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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 20 febbraio, la chiesa celebra san Leone II di Catania detto il Taumaturgo, nacque a Ravenna nel 709, da nobile famiglia cristiana. A 22 anni divenne presbitero, spinto dalla famiglia. Dopo aver vissuto un lungo periodo in un monastero benedettino e si trasferì a Reggio Calabria, dove il vescovo di Reggio Calabria Cirillo lo nominò arcidiacono. Qui rimase fin quando fu eletto vescovo di Catania attorno al 765, a circa 55 anni. La tradizione vuole che i catanesi, dovendo eleggere un nuovo vescovo, avessero avuto in sogno da un angelo che a Reggio Calabria vivesse un uomo, Leone in odore di santità, che sarebbe stato la persona giusta per ricoprire la carica di vescovo. Inizialmente Leone, non ritenendosi degno, non volle accettare, ma dopo le insistenze dei catanesi, divenne vescovo di Catania. In quegli anni, in tutto l’Impero Bizantino era in atto la feroce distruzione delle immagini sacre iconoclastia. Coloro che non ubbidivano all’editto che metteva al bando le icone, ritenute segno di idolatria, venivano incarcerati e spesso finivano sul patibolo. Leone si oppose apertamente alle leggi imperiali. Per questo il governatore bizantino della Sicilia ordinò il suo arresto. Leone fu costretto a lasciare Catania e a rifugiarsi sulle montagne dove visse da eremita in una grotta da lui stesso scavata. Placatasi la controversia iconoclasta, Leone ritornò a Catania, dove riprese il suo seggio vescovile e a lavorare per il bene della sua gente. La tradizione narra che Leone compì svariati miracoli e per questo ottenne l’appellativo di Taumaturgo. La sua figura è legata principalmente alla leggenda del necromante-apostata Eliodoro, con cui entrò in contrasto. Si narra che Leone lo condannò ad essere bruciato vivo nel 778. Altre fonti riportano che entrambi entrarono in una fornace e Leone si sarebbe salvato per la sua fede in Dio. Si narra anche che con la sua sola presenza avesse fatto incendiare l’antico Tempio di Cerere, ricordato nelle Verrine, anche se molto probabilmente fu semplicemente il mandante della sua distruzione. Morì a Catania il 20 febbraio 785.
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