L’Europa tra decisioni lente e autocondizionamento: un futuro da modellare

L’Europa tra decisioni lente e autocondizionamento: un futuro da modellare

di Salvatore Guerriero, Presidente Nazionale ed Internazionale della CONFEDERAZIONE DELLE IMPRESE NEL MONDO e Direttore Generale AGENZIA EUROMEDITERRANEA DI SVILUPPO

Negli ultimi anni, la gestione delle politiche economiche e strategiche dell’Europa ha evidenziato alcune contraddizioni strutturali che oggi emergono con maggiore chiarezza. Da un lato, il continente si trova a dover affrontare crisi globali, dal conflitto in Ucraina alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Dall’altro, le sue stesse decisioni interne, spesso guidate da spinte ideologiche più che da valutazioni pragmatiche, hanno reso il sistema economico meno competitivo e più fragile.

Prendiamo il caso del Green Deal europeo. Concezione nobile sulla carta, è stato attuato con rigidità eccessiva, senza tenere conto delle ripercussioni sul tessuto industriale. Il risultato? Settori produttivi fondamentali, come quello manifatturiero e automobilistico, sono stati messi in difficoltà proprio dalle normative europee. L’Europa, invece di proteggere le proprie industrie, ha finito per indebolirle, mentre altre economie globali hanno adottato strategie più flessibili e competitive. Oggi, infatti, la stessa UE sta cercando di ridurre i danni con correzioni al piano originario.

Parallelamente, il quadro geopolitico continua a evolversi in modo incerto. Gli Stati Uniti, con Donald Trump prima e ora con un dibattito politico sempre più polarizzato, stanno dimostrando di perseguire i propri interessi con una logica contrattuale aggressiva. Le dinamiche commerciali americane, guidate da una mentalità imprenditoriale spinta, possono funzionare in ambito aziendale, ma quando si applicano a livello di politica globale creano instabilità nei mercati, aumentando l’incertezza per partner e alleati.

Ma la vera debolezza dell’Europa non è solo nelle sfide esterne: il problema principale è interno ed è legato alla governance. L’Unione Europea rimane un’entità ibrida, dove le decisioni vengono prese con meccanismi complessi e spesso troppo lenti per rispondere alle esigenze del presente. In un mondo che cambia rapidamente, questa lentezza decisionale è un ostacolo enorme alla competitività. Spesso si accusa Bruxelles di essere la fonte dei problemi, ma la realtà è che le decisioni sono prese dai governi nazionali che compongono il Consiglio dell’UE e dal Parlamento europeo. Se l’Italia o altri Paesi si trovano in minoranza su certe scelte, la responsabilità è anche politica e non solo burocratica.

E allora, quale direzione deve prendere l’Europa? Il modello ideale sarebbe quello degli Stati Uniti d’Europa, un’entità con una governance più coesa e con strumenti decisionali più rapidi. Ma questo rimane ancora un sogno lontano, frenato dagli interessi nazionali e dalla mancanza di una visione unitaria. Nel frattempo, il continente dovrà adattarsi e modellarsi rispetto alle scelte passate, correggendo gli errori e cercando di rafforzare il proprio ruolo nello scenario internazionale. Perché senza una leadership chiara e una strategia di lungo termine, il rischio è quello di rimanere sempre un passo indietro rispetto alle grandi potenze mondiali.