Perché il telefono si chiama “cellulare”? La risposta è nelle… celle

Perché il telefono si chiama “cellulare”? La risposta è nelle… celle

Oggi lo chiamiamo semplicemente “cellulare”, ma in pochi sanno da dove derivi davvero questo termine. Non ha nulla a che vedere con le cellule biologiche, né con i famosi “cellulari” della polizia per il trasporto dei detenuti, usati prima degli anni ’70. La vera origine del nome è tecnica e affascinante al tempo stesso.

Tutto parte da un’idea nata nel 1947 nei laboratori Bell Labs, dove due ingegneri, Douglas H. Ring e W. Rae Young, progettarono un sistema di telefonia mobile basato su celle: piccole aree di copertura, ognuna gestita da un’antenna o ripetitore, organizzate in uno schema esagonale. Questo disegno, simile alla forma di una cellula, consentiva di coprire vaste aree dividendo lo spazio in “celle” collegate tra loro. Il sistema permetteva alle chiamate di passare da una cella all’altra senza interruzioni, mantenendo il segnale anche durante gli spostamenti.

Il termine “cellulare” iniziò a entrare nel vocabolario tecnico nel 1979, quando il Bell System Technical Journal pubblicò un articolo intitolato The Cellular Concept. Da lì, il nome rimase e venne adottato per indicare i telefoni che funzionano su questo tipo di rete.

Una telefonata passata alla storia

La prima telefonata da un vero cellulare risale al 3 aprile 1973. A farla fu Martin Cooper, ingegnere della Motorola, mentre camminava per le strade di New York. Chiamò il suo “rivale” Joel Engel della AT&T dicendogli, con una certa soddisfazione: «Ti sto chiamando da un telefono cellulare. Un vero telefono cellulare, portatile». L’apparecchio usato pesava 1,3 kg e la batteria durava appena mezz’ora. Ma era nato qualcosa destinato a cambiare per sempre il nostro modo di comunicare.

Oggi i telefoni cellulari si sono evoluti in veri e propri computer tascabili, ma il nome resta lo stesso, omaggio a quel geniale schema a celle che ha dato il via alla rivoluzione mobile.