
Sessantaquattro anni fa, il 12 aprile 1961, il mondo assisteva a uno degli eventi più straordinari del XX secolo: il cosmonauta sovietico Yuri Alekseevich Gagarin diventava il primo essere umano a viaggiare nello spazio, inaugurando ufficialmente l’era delle missioni spaziali con equipaggio.
Alle ore 09:07 locali, dalla base di Baikonur in Kazakistan, partì la navicella Vostok 1, portando il giovane ufficiale di 27 anni in orbita terrestre. La missione, durata 108 minuti, fu un singolo giro intorno al pianeta, ma sufficiente a consegnare Gagarin alla leggenda.
La sua celebre esclamazione al decollo, “Поехали!” (“Andiamo!”), è diventata simbolo di audacia e progresso, scolpita nella memoria collettiva dell’umanità. Il volo raggiunse un’altitudine massima di circa 327 chilometri, e si concluse con l’espulsione di Gagarin dalla capsula e l’atterraggio sicuro con il paracadute in una zona rurale della regione di Saratov.
Oltre al valore scientifico e tecnologico, il volo di Gagarin rappresentò anche un trionfo geopolitico per l’Unione Sovietica durante gli anni caldi della Guerra Fredda. La “corsa allo spazio”, iniziata nel 1957 con il lancio dello Sputnik, vide Mosca precedere Washington anche in questa importante tappa. Solo otto anni dopo, nel 1969, gli Stati Uniti avrebbero “pareggiato” i conti con l’allunaggio di Neil Armstrong.
Gagarin tornò sulla Terra come un eroe planetario. Simbolo del coraggio umano e del potenziale della scienza, la sua impresa è celebrata ogni anno nel mondo, in particolare in Russia, dove il 12 aprile è stato proclamato Giornata della Cosmonautica. Anche le Nazioni Unite, nel 2011, hanno istituito l’International Day of Human Space Flight in sua memoria.
La sua tragica morte prematura, avvenuta in un incidente aereo nel 1968, non ha offuscato il suo mito. Ancora oggi, Yuri Gagarin resta una figura iconica dell’umanità e della sua eterna voglia di esplorare l’ignoto.