a cura di don Riccardo Pecchia
, nacque a Chàptelat (Francia) nel 588 circa, era di umili natali. Eligio, dimostrò fin da piccolo grande attitudine ai lavori di cesellatura, perciò fu affidato per la sua formazione al maestro monetiere Abbone a Limoges; andò quindi a Parigi per collaborare con il maestro tesoriere merovingio Bobone, che lo raccomandò al re Clotario II, per il quale realizzò due troni in oro con decorazione in pietre preziose. La sua onestà gli procurò la fiducia da parte del re e, quindi, importanti incarichi successivi: infatti, a partire dal 625, fu maestro monetiere presso la corte e il suo nome si trova su monete realizzate a Parigi, Marsiglia, Arles e presso la zecca regia. Avuti per le mani una volta alcuni libri della Sacra Scrittura se ne innamorò talmente, che quando aveva un pò di tempo libero lo dedicava alla lettura dei libri santi. Delle ricchezze ricevute egli nulla conservò per sé, ma si dedicò incessantemente ad opere di carità in favore dei poveri e dei malati e finanziando il riscatto dei prigionieri e per aiutare le comunità religiose, finanziò la costruzione di numerose chiese e nel 632 fondò un monastero a Solignac, a capo del quale pose l’abate Remaclo. L’attività principale di Eligio si svolse durante il regno di Dagoberto I, successore di Clotario, ricoprì la carica di tesoriere, fu anche incaricato di alcune delicate missioni diplomatiche, ristabilì la pace tra i Franchi e i Bretoni convincendo il re Giudicaele a dichiararsi suddito di Dagoberto. Dopo la morte di Dagoberto I, fu eletto vescovo della diocesi di Tournai e Noyon. Eligio sorpreso della sua elezione, tremò alla vista dell’episcopato, ma accettò domandando qualche tempo per prepararsi a ricevere gli ordini sacri. Passati diversi giorni in continua preghiera e mortificazione, finalmente, conosciuta con certezza la volontà di Dio, venne consacrato il 13 maggio 641a Rouen. Si portò alla sede di Noyon, ove si dedicò con zelo e fervore al suo nuovo ufficio di pastore. Il primo anno lo spese per la riforma del clero, quindi si diede con tutte le forze alla conversione dei pagani ancora presenti nella sua vasta diocesi. Però essi erano talmente ostinati che non volevano neppure sentire parlare del Vangelo; ma la carità del Vescovo, la sua fortezza e la sua soavità commossero quei cuori, e molti si convertirono. Eligio, come già san Pietro Crisologo, si propose di abolire le feste o meglio le baldorie che si facevano nelle calende di gennaio, e non si diede pace finché non ebbe ottenuto l’intento. Governava egli la sua diocesi da 19 anni e mezzo, quando il Signore gli fece sentire prossima la sua fine. Si dispose allora con generosità e fervore a dare al bel quadro dell’anima sua gli ultimi ritocchi, finché assalito da mortale malattia, serenamente morì cantando con gioia il «Nunc dimittis» il 1 dicembre del 659; patrono degli orafi, dei numismatici, dei maniscalchi e dei veterinari.
1 dicembre: beato Charles Eugène de Foucauld (in religione fratel Charles di Gesù), nacque il 15 settembre 1858 a Strasburgo (Francia), da una famiglia nobile e molto cristiana. Nel 1864, all’età di 6 anni, perse entrambi i genitori e fu affidato, insieme alla sorella Maria, al nonno materno. Nel 1876, entrò all’École Spéciale Militaire de Saint-Cyr a Parigi, dove conduce vita da gran signore, si veste in modo ricercato, organizza una festa dopo l’altra. Due anni dopo, alla morte del nonno, ricevette un’ingente eredità che dilapidò in poco tempo. Nel 1880 si trasferì in Algeria. Si distinse per le sue buone qualità di soldato, ma lasciò l’esercito per dedicarsi a spedizioni geografiche in Marocco avendo come guida il rabbino Mardochée Aby Serour e studiò l’arabo e l’ebraico. Nel 1886, ritornò in Francia, pur essendo stato battezzato, Charles non aveva mai vissuto una vera e propria vita di fede, sentì il bisogno di conoscere meglio la religione cattolica. Iniziò, così, un cammino spirituale che, agli inizi del 1889, lo portò in Palestina, a Nazareth. Rimase affascinato da quella realtà e comprese di essere chiamato a vivere come “viveva la Santa Famiglia”. Dopo esser tornato in patria decise di farsi monaco trappista. Abbandona i suoi beni ed entrò nella trappa Notre Dame des Neiges in Ardèche. Il 26 gennaio 1890, l’abate lo accetta con il nome di fra Alberico. Dopo sei mesi però richiese di ritirarsi in una trappa più povera in Siria, ad Akbes. Stese, in questo periodo, un primo progetto di congregazione religiosa e chiese di essere dispensato dai voti. Nell’ottobre del 1896 venne mandato a Roma per studiare. Eppure, fin dal gennaio 1897, il Priore generale gli dà la facoltà di lasciare la Trappa e di seguire la chiamata di Dio. Fra Charles di Gesù, è il nome che ormai assumerà, torna a Nazareth, dove lavorò come domestico delle monache Clarisse abitando in una capanna del loro giardino. Restò a Nazareth tre anni, visitando anche le zone circostanti come Taybeh, e decise di divenire sacerdote. Tornato in Francia nel 1901, venne ordinato prete a Viviers nell’Ardèche. Con l’accordo del vescovo di Viviers, andrà a portare il Vangelo ai popoli del Sahara, che figurano fra i più abbandonati. Iniziò una vita conforme allo “stile di Nazareth”, basata sulla preghiera, sul silenzio, sul lavoro manuale e l’assistenza ai poveri. Definì le linee del suo pensiero e gli statuti dei “Piccoli fratelli del Sacro Cuore”, congregazione religiosa che non riuscì a fondare. A Beni Abbes fondò un eremo, dove accolse i poveri della regione e studiò la lingua dei Tuareg. Viaggiò nel deserto e a Tamanrasset, a sud di Algeri, fondò un eremo. È cosciente di essere il primo sacerdote della storia a risiedere ed a celebrare la santa Messa in questi luoghi. Lo scopo è quello di aprire il cuore dei musulmani offrendo loro il contatto con la civiltà cristiana e con un sacerdote, per permettere, più tardi, la loro evangelizzazione da parte di missionari veri e propri. Esercita nei loro riguardi una carità generosa e disinteressata, parla loro di Dio e insegna loro i precetti della religione cattolica. Charles costruì, intorno all’eremo di Tamanrasset, un fortino per proteggere la popolazione dai predoni, ma diventa il bersaglio dei rivoltosi, che organizzano una spedizione punitiva, si avvicinano senza far rumore al fortino in cui egli risiede, e bussano alla porta che l’eremita socchiude senza sospetto: viene allora afferrato e legato, si aspetta di morire. Sorpresi da due soldati ligi alla Francia, i predoni perdono la calma. Quello che è incaricato di sorvegliare Charles, gli spara a bruciapelo una pallottola nella testa. Charles scivola lentamente lungo il muro e si accascia al suolo: morì il 1 dicembre 1916, vittima del suo zelo d’amore per quei popoli in cui la luce della fede non aveva mai brillato.