La lettera del Cavaliere Di Ruvo a Vittorio Sgarbi

La lettera del Cavaliere Di Ruvo a Vittorio Sgarbi

Leggere, riflettere, resistere, sono queste le parole che il noto critico darte Mauro Di Ruvo rivolge al collega Vittorio Sgarbi, ricoverato di recente per un grave stato depressivo.

Il Cavaliere Di Ruvo lo ha scritto per Lanterna pochi giorni fa, dove ha espresso il suo monito al collega critico di non abbattersi perché la sua non sarebbe depressione, siccome essa, dice il Cavaliere lucano, sarebbe sempre passeggera e intermittente, ma è nel suo caso una profonda fase riflessiva della vita.

Quando la vita ti ha riservato molte dimensioni con cui vivere il presente, che si accavallano per una coincidenza di rara sensibilità e intelligenza, allora arriva un momento, in cui il nodo del tempo si inizia a ingrovigliare maggiormente, si inizia a intricare di oscuri presagi e lucidissime intuizioni, che purtroppo alluomo sembrano divine, e per questo molto pesanti da sopportare per la statura mortale, dice Di Ruvo.

Ma nellarticolo pubblicato del Cavaliere c’è anche il riferimento al suo ultimo libro Natività: madre e figlio nellarte edito dalla Nave di Teseo a dicembre 2025.

Già il libro segnerebbe per il Cavaliere un sigillo per la nuova vita di Vittorio Sgarbi, dove la sua personalità irruente, spigolosa, intemperante cui siamo stati abituati ad assistere nei programmi televisivi e nei suoi spettacoli, verrebbe a sciogliersi del tutto per fare posto ad una metamorfosi dello spiritoafferma il critico darte.

La Natività” – scrive il Cavaliere –ci ha affidato la tenerezza filiale di Vittorio Sgarbi. Ci ha svelato laffetto di un padre verso i suoi amati figli, e il perdono della madre Rina che lo ha lasciato da solo, dopo labbandono dellaustero padre Nino. È un libro che non sembra essere stato scritto nella stessa stanza dello stesso critico che ha scritto Arte e Fascismo, ma nella stanza delluomo che desidera ancora essere figlio di una umanità in cui tutto gli sembra estraneo.

La depressione di Vittorio Sgarbi per Mauro Di Ruvo è stata recepita unanimemente proprio come percepiamo oggi la Deposizione Baglioni di Raffaello, ossia un lasciarsi andare del figlio alle braccia dellamata madre morta. Ma non sarebbe così. E ce lo spiega meglio Di Ruvo con un efficace ed inedito confronto.

Qualche anno fascrive Di Ruvo per Lanterna un altro critico famoso, Giulio Ferroni, aveva scritto un volume per la Salerno Editrice (2019) così intitolato: La solitudine del critico. Leggere, rifletter, resistere.

Ferroni lo aveva scritto quasi in contemporanea che scrivesse la monografia su Ludovico Ariosto, il grande poeta vate cui la Ferrara del Cinquecento ha dato illustri natali. E non è un caso che entrambi i volumi siano stati concepiti insieme, siccome la Poesia e lArte vivono in armonia se sono figli della Critica, o di un critico quale lo fu lAriosto prima di scrivere la follia di Orlando Furioso. Dopo ciò aggiunge:

La verità è quindi che quella che Vittorio Sgarbi ha esclamato come un treno che si è fermato a una stazione sconosciuta, in cui si aggirano per la mente i fantasmi di quei progetti per la vita, le ombre di quelle scritture per la Bellezza, non è “una condizione fisica e moraleche non può evitare, e non è nemmeno la depressioneil suo vero nome. Il suo nome è omonimo di quello che Guido scopre in Otto e Mezzo di un Fellini mascherato, ed è “crisi””.

Conclude alla fine con una nota che potrebbe veramente svelarci il lato più criptico e nascosto di questo momento che il famoso critico darte ferrarese sta attraversando al Policlinico Gemelli di Roma.

Quando la Krisis sopraggiunge allintelletto, non bisogna dubitare, ma è solo da ringraziarla che abbia scelto noi, come critici, noi che conosciamo il nostro mal di essere, perché quello che lei ci porta in dono è la Charis, la Grazia, che fu concessa ad Achille quando seppe che stava per lui avvicinandosi la Gloria.. Da qui lultimo invito che il critico rivolge al critico:

Vittorio Sgarbi: leggi, rifletti, resisti.

La lettera del Cavaliere Di Ruvo a Vittorio Sgarbi