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Sono trascosi ben 38 anni dalla morte di Spinone, il cane randagio che ha segnato la storia della comunità avellana. Una figura affettuosa, parte integrante del tessuto sociale del paese, che ancora oggi vive nella memoria di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
Spinone non era un semplice cane di strada, ma un autentico simbolo di Avella. Tutti lo amavano: dai bambini delle scuole elementari ai vigili, dai politici ai commercianti, dai giovani ai più anziani. La sua presenza era costante negli eventi del paese: partecipava alle processioni, ai comizi, ai mercati e, in un gesto di straordinaria sensibilità, ai funerali. Percepiva la scomparsa di un concittadino, udiva il suono delle campane e si recava presso la casa del defunto per porgere l’ultimo saluto, accompagnandolo fino al cimitero. Un’anima gentile, che ricambiava con affetto l’amore ricevuto.
Il 16 febbraio 1987, Spinone si spense, lasciando un vuoto nel cuore della comunità. Il professor Nicola Montanile, tra i tanti che hanno voluto onorarne la memoria, si interrogò più volte sul mistero della sua esistenza, arrivando a chiedersi se fosse la reincarnazione di qualcuno. Anche Erasmo Sorice lo celebrò nel suo libro “Narrando e… poetando”, definendolo “il re degli altri cani”.
La sua vita è costellata di aneddoti incredibili, che lo rendono una figura quasi leggendaria. Si racconta che ogni mercoledì prendeva il treno per il mercato di Nola e il giovedì per quello di Baiano. La domenica, invece, attendeva il pullman dei tifosi del Napoli, salutandoli alla partenza e accogliendoli al ritorno.
Per annunciare la sua scomparsa, furono stampati cento manifesti funebri con la sua foto: un gesto senza precedenti, che dimostra quanto Spinone fosse amato. I cittadini di Avella, ancora oggi, sentono il debito di un tributo ufficiale alla sua memoria. È per questo che in molti propongono l’installazione di una targa o addirittura una statua in suo onore, affinché il suo ricordo possa essere tramandato alle generazioni future.
Spinone riposa ancora nella sua amata Piazza Convento, nei pressi della fontana, dove le sue ossa furono sepolte per volontà di Mario Montanile. Ma la sua storia continua a vivere nei racconti di chi lo ha conosciuto, nelle fotografie conservate con affetto e nei cuori di tutti coloro che, almeno una volta, hanno incrociato il suo sguardo dolce e fedele.