Nella giornata odierna la Polizia di Stato di Perugia ha eseguito un provvedimento emesso dal G.I.P. del Tribunale di Perugia con il quale sono state disposte sette misure cautelari in carcere e una misura dell’obbligo di dimora nei confronti di altrettanti soggetti – tutti residenti nella provincia di Napoli – risultati gravemente indiziati dei delitti di associazione a delinquere finalizzata al compimento di truffe.
Le indagini prendevano avvio da una denuncia presentata agli inizi dello scorso anno da un cittadino della provincia di Perugia il quale, dopo aver messo in vendita il proprio orologio di significativo valore, su un noto sito internet e-commerce, era stato contattato da un soggetto che aveva manifestato interesse all’acquisito. Raggiunto l’accordo, l’orologio veniva pagato con un assegno circolare di oltre 8.000,00 €, risultato poi falso.
I successivi accertamenti venivano delegati da questa Procura al Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica Polizia Postale e delle Comunicazioni di Perugia; gli approfondimenti svolti consentivano alla componente specialistica della Polizia di Stato di svelare un sodalizio criminale composto da uomini e donne – legati tra loro anche da vincoli parentali – ognuno con compiti ben delineati, in grado di acquistare accessori di lusso (generalmente orologi di valore) con assegni circolari falsi.
A capo del sodalizio gli investigatori individuavano un soggetto attualmente detenuto presso il carcere di Poggioreale a Napoli che nonostante lo stato di detenzione riusciva, attraverso l’uso di cellulari dei quali era illecitamente in possesso, a dirigere il gruppo, e a tenere i contatti, non solo con i sodali, ma anche con le vittime.
L’attività illecita, basata su modalità consolidate e ripetitive, ha consentito la perpetrazione di circa 50 truffe.
In particolare il modus operandi dell’associazione – comune e collaudato – è risultato il seguente:
una prima fase di “ricognizione” delle piattaforme di e-commerce, consentiva di individuare sia l’oggetto di valore nonché gli inserzionisti degli annunci di vendita;
la seconda fase era quella del “contatto telefonico” che avveniva prima attraverso la messaggistica del sito e poi attraverso contatti WhatsApp; acquista telefonicamente la fiducia del venditore e al fine di rendere maggiormente credibile la bontà della proposta di acquisto, gli indagati indicavano come luogo di incontro per lo scambio dell’orologio la filiale della banca della vittima, ove cioè sarebbe stato incassato l’assegno circolare.
Prima di incontrare il venditore gli indagati:
- predisponevano i titoli falsi recanti i dati della banca emittente, l’importo stabilito ed il nominativo della vittima;
- attivavano utenze telefoniche VoIP (con prefissi geografici 02, 051, 0742 etc..) da inserire nel motore di ricerca Google in maniera da farle apparire come numerazione degli istituti bancari che avevano emesso – in apparenza – i falsi assegni (in caso di contatti da parte delle vittime, rispondevano sedicenti impiegati dell’istituto di credito con il compito di rassicurare l’interlocutore circa la bontà del titolo);
- creavano false pagine internet delle filiali bancarie che risultavano aver emesso il titolo nelle quali comparivano i numeri di telefonico VoIP sopra indicati; infatti, chiamando tali numeri – rispondevano o il soggetto detenuto, in via prioritaria, oppure una donna i quali, fingendosi impiegati della banca, fornivano all’interlocutore garanzie verbali relative sia all’autenticità dell’assegno nonché alla relativa provvista.
Definiti tutti gli accordi della trattativa veniva concordata la data e l’ora dell’incontro, incontro al quale gli indagati partecipavano con falsi documenti di identità.
L’assegno circolare veniva consegnato al personale bancario il quale, accertata l’esistenza sui siti internet della filiale emittente il titolo, individuata l’utenza e dopo aver ricevuto garanzie telefoniche, lo poneva all’incasso.
Conclusa la compravendita ed entrati in possesso degli orologi, gli indagati facevano perdere le proprie tracce; soltanto dopo alcuni giorni la vittima si accorgeva di essere stata truffata allorquando la banca gli comunicava che l’assegno era falso in quanto emesso da una banca inesistente.
L’acquisizione di un ingente mole di dati da parte degli investigatori, durante un anno di investigazioni, ha consentito di interrompere l’attività criminosa che ha fruttato al sodalizio un profitto illecito – in un arco temporale di pochi mesi – di quasi 600.00,00 €.
La complessa attività di indagine ha permesso di delineare un rilevante quadro investigativo che ha portato l’Ufficio a richiedere e ottenere una misura cautelare per gli indagati.
Alle prime luci dell’alba il personale del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica Polizia Postale e delle Comunicazioni di Perugia unitamente al Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma in collaborazione con il Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica Campania, il Reparto Prevenzione Crimine Campania e il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria di Roma e Napoli hanno eseguito nove perquisizioni locali e personali anche presso la casa circondariale dove è detenuto il presunto vertice dell’associazione.
Al termine delle operazioni sono state individuati 6 sei 7 destinatari del provvedimento cautelare mentre uno è allo stato irreperibile.
Le perquisizioni hanno consentito di rinvenire due telefoni cellulare in uso al detenuto nonché, presso le abitazioni degli indagati, gioielli, computer e numerosi appunti manoscritti.
Quanto sequestrato sarà oggetto di verifica nei prossimi giorni.