Il realismo magico in Nicola Pugliese… e non solo

Il realismo magico in Nicola Pugliese... e non solo

“Quattro giornate di pioggia sulla città di Napoli in attesa di un accadimento straordinario”, con questo incipit inizia il romanzo Malacqua (1977) di Nicola Pugliese. Nelle pagine dello scritto si succedono fatti e personaggi verosimili, come “Andreoli Carlo”, che nella qualità di giornalista descrive i fatti prodotti da un nubifragio persistente sulla città partenopea. “Il crollo del civico 234 di via Tasso e la voragine in via Aniello Falcone” sono narrati con dovizia di particolari, che intersecano i drammi delle sette vittime con “elementi magici”, che si presentano nel corso della narrazione, che si suddivide nei quattro distinti giorni che vanno dal 23 al 26 ottobre di un qualsiasi anno. Per questo motivo Nicola Pugliese pone in essere gli indicatori della corrente letteraria definita “realismo magico”, che vide il suo precursore nello scrittore boemo Franz Kafka, che contamina i fatti reali con la fantasia, fino al punto di abbattere i confini degli uni e degli altri, producendo un racconto creativo e fantasioso. Nel romanzo  “Il boato ” che si ascolta nei cieli di Napoli, “le voci urlanti ” che provengono dalla sala dei baroni del Maschio Angioino prodotte da “una bambola con capelli neri ed un vestito smanicato con fiori bianchi, gialli e rossi” e “le monete di cinque lire” che iniziano a produrre canzoni nelle mani della piccola Cipriani Sarah sono veri e propri bozzetti magici, che intersecano ed influenzano la vita della città di Napoli, che nel filone narrativo di Pugliese sembra sospesa, in attesa di qualcosa non prevedibile e non conosciuta. Nelle ultime righe del romanzo arriva la disillusione”di qualcosa di straordinario che non si realizza”, così come contemporaneamente cessa quella……pioggia sottile che rendeva il cielo fatto di righe grige”. Malacqua rappresenta anche un’opera che, a parere personale, segue anche il filone letterario e filosofico del pessimismo storico. A tal fine il Nostro, giunge in un teatro narrato nel “terzo giorno”, a sancire con toni precisi ed esaustivi che “……la vita è inevitabile e va subìta….”. Un vero e proprio brogliaccio di stili culturali, che rendono il romanzo avvincente ed interpretabile in vari modi,  come se fosse “un dado magico”, che compone e scompone le sue sei facciate.

Vincenzo Serpico