Si chiama Silvia Gazzetti l’avvocato di ufficio affidato a Massimo Bossetti, il presunto omicida di Yara Gambirasio.
Il legale nel tardo pomeriggio di lunedì 16, dopo l’interrogatorio di Bossetti, ha detto: «L’accusa è di omicidio, il mio assistito è tranquillo e nega l’addebito. Per il momento si è avvalso della facoltà di non rispondere».
Il pm ha 48 ore dal fermo per chiedere la convalida e il gip ha altrettante 48 ore per confermarla. Poco prima delle 21,30 di lunedì 16 giugno Bossetti è stato trasferito nel carcere di via Gleno: fuori dalla caserma si era nel frattempo formata una piccola folla di persone che ha accolto il piccolo corteo di auto con pesanti insulti all’indirizzo di Bossetti: «Assassino, devi morire». Le forze dell’ordine hanno dovuto tenere a bada le persone, che pochi minuti dopo hanno riservato bel altro trattamento al Pm Letizia Ruggeri e agli inquirenti che hanno seguito il caso, accolti da applausi a scena aperti e incitamenti.
Un normale controllo stradale, nella serata di domenica 15, durante il quale è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna di Massimo Giuseppe Dossetti, che è risultato «perfettamente coincidente» con quello trovato sugli slip di Yara Gambirasio
Ma l’inchiesta non è stato solo un ricorso al Dna l’indagine si è svolta attraverso metodi tradizionali e che ha trovato al conferma del quadro indiziario dalla compatibilità dei profili genetici.
Bossetti rientrava nel gruppo di soggetti che gli investigatori avevano individuato come coloro che potevano essere, in qualche modo, coinvolti nel delitto. Una cerchia piuttosto ampia – perchè qualsiasi tipo di legame con la vittima è stato preso in considerazione – e che poi si è progressivamente ristretta.
In particolare, sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, nel provvedimento di fermo si contesterebbe il fatto che il cellulare di Bossetti è risultato tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove è stato trovato il cadavere, nell’ora in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Quindi l’uomo si trovava proprio lì, in un raggio di spazio sufficientemente circoscritto, nel momento in cui Yara veniva uccisa.
Inoltre Bossetti è un muratore e questo ha contribuito ad addensare i sospetti su di lui. Le indagini si sono infatti concentrate, in particolare, su chi all’epoca lavorava nel mondo dell’edilizia: questo a causa delle polveri di calce trovate sul corpo e, soprattutto, nelle vie respiratorie di Yara.
Il cerchio si è stretto ulteriormente grazie ad indagini che si sono concentrate sul quadro relazionale di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 e individuato come il padre illegittimo dell’assassino. Gli investigatori, attraverso l’acquisizione di decine di testimonianze, hanno cercato di individuare la donna che avrebbe avuto una relazione con l’uomo e, infine, l’hanno trovata.
A questo punto mancava solo l’ultima conferma, la «prova regina»: è stato ricavato il dna di Bossetti e la compatibilità con la traccia di sangue trovata sul corpo di Yara lo avrebbe definitivamente incastrato