– Potremmo andare a vedere la neve sul Vesuvio – dissi ad A. mentre eravamo già sull’Asse Mediano e ci stavamo dirigendo al Museo di Capodimonte, per sfuggire al grigiore invernale e consolarci con il Vesuviodi Andy Warhol all’ultimo piano, visto già tante volte, ma una volta in più si poteva fare.
Il cielo non era azzurro come i giorni precedenti, ma schiariva dolcemente in lontananza e sulla sommità del vulcano innevato, sembrava una lamina d’argento in una sala da pranzo reale che dopo tanto tempo si doveva pulire. Le nuvole a panni si erano allontanate, un rigagnolo d’oro fuggiva verso l’orizzonte.
– Andiamo, – mi risponde.
Non pensavo che A. avrebbe accettato così in fretta, come al solito mancavano poche ore al tramonto ed era un’idea improvvisata, ma avrei dovuto immaginarmelo. Aveva sempre amato il Vesuvio mentre io non ci ero più voluta tornare perché consideravo quella montagna come qualcosa di già mio, non avevo necessità di riconquistarla.
Così usciamo a Cercola e percorrendo lunghe strade costeggiate da pini mediterranei, che salgono e scendono ai piedi del vulcano e passando attraverso questi paesi disgraziati e straordinari al tempo stesso, ci avviciniamo all’infernale montagna. Più che infernale, come l’iconografia suggerisce, in fondo per i napoletani il Vesuvio è visto più che altro come un gigante buono. Del Vesuvio ci fidiamo, abbiamo confidenza, non desta preoccupazioni, e dispiace anche non vederlo fumare come in certi quadri dell’800. Percorrendo queste strade, Cercola, Ercolano, Torre del Greco, si susseguono ai piedi del Vesuvio, incastonati in un fiore di meraviglie: alle spalle, il Vesuvio, che si erge imperioso e con la neve sulla cima sembra ancora più dolce, al punto da ricordare a gennaio un Pandoro (o per i più romantici, il Fukushima di Tokyo), davanti, più lontani, ma non per questo meno definiti, i Monti Lattari. In realtà non solo quelli: c’è una muraglia intera davanti a noi, il Terminio, i Lattari, e ben visibili, sui Lattari, gli inconfondibili Canino e Molare, un triangolo aguzzo ed un quadrato, rispettivamente, l’uno vicino all’altro. Continuando verso sinistra, la costiera nobile, Vico Equense, Meta, Sorrento, rocce a strapiombo e ricordi del Grand Tour. Ancora, davanti a loro, a bagnare la costa, alla nostra destra, il mare, azzurrissimo, a volte increspato, pieno di riccioli di luce e con in mezzo, adagiata, giusto al centro, da sola, Capri. Sta proprio comoda Capri, di fronte al lungomare di Torre del Greco, indisturbata, da qui nessuno la guarda: ha molto più da fare a vezzarsi e farsi bella da Mergellina o da Massa Lubrense, con tutte le persone che sono lì a puntarle il dito contro. E’ un mare però che da questi paesi pare che non si riesca a toccare, è nascosto, difficile, inaccessibile. Se lo sono scordato pure gli abitanti. Comunque noi da Ercolano saliamo al Vesuvio senza andare oltre, scenderemo solo dopo sul lungomare di Torre del Greco. Salendo, mi rendo conto di non ricordare molto della salita al Vesuvio, eppure ci sono stata tante volte, una volta anche con la neve, ci affondavo dentro fino al ginocchio. Si susseguono sulla strada delle opere d’arte moderna che non ricordavo, decisamente angoscianti, che anche se mi fanno chiedere “perché stanno qui queste cose?”, in fondo mi piacciono. Sono davvero terribili. Teste deformi, mostri, pezzi di corpo umano. Non stiamo lì a riflettere sul loro significato, visto che le vediamo salendo in auto e al massimo in qualche sosta, quindi mi vogliano perdonare i loro autori. Ma come prevedevamo, dopo non molto inizia ad esserci neve sulla strada, e tantissime macchine in fila sulla strada non molto agibile.
– I napoletani rubano anche la neve. – dice A.
Un sacco di macchine portano via la neve appoggiandola sulla parte anteriore delle auto, sono pupazzi di neve, anche molto carini. Mi viene da sorridere e non riesco ad essere critica come A., perché quand’ero piccola qualche pupazzo di neve l’ho portato a casa anch’io, e so la felicità che si prova. Le macchine in fila sulla strada (parcheggiate o in movimento che fossero, poco cambia, sembrano tutte ferme) hanno affianco, all’esterno, quasi sempre i loro passeggeri che stanno giocando con la pochissima neve ai bordi della strada. Insomma un centro commerciale. Devono raschiarla dall’erba imbrunita, dalle poche chiazze che sono rimaste, ha nevicato oramai diversi giorni fa e la neve all’altezza a cui siamo arrivati ora è quasi del tutto sciolta. Però trovo molta tenerezza in questo: il Vesuvio offre ai bambini anche la neve, oltre che la giocosa idea di essere una montagna fumante e piena di lava. E non mi sento di condannare queste famiglie per aver portato i bambini troppo tardi e troppo a bassa quota, visto che sembrano così contenti. Di certo a breve tramonterà, così ritorniamo indietro lasciando le macchine incolonnate con i loro passeggeri a giocare nelle pozze di neve sporca. E poi la biglietteria per la visita al Vesuvio chiude alle 15 e sono già le 17, inoltre la strada non è molto agibile, visto che non è stata spazzata. Il regalo più bello è la vista che abbiamo ottenuto poco prima del punto in cui ci siamo fermati: da lì, il panorama è ben visibile e si amplia comprendendo tutta Napoli, Ischia e Procida.
Nel frattempo il cielo sta virando verso un blu cobalto surreale. Passeggiamo prima avanti e indietro sul lungomare di Torre del Greco (lo trovate seguendo l’indicazione: “litoranea”) in un paesaggio che sembra indefinito e confuso come quello di un sogno. Assomiglia al cielo dell’alba quando si hanno ancora gli occhi chiusi e si è fra le lenzuola, è qualcosa in cui puoi scriverci quello che vuoi. Sembra fatto di colori da miscelare ancora opportunamente, poi diventerà notte. C’è freddo e c’è vento ma Capri è lì morbida e comoda al centro dell’acqua, e mi chiedo se non si ghiaccia, e i lampioni si accendono progressivamente come se fossimo in un quadro di Munch. Non ci sono bar eleganti a parte uno, che però è chiuso. La sabbia è nera e scura e neanche pulita, no, c’è bruttezza dappertutto. Eppure, non importa: tutto quello che può interessare è lì. Capri, i Lattari, Ischia Procida Monte di Procida tutte attaccate e Napoli, il Vesuvioinnevato alle spalle. Si vedono Castel dell’Ovo e tutti i dettagli possibili, tutti quelli che voglio.
E’ tutto così brutto e bellissimo, ed è assurdo, in questa unione, assurdo come un posto lontano in cui non si va mai, ghiacciato, sporco, esotico, e addirittura nuovo.
(Valentina Guerriero)