a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 15 maggio la chiesa celebra sant’Isidoro Agricola, nacque a Madrid (Spagna) nel 1080, da poveri contadini e contadino “sotto padrone” fu egli stesso per tutta la vita, così come per tutta la vita fu analfabeta, cosa del tutto normale a quei tempi. Rimasto orfano di padre si vide costretto a lasciare Madrid in seguito alle conquiste musulmane degli Almorávidi, per trasferirsi a Torrelaguna, nella fattoria di proprietà di Juan de Vargas, a una cinquantina di chilometri, dove trovò anche moglie, Maria Toribia (beatificata con il nome Maria de la Cabeza), contadina pure lei. Rientrò a Madrid solo alla fine della guerra. Dedicò la sua vita al lavoro nei campi e alla preghiera, durante la giornata lo si vedeva spesso appartato a pregare, tanto da essere accusato di svogliatezza dagli altri lavoranti che spinsero il padrone Juan de Vargas a controllarlo. Ma dai “controlli” emerse semplicemente che, pur con le soste di preghiera, alla fine della giornata il lavoro che Isidoro avrebbe dovuto fare era comunque sempre completato “per intervento di due angeli”, come ebbe a raccontare il padrone; questi, ormai convinto dell’onestà del suo contadino, se lo affiancò come suo uomo di fiducia. Isidoro fu pure accusato di rubare il grano dai sacchi da portare al mulino; e nella faccenda c’era del vero perché Isidoro ne dava effettivamente ai poveri, qualcuno racconta che ne dava anche agli uccellini, solo che all’arrivo il grano era miracolosamente di nuovo tutto al suo posto, malgrado i “prelievi” fatti. Guadagnando di più per la considerazione del padrone, Isidoro e Maria dividevano ancora più di prima le loro cose con i poveri attorno a loro. Il miracolo più noto è tuttavia legato alla sua famiglia: essendo suo figlio Illán caduto in un pozzo profondo quasi 30 metri, Isidoro con le sue preghiere fece salire l’acqua fino al bordo, che così sollevò il bimbo che si salvò. Il figlio sarà conosciuto come san Illán (Giuliano), sarà eremita a Cebolla (presso Toledo) dove viene ricordato la terza domenica di settembre. Morì il 15 maggio 1130, a 90 anni; protettore degli agricoltori.
15 maggio: san Severino di Settempeda, nacque a Septempeda alla fine del V secolo, da nobile famiglia cristiana. Le poche notizie che si hanno di lui sono derivate da una “Vita” scritta tra il VII ed il IX secolo, ripresa in un rifacimento tardivo che amplia ed arricchisce di episodi l’antico testo, già leggendario, a scapito della verità storica. Dalla “Vita” sappiamo che Severino, insieme al fratello Vittorino, alla morte dei genitori rinunciò ad un’esistenza facile ed agiata e si spogliò di tutti i suoi beni per darsi ad una vita di solitudine, di preghiera e di penitenza sul Monte Nero, vicino a Septempeda. Per la sua fama di santità il clero e il popolo, morto il vescovo di Septempeda, lo elessero suo successore. Papa Vigilio nominò vescovi entrambi i due fratelli di due distinte sedi: Severino divenne vescovo di quella che allora si chiamava Septempeda, in seguito chiamata San Severino Marche, mentre il fratello Vittorino divenne vescovo di Camerino. La “Vita” manca di ogni riferimento cronologico, ma tutta la tradizione locale pone i termini del suo episcopato tra il 540 e il 545. Sempre secondo la tradizione, il suo corpo venne sepolto nella cattedrale di Septempeda e occultato sotto un altare laterale al sopraggiungere dei Goti. Fortuitamente ritrovato nel 590, fu portato il 3 novembre di quell’anno nel nuovo abitato di Monte Nero, che da lui prenderà il nome, in un luogo sacro sull’area in cui il santo aveva vissuto vita eremitica. Morì l’8 gennaio 545.