Sabato Santo di gusto: viaggio nei sapori autentici della Pasqua campana

Sabato Santo di gusto: viaggio nei sapori autentici della Pasqua campana

Sabato Santo di sapori: la Pasqua campana tra riti, silenzi e tradizione. In Campania, la Pasqua è molto più di una ricorrenza religiosa: è un’immersione totale nei sapori, nei riti e nelle emozioni di una terra che fa della convivialità una forma d’arte. Da Napoli alle province di Caserta, Avellino, Salerno e Benevento, ogni piatto racconta una storia, ogni morso è un frammento di memoria collettiva che si rinnova tra il Sabato Santo, la domenica di Pasqua e la tradizionale scampagnata di Pasquetta.

Il Sabato Santo è il giorno in cui la tradizione gastronomica partenopea si concede la prima, simbolica trasgressione. Nonostante la liturgia cristiana inviti ancora alla sobrietà, in molte case già a mezzogiorno si rompe il digiuno con la fellata: un trionfo di salumi e formaggi che segna ufficialmente l’inizio della festa. Salame napoletano, capicollo, pancetta, uova sode a spicchi, ricotta salata tagliata finemente col filo, pane cafone e un bicchiere di vino rosso locale compongono questo antipasto contadino, rustico e saporito, che riunisce le famiglie in un rito tanto semplice quanto sacro.

Accanto alla fellata, il forno comincia a lavorare a pieno ritmo per accogliere i protagonisti assoluti della Pasqua campana: casatiello e tortano. Il casatiello, diffuso soprattutto nel napoletano, da Acerra a Torre del Greco, è un rustico lievitato ricco di formaggi, salumi e con le inconfondibili uova incastonate nella crosta a forma di croce, a evocare il simbolismo della resurrezione. La sua preparazione è un rito che coinvolge l’intera famiglia, ma è spesso affidata alle mani esperte delle nonne, vere custodi dei segreti dell’impasto. Il tortano, invece, è la variante più discreta e diffusa nell’entroterra, da Avella a Mugnano del Cardinale, da Aversa a Santa Maria Capua Vetere: salame, formaggio e uova si trovano nascosti all’interno dell’impasto, in un’esplosione di gusto che conquista fin dal primo morso. Entrambi vengono gustati già dal sabato e sono spesso protagonisti del cestino di Pasquetta, affettati e condivisi all’aria aperta, tra prati, pinete e costoni di montagna.

Altro segno della primavera pasquale sono le fave fresche del Vesuvio, un ingrediente semplice che profuma di terra buona e tradizione contadina. Nei comuni vesuviani come Torre Annunziata, Ottaviano, Terzigno o San Sebastiano al Vesuvio, le fave si consumano crude, appena sgranate, accompagnate da un pezzo di salame o da una spolverata di ricotta salata. Il terreno vulcanico conferisce loro una dolcezza e una morbidezza inconfondibili, rendendole una presenza immancabile nei pranzi di famiglia e nelle gite fuori porta.

A chiudere il Sabato Santo con un tocco rustico e deciso è la pastiera di maccheroni, anche nota come frittata di maccheroni al forno. Diffusa non solo a Napoli ma anche nelle province di Avellino e Benevento, è una preparazione che unisce ziti spezzati o bucatini, salame a dadini, formaggio grattugiato, uova e abbondante pepe nero. Dopo una cottura lenta in forno, si forma una crosticina dorata che avvolge un cuore compatto e saporito, perfetto da gustare caldo o freddo, a casa o sotto un albero, tra le chiacchiere di Pasquetta.

Così, tra un assaggio e un brindisi, la Pasqua campana si trasforma in un racconto collettivo, fatto di mani impastate, risate a tavola, profumi che riempiono le stanze e sapori che restano impressi nella memoria. Una celebrazione che unisce sacro e profano, silenzio e gioia, spiritualità e golosità, in un intreccio indissolubile che si rinnova ogni anno, puntuale come la primavera.