di Enzo Pecorelli
Il paradiso può attendere. È un meraviglioso film, americano. Ma la bellezza del paradiso è realtà, anche nostrana. Ho fatto un sogno. Si dice che nella fase onirica non si avvertano sensazioni. Mica vero. Ero in compagnia di dolori, accidenti. Dappertutto. Ai piedi, particolarmente insistenti. Mi sono chiesto a chi santo votarmi. Ecco come ritorna il concetto del Paradiso. Nel vagare mi imbatto in un fabbricato chiaro. Lo è ancor di più, perché l’atmosfera è quella di un mattino lattiginoso. Poche scale. Mi son chiesto: è così facile raggiungere l’Olimpo? Ma c’erano cancello e porta elettronica prima. Sono sicuro della presenza di una telecamera. Evidentemente si evolve anche il trascendentale. Entrata con camici bianchi sorridenti. Mi fanno accomodare. Senza chiedermi nulla. Forse già sanno. Un cioccolatino per gradire, ma ci si rende conto? Guardo bene ,strane macchine, poltrone asimmetriche e cabine a scomparsa. Qualche voce qua e là. Mi piace. Tra i vetri alberi e nuvole. Noto, senza neanche tanto stupore, che ci sono solo donne. Ecco perché, quindi, si dice: bellezza paradisiaca!
Ne ho prova e controprova. Ne ho contate tre, che hanno interagito con la mia persona. Ma ce ne sono altre, da altre parti. Hanno nomi atipici, ma caratterizzanti. E sempre che sorridono. Anche quando parlavano. Credo sia condizione base. Sono appannaggio della giunonica Ross, degli occhi di lago Mar e dell’immarcescibile sontuosa, senza confini, di Madd. Mi hanno curato ed accudito. Non hanno chiesto nulla. Ho parlato poco. L’hanno fatto loro, in cambio. Hanno detto che mi aspettano ancora. Sono sceso, di nuovo, tra porta e cancello. Il piazzale fuori, ora, mi sembrava uno spolvero d’acqua. Ho incontrato un amico. Ho raccontato del surrogato del cielo e chi c’era e cosa capitava. Qualcuno ha sorriso. Io pure, tanto so che ritornerò, al più presto. Anzi conto di prenotare. Non si sa mai si sparga la voce. E c’è folla, poi. Se il paradiso può attendere, io no. Ora che l’ho provato.