Tragedia nel carcere di Poggioreale, dove la scorsa notte Benito Viscovo, 28 anni, originario di Cimitile, ha deciso di togliersi la vita nella propria cella. Il giovane, noto per il suo talento come pianista, aveva collaborato con artisti neomelodici, ma combatteva contro gravi problemi di tossicodipendenza. Si trovava in attesa di un colloquio con uno psicologo di una comunità per avviare un percorso di recupero.
Il suicidio di Viscovo rappresenta l’ennesimo dramma consumatosi all’interno degli istituti penitenziari italiani. Con la sua morte, salgono a 222 i decessi nelle carceri dall’inizio del 2024, di cui ben 82 per suicidio. Si tratta di un numero record, mai raggiunto prima, che testimonia le difficoltà e le criticità del sistema penitenziario italiano.
Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), ha espresso rabbia e indignazione per l’accaduto: “In piena campagna mediatica che ci vorrebbe far passare per ‘torturatori’ di detenuti, non possiamo tacere di fronte all’ennesimo suicidio. L’età media delle vittime si abbassa sempre più, coinvolgendo persone fragili che necessitano di attenzione e supporto. Ma senza psicologi, psichiatri, medici e personale adeguato, la prevenzione diventa impossibile”.
Di Giacomo ha sottolineato come il sovraffollamento delle carceri, unito alla mancanza di servizi di assistenza psicologica e alla carenza di personale specializzato, rappresenti una situazione insostenibile. Nonostante gli sforzi degli agenti di polizia penitenziaria, che ogni anno salvano centinaia di vite in extremis, il fenomeno continua ad aggravarsi.
La proposta del sindacato include l’applicazione di pene alternative alla detenzione, come gli arresti domiciliari, nei casi compatibili. Una misura che potrebbe non solo prevenire i suicidi ma anche affrontare il problema del sovraffollamento. “Non possiamo accettare che queste tragedie siano ridotte a poche righe di cronaca locale – ha concluso Di Giacomo –. Il suicidio in carcere non fa più notizia, ma resta una ‘strage di Stato’ che richiede interventi concreti e immediati”.
Il caso di Benito Viscovo accende ancora una volta i riflettori sulla necessità di riformare un sistema che sembra incapace di rispondere ai bisogni dei detenuti più vulnerabili. È un richiamo alle istituzioni, affinché dalle parole di commozione si passi finalmente ai fatti.