Ho atteso qualche giorno prima di esprimermi, non tanto per riflettere, ma per concedere alla classe dirigente irpina un’occasione di riscatto, un sussulto di dignità. Invano. Siamo ormai ridotti al ruolo di portatori d’acqua – letteralmente. Spettatori servili di una colonizzazione politica che oggi ha perso anche una delle sue ricchezze più preziose: l’acqua.
E non basta. Sul ciclo dei rifiuti, siamo ostaggi di scelte calate dall’alto, con il biodigestore che si trasforma nell’ennesima speculazione. Per chi ha vissuto i tempi in cui l’Irpinia era il cuore pulsante della politica nazionale, questa arroganza appare tanto insopportabile quanto grottesca. Un’epoca in cui, con De Mita, Avellino era la capitale politica d’Italia, al punto che Napoli e Salerno erano considerate poco più che sue propaggini marittime.
Oggi, invece, regna il silenzio. Un silenzio vile e complice da parte dei politici irpini, sospesi tra tornaconti personali e quel risentimento tipico di chi ha ottenuto favori senza mai meritarseli. È un silenzio che pesa, che tradisce, che insulta la nostra terra.
Quella sala semivuota di Sant’Angelo dei Lombardi, dove il governatore ha lanciato le sue “pallottole alla schiena”, non era poi così distante dai volti dei veri destinatari di quell’attacco. Da anni la gestione di Alto Calore e dell’ATO Calore Irpino è stata un monopolio del Partito Democratico, con una breve e irrilevante parentesi. Non dimentichiamolo: nel 2003, l’ATO Calore Irpino non riconobbe Alto Calore come gestore unico, un errore storico che oggi paghiamo caro.
Se solo i presenti, molti dei quali con ruoli passati nei CDA di consorzi e società patrimoniali, avessero avuto il coraggio di alzarsi e abbandonare quella sala, probabilmente sarebbero rimasti solo il governatore e i suoi accompagnatori. Ma non è successo. E questo dice tutto.
Alla classe politica irpina ricordo una cosa: la storia non perdonerà chi ha scelto di restare a guardare. Non sarà gentile con chi ha rinunciato a lottare per la libertà. E noi, cittadini, non lo dimenticheremo.