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Oggi 6 marzo la chiesa celebra San Giuliano di Toledo, nacque a Toledo (Spagna) nel 642, da genitori cristiani di probabile ascendenza ebraica. Fu battezzato nella cattedrale di Toledo, la sua educazione fu seguita dal vescovo Eugenio II. In un primo momento seguì la vocazione monastica, e prese i voti religiosi nel monastero di Agalai, insieme al suo fedele e fraterno amico Gudila Levita. Presto però, per la scarsità di sacerdoti, furono chiamati ad incarichi importanti nella diocesi di Toledo, Gudila divenne arcidiacono ma morì successivamente ancora in giovane età mentre Giuliano svolse la sua opera, con grande diplomazia, nella Curia vescovile di
Toledo e alla morte, il 16 gennaio 680, del vescovo Quirico venne nominato arcivescovo dal re Vamba, re visigoto. Durante il suo episcopato Giuliano fu coinvolto in uno spiacevole episodio, di tipo politico-religioso; un certo impostore il conte Ervigio, dopo aver somministrato una pozione soporifera al re Vamba, fece sapere a Giuliano che il re desiderava abdicare al trono e ricevere la tonsura penitenziale; ignaro, il vescovo si affrettò ad adempiere al presunto desiderio del re, ma secondo le leggi di allora del diritto germanico, il suo atto era vincolante, ormai era divenuto religioso e non poteva tornare indietro, e quindi Vamba dovette lasciare il trono. Giuliano cercò di riparare al suo involontario errore rilasciando la migliore apologia di Vamba e del suo governo, nella sua opera Historia rebellionis Pauli adversus Wambam. Su richiesta di Ervige, nel 686, scrisse il De comprobatione aetatis sextae contra Judaeos, un’opera dagli accenti antisemiti che preconizzava la conversione degli ebrei. Giuliano scrisse molte altre opere; fra queste, una che proponeva la revisione della liturgia mozarabica e i tre libri intitolati Prognostica, che si occupano dei novissimi. Sotto il suo ministero fu discreto e coraggioso nella risoluzione degli affari difficili; giusto nei litigi, sempre disponibile alla diminuzione della pena e al perdono, pronto e sollecito a difendere i diritti della giustizia. Non sopportava, specie nei periodi di carestia, che qualcuno fosse in restrizione bisognosa, senza che gli venisse dato soccorso; non rifiutò mai qualche cosa a chi gli chiedeva un aiuto. Se nell’esercizio delle sue funzioni, volle essere circondato dalla magnificenza della carica, in privato si distingueva per l’umiltà e l’integrità dei suoi costumi. Morì il 6 marzo 690.
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