“Tumbleweed” è una parola evocativa, un titolo che richiama immediatamente l’immagine del vivere umano. Un tumbleweed, o rotolacampo, è una pianta che, staccandosi dalle proprie radici, vaga senza sosta, disseminando ovunque vada le proprie tracce. Questa è l’immagine che Giuseppe Malinconico ha scelto per raccontare le sue storie, legate dall’appartenenza alle origini ma segnate dalla necessità di lasciare.
Nel suo romanzo, Malinconico esplora la condanna alla libertà che tutti gli esseri umani condividono: quella di dover lasciare. Lasciare i propri luoghi fisici o dell’anima, lasciando spazio alle malinconie; lasciare andare chi si ama per dimostrare il proprio amore; lasciare che ciascuno decida per sé, imparando che ogni scelta comporta conseguenze diverse. Questi sono solo esempi di quanto l’essere umano sia sempre di fronte alla possibilità di lasciare o lasciare andare per sperimentare la propria libertà, che spesso è difficile da godere senza una porzione di dolore.
Leggere “Tumbleweed” significa entrare in contatto con due storie intrecciate che sostanziano un concetto: la migrazione come fulcro delle esistenze umane di ogni tempo e luogo. Le vicende di Gianni e Adamo, presentate in un gioco narrativo speculare, finiscono per incuriosire il lettore quando le loro esistenze si fondono ineluttabilmente. La migrazione di Gianni in Germania durante il boom economico si rispecchia nella fuga di Adamo dall’Africa, due paesi abbandonati da protagonisti innamorati delle loro terre d’origine, che diventano il miraggio doloroso che tiene le fila delle loro vite.
Il romanzo offre una riflessione sulla vita di ciascun lettore: un giovane uomo, una donna adulta, un adolescente, degli studenti con il loro docente possono leggerlo fluidamente e identificarsi con uno o più degli aneddoti del racconto. Attraverso una scrittura semplice, pura, lineare e diretta, “Tumbleweed” accompagna i personaggi e i lettori nei meandri delle loro vite, conducendoli a provare amore, rabbia, accettazione, paura, felicità e dolore. Malinconico, con la sua linearità narrativa, è capace di coinvolgere i lettori e farli immedesimare, come se le vicende raccontate fossero le loro.
La traccia distintiva di Malinconico è la sua capacità di empatizzare con i personaggi e le loro vicende e, di conseguenza, con i lettori, toccando le corde giuste dell’anima. Questa è la nobile missione della letteratura: far sì che anche solo una riga letta possa indurre a riflettere su noi stessi e sulla direzione presa o persa nella nostra vita.
Alla conclusione del romanzo, secondo lo stile della ring composition, ci troveremo tutti ad essere un po’ tumbleweed, anime vaganti in un’esistenza che ci appartiene finché abbiamo radici, e lo fa ancora di più quando mettiamo le ali.
Il libro sarà presentato il prossimo 7 giugno alle ore 18 presso la Feltrinelli di Caserta.