
Il 15 marzo del 44 a.C., giorno noto come le Idi di Marzo, Roma fu testimone di uno degli eventi più drammatici della sua storia: l’assassinio di Gaio Giulio Cesare. Questo atto, passato alla storia come Cesaricidio, fu perpetrato da un gruppo di circa venti senatori che si consideravano custodi della tradizione repubblicana e avversari di qualsiasi forma di potere personale.
Negli anni precedenti, Giulio Cesare aveva consolidato il proprio potere attraverso una serie di vittorie militari e manovre politiche che lo avevano portato a essere proclamato dittatore perpetuo. Questa concentrazione di potere destava forti preoccupazioni tra i senatori più legati alla tradizione repubblicana, i quali vedevano nel suo dominio il rischio di una monarchia di fatto. La Repubblica Romana, sebbene già logorata da decenni di guerre civili e lotte interne, conservava ancora il principio della collegialità e della limitazione del potere individuale. Cesare, con il suo governo sempre più autocratico, rappresentava una minaccia a questi ideali.
Un gruppo di senatori, tra cui Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino, decise di agire per fermare l’ascesa incontrastata di Cesare. Il piano prevedeva di colpirlo nel Teatro di Pompeo, dove il Senato si riuniva temporaneamente.
La mattina del 15 marzo, nonostante diversi presagi infausti e le suppliche di sua moglie Calpurnia di non recarsi in Senato, Cesare vi si presentò. Appena entrato, fu accerchiato dai congiurati e colpito con numerose pugnalate. Secondo la tradizione, Cesare sarebbe stato colpito 23 volte, cadendo infine ai piedi della statua di Pompeo. Una delle frasi più celebri associate a questo evento è “Tu quoque, Brute, fili mi?” (“Anche tu, Bruto, figlio mio?”)—sebbene la sua autenticità sia oggetto di dibattito.
L’assassinio di Cesare non portò alla restaurazione della Repubblica, come speravano i congiurati. Al contrario, scatenò un periodo di guerre civili che culminò con l’ascesa di Ottaviano, il futuro Augusto, che divenne il primo imperatore di Roma, ponendo fine definitivamente alla Repubblica.
L’atto dei congiurati, motivato dall’intento di preservare la libertà politica, finì per accelerare proprio quella trasformazione in senso monarchico che volevano evitare. Oggi, il Cesaricidio rimane uno degli eventi più simbolici della storia, rappresentando il conflitto eterno tra il desiderio di potere e la difesa della libertà politica.