a cura di Grazia Russo
Domenica 8 marzo, San Giovanni di Dio
Nella nostra cultura di contadini e di pastori, la pratica delle arti magiche non era esercitata a fini di lucro, il suo esercizio era prestato in maniera gratuita, infatti, si riteneva che il compenso in denaro avrebbe annullato l’efficacia della pratica rituale. Quindi l’operatore magico non doveva essere compensato in denaro ma doveva accettare in dono qualcosa già in tuo possesso: un pezzo di formaggio, una bottiglia di vino, una manciata di fagioli, ecc.
In Irpinia esistevano delle donne, chiamate “Mammasanta”.
La Mammasanta, prima di attivare i meccanismi di guarigione o di esorcismo, cadeva in trance, si stendeva sul letto, le mani giunte stringevano un crocifisso.
Un testimone di Mirabella racconta una sua visita alla casa della santona, che si trovava non molto distante dal paese:
“Un giorno arrivò in casa di Mammasanta una ragazza, quasi trascinata da due donne. Come fu in sua presenza, la santona gettò le mani alla gola dell’indemoniata e prese a stringere, intanto gridava:” Esci fuori, brutta bestia!”
E la ragazza impossessata rispondeva con una voce terrificante:” Per perdere il mio possesso devi perdonare prima la mamma e poi la figlia di Angela! Era il diavolo che parlava…
la ragazza emetteva dei versi così terribili che scappai e in un lampo mi ritrovai a casa mia, quasi morto dalla paura”