Investimenti innovativi: una misura importante, ma non basta. Le PMI italiane hanno bisogno di un sistema che funzioni

Investimenti innovativi: una misura importante, ma non basta. Le PMI italiane hanno bisogno di un sistema che funzioni

Pensieri, opinioni e riflessioni di Salvatore Guerriero, Presidente Nazionale ed Internazionale della CONFEDERAZIONE DELLE IMPRESE NEL MONDO e Direttore Generale AGENZIA EUROMEDITERRANEA DI SVILUPPO

Il recente decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che stanzia 300 milioni di euro per gli investimenti imprenditoriali innovativi nelle Regioni del Mezzogiorno, rappresenta senza dubbio un segnale positivo. Con un contributo pari al 35% a fondo perduto e un 40% sotto forma di finanziamento a tasso zero, questa misura si rivolge alle Piccole e Medie Imprese dei settori manifatturiero e dei servizi, favorendo investimenti tra 750.000 e 5 milioni di euro. È una boccata d’ossigeno per molte aziende, ma siamo sicuri che basti?

Le PMI, che costituiscono l’ossatura del nostro sistema economico, necessitano di molto più che contributi statali per crescere. La vera sfida, e allo stesso tempo il vero sostegno che lo Stato può offrire, sta nel garantire le condizioni di sviluppo necessarie per operare in un contesto competitivo, ma equo e funzionale.

Il contesto attuale: la forza delle PMI e le difficoltà sistemiche

Le piccole e medie imprese italiane rappresentano il cuore pulsante dell’economia, non solo per la loro numerosità, ma anche per la loro capacità di innovare, adattarsi e creare valore nei territori. Tuttavia, il loro sviluppo è spesso ostacolato da problematiche sistemiche che vanno oltre il semplice accesso a fondi e agevolazioni:

1. Servizi e infrastrutture primarie: Molte PMI, soprattutto nel Mezzogiorno, si trovano a operare in un contesto carente di infrastrutture adeguate, trasporti efficienti e servizi essenziali. Senza queste basi, anche gli investimenti più innovativi rischiano di perdere efficacia.

2. Certezza del diritto e giustizia: Le imprese hanno bisogno di operare in un mercato regolamentato, dove il diritto di fare impresa sia garantito. La lentezza della giustizia civile e amministrativa rappresenta uno degli ostacoli principali, scoraggiando non solo gli investimenti interni, ma anche quelli esteri.

3. Burocrazia: Il peso della burocrazia è una delle principali lamentele delle PMI italiane. Procedure lunghe, complesse e poco digitalizzate sottraggono tempo e risorse che potrebbero essere dedicate all’innovazione e alla crescita.

4. Relazioni con il sistema bancario: Uno dei nodi più critici per le PMI italiane è rappresentato dal rapporto con le banche. Il sistema bancario italiano è ancora troppo autoreferenziale, garantito su se stesso, ma incapace di garantire un accesso facile, veloce e trasparente al credito per le aziende. Nonostante l’avanzamento tecnologico, l’introduzione dell’intelligenza artificiale e la digitalizzazione, molte imprese si trovano ancora di fronte a procedure ingessate, tempi lunghi e criteri rigidi che scoraggiano gli investimenti e limitano la crescita.

Questo sistema bancario dovrebbe aprirsi maggiormente alle esigenze delle PMI, abbracciando davvero l’innovazione e adottando modelli più flessibili e inclusivi. Un accesso al credito più rapido e agevole significherebbe dare ossigeno a migliaia di imprese che rappresentano il motore della nostra economia, creando così un ciclo virtuoso di investimenti e sviluppo.

5. Mercato libero ma vigilato: Garantire un mercato competitivo, ma privo di abusi e pratiche scorrette, è fondamentale. Le imprese devono potersi fidare di un sistema che vigili sul rispetto delle regole, senza appesantirle con controlli eccessivi.

La contribuzione come incentivo, non come soluzione

Le misure come quelle previste dal decreto ministeriale sono importanti e devono essere accolte positivamente, ma non possono rappresentare l’unico strumento per sostenere le PMI. Le imprese italiane non chiedono solo contributi economici: ciò che serve davvero è creare un ambiente in cui investire, crescere e innovare sia possibile senza ostacoli strutturali.

La contribuzione deve essere vista come un valore aggiuntivo, un incentivo che si somma a un sistema già funzionante. Se le precondizioni per lo sviluppo non sono garantite, il rischio è che questi fondi si traducano in interventi limitati, incapaci di generare un cambiamento strutturale.

Il ruolo delle istituzioni

Le istituzioni devono assumersi la responsabilità di creare un sistema di supporto integrato che risponda alle esigenze reali delle imprese. Questo significa:

Investire nelle infrastrutture: Colmare il divario tra Nord e Sud garantendo trasporti efficienti, connessioni digitali e servizi di base.

Snellire la burocrazia: Rendere più rapide e trasparenti le procedure amministrative, puntando sulla digitalizzazione.

Riformare la giustizia: Accelerare i tempi della giustizia civile e amministrativa per tutelare i diritti delle imprese.

Promuovere la formazione: Sostenere lo sviluppo di competenze manageriali e tecniche, soprattutto nelle aree dell’innovazione e della digitalizzazione.

Modernizzare il sistema bancario: Rendere le banche alleate delle PMI, attraverso procedure snelle, trasparenti e innovative che permettano un accesso al credito più semplice e immediato.

Guardare oltre il contributo economico

Il decreto sui 300 milioni è un passo nella giusta direzione, ma non deve distogliere l’attenzione dalle vere necessità delle PMI italiane. L’Italia non può permettersi di sostenere le proprie imprese solo attraverso contributi economici: servono interventi strutturali per garantire un mercato libero, ma regolato, e un sistema che funzioni.

Il futuro delle PMI italiane dipende dalla capacità di costruire un ecosistema in cui lo sviluppo non sia un’eccezione, ma la norma. Un ecosistema dove le imprese possano finalmente concentrarsi su ciò che sanno fare meglio: creare valore per il Paese.