a cura di Grazia Russo.
Mercoledì 11 marzo, San Costantino re e martire
Il matrimonio forzato
Numerose erano le ragazze costrette alla fuga con la persona amata, vuoi perché incinte, vuoi perché i genitori ostacolavano la loro unione. Rari erano, invece, i casi di rapimento brutale.
La fuga spesso era imposta dall’impossibilità della famiglia di fronteggiare le spese della cerimonia religiosa e del banchetto nuziale. E così i fidanzati organizzavano la fuga, la fuitina.i ragazzi sceglievano di fuggire in una notte di luna piena, che era il momento propiziante di un’immediata gravidanza. Trascorrevano la prima notte in un casolare di campagna, messo a disposizione da amici.
Scoperta la fuga amorosa, i genitori della ragazza seguivano una specie di rito: il padre giurava di rinnegare la figlia, la madre esplodeva in un pianto e minacciava di bruciare il corredo.
Calmate le acque i due fuggiaschi facevano ritorno a casa, preceduti da un intermediario, quasi sempre un parente, la prima tappa obbligatoria era la casa del ragazzo. Qui, ad accoglierli c’era la cognata che istruiva la ragazza su come comportarsi: una volta entrata a casa, doveva baciare prima la mano al suocero e poi alla suocera e poi ai cognati e alle cognate rispettando l’ordine di età.
Una volta accolta in casa la suocera donava alla futura nuora una parure di cinque pezzi d’oro.
Dopo l’accoglienza nella famiglia dello sposo, si doveva affrontare quella della sposa. Dopo un’apparenza di visi turbati e delusi si passava subito all’accoglienza festosa.
A causa della fuitina non era consentito alla ragazza indossare un abito bianco e la cerimonia era riservata ad un numero ristretto di parenti, spesso il parroco di paese celebrava il rito o nella sacrestia o dietro l’altare.