C’è anche il Responsabile dell’Unità ‘Scienza e Società’ di Biogem, Michele Farisco, in uno studio internazionale finalizzato ad identificare e quantificare la coscienza residua in pazienti affetti dai cosiddetti disturbi della coscienza (stato vegetativo/sindrome di veglia a-responsiva, stato minimamente cosciente, dissociazione cognitivo-motoria). La ricerca multidisciplinare,realizzata grazie a una collaborazione di Biogemcon le Università di Uppsala, Liegi e Amsterdam, nell’ambito del progetto europeo ‘Human Brain Project’, e appena pubblicata dalla rivista ‘BMC Medical Ethics’, ha analizzato la possibilità di applicare degli ‘indicatori di coscienza’, precedentemente introdotti con riferimento aglianimali e ai sistemi di intelligenza artificiale, ai pazienti umani con tali disturbi. Grazie alle nuove tecnologie mediche, infatti, diverse persone in stato transitorio di coma vengono tenute in vita, ma non sempre recuperano livelli di coscienza identificabili attraverso i test comportamentali normalmente utilizzati negli ospedali.
Nello specifico, gli autori hanno approntato i seguenti indicatori: comportamento finalizzato a un obiettivo e apprendimento basato su un modello; anatomia e fisiologia del cervello; psicometria e giudizio meta-cognitivo; memoria episodica; propensione a sperimentare illusioni e percezione multi-stabile; comportamento viso-spaziale.
Tali indicatori, secondo i ricercatori, vanno oltre i criteri verbali e comportamentali per determinare il livello di coscienza soggettivo e sono quindi rilevanti anche per i pazienti con disturbi della coscienza, notoriamente incapaci di comunicare verbalmente o tramite gesti.
In questo modo si aprono nuovi scenari per quantificare la coscienza residua in questi pazienti, ed emergono questioni etiche importanti. Si stima, ad esempio, che circa il 40% dei pazienti classificati in stato vegetativo secondo criteri comportamentali classici rientriinvece nella categoria di stato minimamente cosciente, alla quale corrisponde una prognosicompletamente diversa.
‘’Questo articolo – commenta il dottore Farisco – è un esempio di come filosofia, etica, neuroscienze e medicina possano contribuire ad avanzare nella soluzione di problemi molto importanti che coinvolgono persone sfortunate come i pazienti comatosi, spesso in attesa di una corretta diagnosi e di cure più efficaci”.