di Gianni Amodeo
A luglio aveva varcato la soglia di 101 anni, circondato dalle testimonianze d’intenso affetto dei famigliari, ma anche dai fervidi e caldi attestati dei tanti con cui ha avuto consuetudine di salda amicizia e di rapporti per il lungo itinerario di vita compiuto, tra generali sentimenti di riconoscenza e stima, per le qualità culturali, la profonda competenza con cui operava e lo spirito di solidarietà verso gli altri. Un itinerario, che Raffaele Cantalupo, ha percorso con un fermo e spiccato senso dell’impegno di servizio aperto e spontaneo, per concorrere in modo fattivo e concreto alla crescita culturale e alla migliore vivibilità civile di Nola.Un impegno trasfuso nell’azione politica ed amministrativa nel complesso periodo del secondo dopoguerra, in particolare dagli anni ’50 – attraversati dalle difficoltà della ripresa sociale e produttiva del territorio, ma anche da segnali di rilancio urbanistico, in virtù anche degli insediamenti abitativi del piano Fanfani per l’edilizia pubblica- alla fine degli anni ’70.
E’ l’n arco di tempo, che Raffaele Cantalupo ha vissuto all’insegna dell’adesione attiva e convinta al moderatismo, interpretato e rappresentato dalla Democrazia cristiana, partito di radicati e diffusi consensi nel tessuto cittadino, incalzato dal serrato e costante confronto dialettico soprattutto con il Partito socialista e il Partito comunista, oltre che con il Movimento sociale italiano, ben strutturati e organizzati sia in città che anche e soprattutto sull’intera area nolano– vesuviana.
Una presenza fattiva e attiva, quella di Raffaele Cantalupo, ch’è stato amministratore di lungo corso a Palazzo di città, avendo esercitato per oltre un quarto di secolo sia le funzioni di consigliere comunale che quelle di assessore e vice-sindaco, in virtù del consenso elettorale, che con costanza gli è stato riconosciuto e accresciuto di tornata in tornata, a riprova del “suo” modo di rapportarsi ai cittadini e ai problemi della città. Una visione e un metodo, di cui resta un segno indelebile la realizzazione della Casa del Mutilato, inaugurata il 27 marzo del 1955, di cui è stato il promotore e l’artefice, con il supporto dell’amministrazione comunale pro tempore, guidata dal sindaco Salvatore Napolitano, e con il sostegno economico- pari a sei milioni di lire- fornito dal Comitato centrale dell’Associazione mutilati e invalidi di guerra. Un vasto complesso architettonico, che s’affaccia su via Fonseca, con Sacrario a piano-terra in cui sono raccolti in bacheche cimeli di guerra, e l’ampio Auditorium con tribuna gradinata e platea al primo piano, location di Convegni socio-politici, sindacali, appuntamenti culturali, mostre.
E’ la Casa del Mutilato dedicata alla Pacifica vittoria, quale campeggia nel pannello in pietra tufacea su cui spicca la policroma statua in ceramica della Vittoria, alta circa tre metri e dai tratti androgini, che regge una corona di rami, circondata da elementi zoomorfi e fitomorfi. 0pera di alto profilo significato ed estetizzante, concepita ed eseguita da Corrado Ruffilli, prestigioso scultore della Scuola romana, ma essenzialmente opera che nel nome e all’insegna della Pace, rappresenta l’identità della città e lo spirito, con cui Raffaele Cantalupo volle che fosse realizzata. Ed ora la Casa del Mutilato ospita l’omonima Fondazione che annovera 500 aderenti e 50 soci. Una realtà di partecipazione e comunità oltremodo importante per discrezione ed operosità.
Al servizio della città, Raffaele Cantalupo, lascia di sé anche l’importante retaggio dell’attenta funzione pubblica esercitata per la presidenza del Santa Maria della Pietà, dal 1973 al 1976. Un ruolo tutt’altro che agevole da svolgere, mentre il Servizio sanitario nazionale era nella prima fase di formazione e presenza sui territori. E il presidio sanitario del Santa Maria della Pietà, con oltre 200 posti-letto, era-ed è- destinato ad una popolazione di oltre 400 mila abitanti, nell’assetto dell’Asl Napoli-3 Sud.
Il ricordo di Raffaele Cantalupo, memoria storica e nitida della città per la chiarezza delle testimonianze che ha sempre dato a tutti gli interlocutori che gli si rivolgevano, fino a qualche giorno fa, non può, tuttavia, che concludersi nel segno dei Gigli, simboli della Festa eterna e dell’Omaggio a San Paolino.
Lo scorso anno al compimento del Secolo di vita aveva sottoscritto la petizione per essere il Maestro di Festa della Barca che non richiede l’appartenenza certificata- in conformità con le stringenti disposizioni dello Statuto della Festa– ad alcuno delle corporazioni della città d’età medievale. Una simbolica sottoscrizione d’amore, ma anche un atto di speranza e fiducia a credere nel superamento del coronavirus, confidando nella scienza e nel responsabile comun buon senso.