tengo a frenesia e scrivere, vi dico na cosa che nun voglio tenè pe me, e con l’aiuto ro professore e soprattuto e vuie, piano piano siete venuti a tuzzulià stu core cà, e io nzieme a voi, augurammo buon natale e pace e serenità, anche se ‘e tiempe non so facili a truvà.
La partecipazione alle “Messe ‘e notte”, testimonianza di Fede e di attaccamento alle nostre radici, non è più quella di una volta. Ma fino a che ci saranno queste persone ad animare e a tener vive le nostre tradizioni, non ci sarà il rischio di perderle.