
Sabato 19 aprile, il PalaDelMauro di Avellino è diventato il palcoscenico di un’emozione unica, dove musica, basket e calcio si sono fusi in un racconto corale di appartenenza, passione e identità irpina.
Mentre sul parquet si scaldavano i giocatori della Scandone in vista della sfida contro la blasonata Cantù e sugli spalti cresceva il fermento dei tifosi, molti occhi erano rivolti anche al grande maxischermo, dove scorrevano le immagini della partita dell’Avellino calcio, impegnato contro il Sorrento al neutro di Potenza. Un match cruciale per il ritorno in Serie B dei Lupi, con una promozione tanto attesa dopo sette lunghissimi anni.
In questo scenario vibrante, sospeso tra adrenalina sportiva e orgoglio territoriale, è salito sul parquet un artista capace di intrecciare tutti questi fili in un’unica trama emotiva. Il mandamentale Fabio Picciocchi, conosciuto come Berlino 84, ha portato la sua voce e la sua anima mandamentale sul parquet del DelMauro, regalando al pubblico un momento sospeso tra poesia e memoria.
Con i suoi versi, “Ti comprerò una rosa dall’indiano, ti porterò nel centro di Avellino…”, Berlino 84 ha colpito nel segno. Versi semplici ma potenti, capaci di evocare una città fatta di vicoli, di volti familiari e di sogni custoditi nel silenzio di una provincia che non ha mai smesso di credere nella bellezza.
Il suo intervento, seppur breve, ha lasciato il segno: non solo una performance musicale, ma un vero e proprio atto d’amore verso una terra che gli scorre dentro. Un omaggio a chi ogni giorno lotta, nello sport come nella vita, per farcela, per risalire, per resistere.
A un certo punto, con l’intensità ancora viva negli occhi degli spettatori, sul maxischermo è comparso un frammento di film. E in sottofondo, una voce:
“Allora, lo credete anche voi che un uomo può cambiare all’improvviso?”
“Sì, ne sono convinto. L’ho detto anche a Jenny.”
“Grazie, David.”
Un passaggio che ha colto tutti di sorpresa, ma che ha toccato corde profonde. Perché dentro ogni sportivo, dentro ogni artista, c’è una lotta. E talvolta, quando incontra una donna e si innamora di lei, tutto cambia. Un cambiamento che Berlino 84 ci ha fatto comprendere con una semplicità che non lascia spazio a fraintendimenti.
L’applauso del palazzetto ha suggellato quel momento con calore e autenticità. Perché quando le parole diventano canestro e la musica rimbalza sul legno del parquet, non si tratta più solo di spettacolo: si tratta di verità, di vita vissuta.
Picciocchi ha affidato ai social un lungo messaggio carico di riflessione: ha ringraziato il pubblico per l’affetto ricevuto, ha annunciato l’arrivo di nuovi brani, nonostante il desiderio iniziale di prendersi una pausa, e ha condiviso una riflessione intima sull’importanza di esprimere ciò che si ha dentro, che sia con la voce o con la penna. «La vita è come una canzone, puoi cantarla, urlarla o è ancora da scrivere…», ha scritto, chiudendo con uno di quei versi che restano nel cuore.
E mentre l’Avellino festeggia il ritorno tra i cadetti e la Scandone difende con orgoglio il suo presente cestistico, Berlino 84 ci ha ricordato che l’identità di un popolo passa anche da questi gesti, da questi versi, da questi sguardi che si incontrano sotto lo stesso tetto.
Sabato 19 aprile, al DelMauro, il cuore dell’Irpinia ha battuto forte. Dentro e fuori dal campo. Tra un assist, un gol sullo schermo e una canzone che sa di casa. (F.Piccolo)