L’11 ottobre di un anno fa, si è spenta per sempre la vita del giovanissimo Ciro Modugno. Percorreva a bordo del suo scooter, avuto in regalo da soli pochi mesi, il Corso Umberto Primo, a Casal di Principe. Quella era stata una sera come tante per Ciro, una serata con gli amici, in giro in motorino e poi sarebbe tornato a casa dalla sua famiglia. Purtroppo così non è stato. Un auto, con a bordo un ragazzo dello stesso paese, sciaguratamente deciso a guidare, nonostante avesse assunto droghe ed alcol, ha spazzato via per sempre tutti i sogni e le ambizioni di un quindicenne. Quindici anni aveva Ciro, troppo grande per essere considerato un bambino, ma ancora troppo piccolo ed ingenuo per essere considerato un ragazzo, un uomo. A quindici anni guidi il tuo motorino con la voglia di sentire il vento tra i capelli, il sole sulla pelle, mentre la mente accompagna, cullando tutti i tuoi sogni. L’urto, Ciro viene trascinato per molti metri, poi la macchina continua, nella sua corsa, a tirarsi dietro solo il motorino. Ciro è a terra, con il casco. Chi lo ha investito si è premurato di cercare una fuga, chi era con lui non si è degnato nemmeno di soccorrere Ciro, sull’asfalto. Quindici anni. Poi la corsa disperata in ospedale, le lacrime, le preghiere. Non c’è stato nulla da fare. Una famiglia distrutta, sua madre non si rassegna, il suo cuore non ha tregua, il dolore è immedicabile. Le giornate sono scandite dai ricordi e dalle visite al cimitero, quotidiane. La mamma di Ciro, dopo un anno, con il cuore ancora sanguinante, sta continuando la sua lotta per donare, a quel figlio che le è stato strappato troppo presto, una giustizia, che dovrebbe essere un atto dovuto, dalla legge, dalla giustizia. Gli omicidi stradali sono ancora “valutati” non importanti, come se perdere la vita abbia valore diverso su una strada. La giovane vita di Ciro è stata “pagata” con solo qualche anno agli arresti domiciliari. Ed una madre, non può e non deve dover difendere la vita di suo figlio, vittima e non carnefice. La morte di un figlio rappresenta, per un genitore, il dolore più straziante del mondo, innaturale. A qualsiasi età ed in qualsiasi circostanza è un dolore che nasce da dentro, viscerale, la vita di un figlio strappata così bruscamente, è – per una madre – come subire una mutilazione in maniera altrettanto brusca, senza preavviso, senza anestesia. Nunzia sta combattendo da un anno la sua battaglia per rendere giustizia ad una morte così assurda, per dare finalmente pace a Ciro, per darsi pace. Il suo grido di dolore non può lasciare indifferenti, perché gli omicidi stradali, nel nostro paese, purtroppo, sono all’ordine del giorno e le vittime, spesso sono giovanissime. Non possiamo rimanere sordi davanti a tutto questo, solo perché non ci ha coinvolto personalmente. La pena per questi reati, che sono omicidi, deve essere giusta e severa. Nessuna mamma dovrebbe più piangere per sangue versato sull’asfalto. Nunzia e Ciro, come tutte le altre mamme che hanno subito lo stesso dolore, hanno bisogno di avere giustizia. Non per compassione: è un nostro dovere, morale e civile. Non possiamo permettere che Ciro venga ucciso due volte.