“Soggetti estremamente pericolosi”. Così il capo della Procura di Nola, Paolo Mancuso ha descritto il profilo di Adele Vecchione e Domenica Sepe tratte in arresto ieri mattina dai carabinieri: la prima è accusata di omicidio aggravato, rapina aggravata, furto aggravato, e la seconda di favoreggiamento personale e ricettazione.
Le due non hanno avuto nessuna remora o pentimento rispetto alla morte di Felice Paduano, il 74 enne ritrovato carbonizzato lo scorso 24 marzo a Casamarciano in località Quaranta Moggi. “Dalle intercettazioni ambientali – aggiunge Mancuso – emerge come la Vecchione fosse ben consapevole della vitalità di Paduano nel momento in cui gli da fuoco. Nei discorsi con la Sepe questo emerge in maniera chiara”.
Nemmeno per un momento Adele Vecchione ha pensato che la cosa più normale potesse essere quella di trasportare Paduano all’ospedale o di chiamare un medico. Troppo rischioso, meglio dare tutto alle fiamme: non importa se questo significa uccidere. Un particolare evidenziato dagli inquirenti aggiunge un ulteriore contorno macabro all’intera vicenda. A quanto pare la Vecchione ha assistito con attenzione al “falò”della sua vittima per accertarsi che tutte le possibili prove, magari la stessa identità dell’uomo, fosse distrutta per sempre.”Su questo aspetto – sottolinea il pubblico ministero Claudio Onorato – il Gip ha riconosciuto l’aggravante della crudeltà al reato di omicidio contestato alla donna”.
La morte dell’uomo non ha minimamente scomposto le due donne e nonostante il grave “incidente di percorso”avvenuto nella loro lunga serie di rapine erano pronte a mettere a segno altri colpi sempre con la stessa modalità. In preparazione vi era una “trasferta” a Capri in cerca di altre “prede”da adescare prima e depredare poi.
Nel corso della conferenza stampa svoltasi ieri mattina in Procura, presso Palazzo Orsini, è stato evidenziata la complessità delle indagini condotte in maniera classica ottimizzando al massimo tutti gli elementi nel corso delle prime quarantotto ore dal ritrovamento del cadavere di Paduano. “Le difficoltà sono state tante – continua Onorato – anche perché diversi sono stati i tentativi di depistaggio. Del resto in quel periodo nell’intera provincia vi erano stati diversi casi di ritrovamento di cadaveri dati alle fiamme. Prezioso in tal senso è stato il lavoro dei Carabinieri”.
A sottolineare la perizia dei militari è stato in particolare il maggiore Angelillo, vice comandante della Compagnia di Castello di Cisterna. “Mi preme sottolineare – dichiara Angelillo – il significativo contributo dei militari della stazione di Casamarciano che grazie alla profonda conoscenza del territorio hanno subito indirizzato nella giusta direzione le indagini”.