“Dopo il cosiddetto “decreto Caivano” si usi la stessa risposta ferma per stroncare lo spaccio e la diffusione della droga in carcere”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. commentando l’ennesimo ritrovamento di un grosso quantitativo di hashish e cocaina nel carcere di Avellino in possesso di un detenuto rientrato da un permesso premio. “Come denunciamo da tempo le carceri campane sono grandi piazze di spaccio di droga – almeno 3 kg la settimana con un giro di affari di una decina di milioni d’euro l’anno – al pari di Caivano. Quindi tolleranza zero e pugno duro come deciso dal Governo per annullare le cosidette zone franche di criminalità, altrimenti i penitenziari diventano le uniche zone franche di droga con un messaggio di potere per l’esterno. L’Amministrazione Penitenziaria, il Ministero, il Parlamento, aprano gli occhi: negli istituti campani siamo proprio come a Scampia-Napoli, ai comuni vesuviani e casertani dove la camorra gestisce i traffici più consistenti di droga del Paese. È un giro che – afferma Di Giacomo – vede in particolare ai detenuti in permesso lavoro o in permesso premio che fanno la spola, i familiari dei detenuti far entrare la droga (che ovviamente costa di più dai normali listini) oppure pagare direttamente i clan per la fornitura in cella di stupefacenti o utilizzando i detenuti più deboli e ricattabili. Sono invece gli uomini dei clan a gestire i traffici che si servono di telefonini per il più comodo spaccio di droga dentro e fuori il carcere e per ordini agli uomini sui territori. Così la detenzione del capo clan che dovrebbe rappresentare la fine della “carriera criminale” non solo si trasforma in continuazione ma cementifica i rapporti con detenuti e alimenta l’economia criminale necessaria specie per sostenere le famiglie dei detenuti. Ovviamente – continua il segretario del S.PP. – questo avviene perché la domanda di stupefacenti è alta: la presenza di detenuti classificati tossicodipendenti già all’ingresso in tutta Italia è di circa 18mila (poco meno del 30% del totale) per i quali il cosiddetto “programma a scalare” con la somministrazione di metadone ha dato risultati molto scarsi. Non a caso la recidività di reato per questi detenuti, una volta fuori, è altissima. A questi si deve aggiungere che tre detenuti su 10 sono solo spacciatori e non consumatori”.