E’ un fronte vasto ed in crescente espansione, quello delle agromafie, non solo per le capillari ramificazioni nel sistema del Paese–Italia, ma anche per i molteplici addentellati d’interazione con il sistema di libera circolazione ”di beni, merci e servizi” degli altri 27 Paesi dell’Unione europea. E’ un contesto, i cui quadri normativi statuali, per di più, non sono congruamente integrati nelle coordinate di base, con tutte le oggettive difficoltà che ne derivano sul piano dell’attuazione come del contrasto preventivo e sanzionatorio delle condotte illecite ed illegali; si configurando così la condizione, che non garantisce la tutela degli interessi generali, anche se le “direttive” della Politica agraria comunitaria, varate dalla Commissione di Bruxelles di recente sono meglio strutturate e definite, in vista dell’armonizzazione legislativa, funzionale alla salvaguardia del settore primario dell’Unione; armonizzazione, che, allo stato attuale, è un auspicio, non ancora…immesso nella corsia del parlamento di Strasburgo. E si pensi al perdurare delle truffe, consumate ai danni dell’Unione europea nell’ambito dell’erogazione dei contributi e incentivi economici, a sostegno dell’agricoltura; truffe, in cui la mano della criminalità organizzata non è mai assente. E’ uno scenario, a cui fanno da sponda ed interfaccia le dimensioni dei mercati globali, il cui controllo, per quanto sia reso vincolante dalle disposizioni degli Stati e dai trattati internazionali, risulta cedevole con ampi margini di smagliature, in cui, a loro volta, le agromafie del sistema–mondo operano, producendo cibo–spazzatura, con cui si privilegia la quantità e per nulla la qualità, macinando profitti incalcolabili.
E’- questo- lo sfondo, su cui si collocano le connotazioni dell’assetto delle agromafie, attive in Italia, su cui é puntata la lente d’ingrandimento dello specifico Rapporto sui crimini agroalimentari dal Nord al Sud della penisola. E’ una “ragionata” ed articolata mappa, ricca di dettagli informativi, la cui redazione si deve ai gruppi di studio di Eurispes, coordinati da Susy Montante e Raffaella Saso, con la Direzione scientifica, formata da Giancarlo Caselli, Gian Maria Fara , Donato Ceglie e Stefano Masini, e in collaborazione con l’Ismea, l’ Arma dei carabinieri, la Guardia di Finanza, la Procura nazionale antimafia,l’Agenzia delle dogane, la Direzione investigativa anti-mafia e Libera. Un documento, che squaderna i molteplici profili delle agromafie e delle loro duttili strutturazioni nella gestione delle filiere di cui sono detentrici dall’alfa all’omega, inclusi i controlli dei mercati, dei centri di distribuzione e della logistica dei trasporti; gestione, che innesca fatturati, il cui valore economico, in media annua, supera i 10 miliardi di euro, secondo stime ritenute attendibili e, forse per difetto, trattandosi di materia labile e sfuggente ad un calcolo statistico reale. Sono fatturati, di cui “beneficiano” i sodalizi della criminalità organizzata, operanti sui territori. E va tenuto presente che i fatturati dell’agroalimentare programmato e gestito dall’imprenditoria sana, che crea produzione e genera occupazione nella legalità, hanno il valore economico di circa 50 miliardi di euro. Sono fatturati elevati, di cui pagano il…dazio più che pesante gli agricoltori, i cui redditi da lavoro continuano a scemare, e i consumatori, per i quali i prezzi sono costantemente in ascesa, in ragione della cosiddetta filiera lunga, che privilegia le agromafie, mentre la filiera corta ne potrebbe costituire l’alternativa vantaggiosa e virtuosa per agricoltori e consumatori. Una potenzialità, difficile da far valere sul versante della cultura e dei comportamenti sociali.
Sono alcuni dei più eloquenti dati, che, nel fare la tara della portata del fenomeno, propone il Rapporto, alla seconda edizione, presentato nella sala centrale del palazzo di giustizia, a Nola, nel pubblico convegno, promosso ed organizzato dall’Ordine forense e dai Lions Club “Giordano Bruno”; presentazione, introdotta e coordinata dall’avvocato Angelo Caliendo, ed affidata alle puntuali ed esaustive analisi della dott.ssa Maria Antonietta Troncone, Procuratore aggiunto della Procura di palazzo Orsini, Anna Rea, segretaria regionale dell’Uil della Campania, Lucio Prisco Sorbo, direttore della Coldiretti regionale, Giuseppe Vadalà, generale del Corpo forestale di Stato, e Gian Maria Fara, direttore di Eurispes.
Nel Rapporto viene focalizzato il ruolo dell’agricoltura, con le sue incidenze sul territorio, sul turismo, sulla salute, sull’ecologia e sull’Economia in generale. Come per dire che un’agricoltura di qualità si riflette in positivo su tutti i restanti fattori, a cui si rapporta. E su questo versante è di tutta evidenza la circolarità di connessione tra agricoltura e cibo. Ma lo Stato e gli organi istituzionali che lo rappresentano, incluso l’intero quadro degli Enti locali, stentano a farsi garanti e tutori della centralità della buona agricoltura, che per il Paese–Italia costituisce un patrimonio di corpose potenzialità, ma senza congrui interventi di valorizzazione.
Una funzione disattesa ed elusa, se solo si consideri il selvaggio e “barbarico” consumo dei suoli agrari, immolati alla cementificazione e alle urbanizzazioni senza controllo, soprattutto nelle aree di pianura. E’ il consumo, che il Rapporto identifica come “criminalità del territorio”, tout court. “L’Italia- si legge- è il terzo Paese dell’Unione europea per deficit di suolo e il quinto su scala mondiale: dagli anni Settanta ad oggi, infatti, la perdita di superficie agricola nel nostro Paese ha interessato una superficie pari a 5 milioni di ettari, un’area equivalente al territorio delle regioni Liguria, Lombardia e Emilia–Romagna……Si è scelto- viene evidenziato- nel tempo un modello di sviluppo a breve termine, focalizzato su un’economia che ha prodotto inquinamento ed ha compromesso, in maniera talvolta irreversibile, l’equilibrio naturale e la capacità di rigenerazione del ciclo ambientale. Un modello lontano dalla logica della sostenibilità, che rischia di accentuare il ritardo dell’agricoltura italiana nel rispondere alle sfide della incalzante globalizzazione, compromettendone irrimediabilmente la sua capacità di presentarsi come volano di sviluppo per il sistema-Italia”.