di Gianni Amodeo
E’ una storia tutta da raccontare, tra le tante variegate e multiformi che ne hanno scandito settanta anni di vita che continua, al servizio delle giovani generazioni del territorio; una storia, che vien fatta di rivisitare per le valenze di trascendenza e forte spiritualità, di cui si carica e pervade, per quanto sia e possa certamente apparire di modesta portata, mentre si vive l’intenso fervore mediatico dei giorni che precedono l’apertura del Porta Santa, in programma martedì 24 dicembre. Ed è la spiritualità che si dispiega nella solenne Bolla d’ indizione del Giubileo 2025, sulla quale campeggia, in chiave di sintesi per temi e principi, il solenne motto Spes non confundit,- la Speranza non delude -, estratto dalla Lettera indirizzata ai Romani da San Paolo. Ed è la Speranza, la virtù teologale che si rapporta e ravviva con le altre virtù teologali, che fanno leva sulla Fede e sulla Carità. Come dire, i tre pilastri delle idealità cristiane.
E’ essenzialmente la storia, che pulsa e si rinnova nei nitidi e indelebili affreschi della memoria di coloro che l’hanno vissuta, restandone segnati, come appunto nella vicenda evocata in queste righe, rendendo onore all’affidabile professionalità e alla solida formazione specialistica di geometri, ingegneri, architetti, dirigenti e funzionari di amministrazioni comunali, regionali e statali, spesso impegnati anche nell’ esercizio di delicati ruoli di responsabilità nelle assemblee elettive locali, provinciali e regionali, assolvendo anche mandati nel Parlamento nazionale. Modelli di comportamento e piena osservanza dei diritti e dei doveri di pubblico risalto, nel cui legame si radica il senso del bene comune, condiviso e responsabile.
E’ la storia,- eccone il cuore e l’essenza che palpitano e parlano -, con riverberi nelle esperienze di lavoro, che avrebbero compiuto, vita natural durante, 60 baldi e spigliati ragazzi, poco più o poco meno con età variabile tra i 15 e i 19 anni, e che nell’anno scolastico ’ 64 – ‘ 65, frequentavano la terza, quarta e quinta classe del corso A – sezione geometri, in quello ch’è l’attuale plesso del Masullo, in via Mario De Sena, nel cuore del centro storico, in un quartiere dall’ eccellente configurazione edilizia e importante qualità urbana. Un affiatato e bel gruppo, che per le vacanze dedicate alle ritualità della Santa Pasqua, si diede , con spontanea scelta, l’impegno di realizzare l’operazione– restyling dell’imponente e seicentesco Convento di Sant’ Angelo in Palco, costruito nel ‘600 su una balza pianeggiante dell’omonima collina, ad appena qualche chilometro di distanza in lieve salita dal Seminario vescovile. Un convinto atto di amore e dedizione civica verso Sant’ Angelo in Palco, da troppo tempo abbandonato a se stesso. E si trattava di un restyling di manutenzione normale dell’intero complesso religioso, da integrare con radicali interventi di sistemazione della viabilità d’accesso al Pio luogo, migliorando e rinnovando la pavimentazione in asfalto per la sicurezza d’accesso al Convento. Un onere tutt’altro che agevole da eseguire, che fu realizzato al meglio, senza alcun particolare gravame economico, e per il quale i magnifici 60 si trasformarono in solerti ed ingegnosi muratori, elettricisti, manovali, imbianchini, addetti di pulizia e via seguito, a seconda delle esigenze imposte dal programma degli interventi da praticare. Lavorarono di buona lena, tra canti, motteggi scherzosi e reciproci sfottò, senza risparmiarsi in nulla.
Era una forza– lavoro davvero robusta, quella dei 60, che mise in campo rapide e veloci capacità esecutive ed era coadiuvata da padre Rufino Di Somma, docente d’Istituto per Italiano e Storia. profondo ed acuto filologo, particolarmente versato nelle analisi critiche delle opere di Dante, e dal professore ingegnere Rodolfo Cerrato, anch’egli docente d’Istituto per Topografia, disciplina specialistica che richiede rigorosa applicazione di studio ed è chiave di volta della professione ingegneristica. Due docenti di lungo corso, padre Rufino Di Somma e il prof. Cerrato ben presenti nella comunità d’ Istituto e indimenticati per le empatiche capacità comunicative, senza dire che seppero alla bisogna, fare buon uso di pale e rastrelli, per accelerare il completamento dell’ operazione. Un programma operativo, che si valse della sovrintendenza esperta di Ercole Vecchiarelli, capo- cantiere dell’ Anas, raffinato progettista che curò l’esecuzione del restyling persino nei dettagli da autentico perfezionista. Di fatto, la performance andò a buon segno, superando ogni più rosea e lusinghiera aspettativa e la Santa Pasqua del ’65 fu celebrata secondo le usanze della tradizione e i precetti della liturgia.
Sant’ Angelo in Palco , restituito così allo spirito d’accoglienza della concezione francescana, si ravvivò e rianimò. L’ariosa ventata dell’entusiasmo e della generosità, generata da quei 60 ragazzi della Santa Pasqua del ‘ 65, era stata di sicura utilità e gran giovamento. E si aprì un percorso di rinnovata frequentazione di Sant’ Angelo in Palco, in virtù anche della guida operosa di padre Rufino Di Somma, incaricato delle funzioni di gestione del complesso fino agli anni ‘70. Una guida, a cui non è mai venuto meno nel corso del tempo il supporto dei 60 ragazzi, diventati esperti e ben accreditati professionisti, padri di famiglia e nonni che ora interagiscono con nipoti e pro-nipoti, intrecciando filo di ricordi, tra cui spicca la storia di Sant’ Angelo in Palco. Un’ ammirevole attitudine all’amicizia e alla convivialità che scaturisce dai lontani anni vissuti nelle aule del Masullo, avvalorata potenziata da periodici incontri, anche famigliari; un’ attitudine, di cui con i suoi oltre 70 anni continua ad essere anima e corpo Stefano Lippiello, geometra di professione, e che dei magnifici 60 fu fervido e coinvolgente … trascinatore.
Ma, a voler acquisire il senso più esaustivo possibile della storia e del contesto temporale di riferimento, torna utile osservare le foto, fornite cortesemente proprio da Stefano Lippiello. Sono foto che raccontano il modo di essere dei giovani degli anni ‘60, con il bell’abito dei giorni delle grandi occasioni -, feste di diploma o di fine anno scolastico, chissà-, mentre si annunciava l’ Italia del boom economico, con l’avvento della motorizzazione di massa, e l’ Autostrada del Sole saldava il Nord e il Sud. E nel reportage merita attenzione l’immagine della ricostruita edicola dedicata al culto francescano, posta lungo la via d’accesso al Convento. E negli anni ‘ 90 se ne fecero carico i ragazzi del ’65, neanche a dirlo, ed era stata vandalizzata dai soliti ignoti. Dato particolare, all’ inaugurazione dell’edicola parteciparono i ragazzi del ’65 e i loro famigliari, rinnovando legami e vincoli con Sant’Angelo in Palco.
Uno scenario di animazione e vita, quello che si legge nel bel reportage. Ma Sant ’ Angelo in Palco continua a restare con gli ingressi sbarrati. E da anni non accoglie né fedeli, né credenti, ma neppure devote e devoti. Uno squallido vuoto che rattrista e che svilisce il significato del restyling, compiuto nella Pasqua di sessanta anni fa.