di don Riccardo Pecchia
Oggi 22 novembre la chiesa celebra santa Cecilia, nacque a Roma nel II secolo, da una nobile famiglia, era una fanciulla sensibile alle necessità dei poveri, che aveva deciso di donarsi interamente, offrendo anche la sua verginità, a Dio. Cecilia fu data in sposa a un uomo di nome Valeriano, e a questo proposito un episodio della sua vita è all’origine della sua fama di patrona dei musicisti: si narra che, mentre ella andava in sposa a Valeriano, e mentre si sentivano suonare gli strumenti musicali, il giorno delle sue nozze, ella nel suo cuore cantava d’amore solo per il Signore. Cecilia comunicò con coraggio a Valeriano che aveva preso la decisione di essere vergine per il Signore, e gli testimoniò la sua fede nel Dio che amava, aiutandolo così a convertirsi al cristianesimo, e nella prima notte di nozze ricevette il Battesimo per mano del pontefice Urbano I, e con lui il fratello di Valeriano Tiburzio. Il giudice Almachio aveva proibito, tra le altre cose, di seppellire i cadaveri dei cristiani, ma i due fratelli convertiti alla fede si dedicavano alla sepoltura di tutti i poveri corpi che incontravano lungo la loro strada. Vennero così arrestati e dopo aver convertito l’ufficiale Massimo che aveva il compito di condurli in carcere, sopportarono atroci torture piuttosto che rinnegare Dio e vennero poi decapitati. Cecilia pregò sulla tomba del marito, del cognato e di Massimo (tutti e tre santi venerati il 14 aprile), anch’egli ucciso perché divenuto cristiano. Alla morte di questi, Almachio volle impossessarsi dei beni dei due fratelli, mandò a prendere Cecilia, la interrogò e la condannò a morte, i suoi carnefici provarono prima a farla morire nel calidarium, un ambiente con vapori bollenti, ma la donna ne uscì illesa, si narra che “la santa invece di morire cantava lodi al Signore. Si decise allora per la decapitazione, e anche in questo caso visse un lungo supplizio perché fu colpita tre volte sul collo, rimase viva ancora tre giorni, e pur non potendo parlare indicò con le dita della mano la Santissima Trinità, il Dio Uno e Trino. Al pontefice Urbano I, recatosi a visitarla, la fanciulla agonizzante lasciò in eredità tutti i suoi beni ai poveri e la propria casa con la preghiera di tramutarla in chiesa; patrona della musica, dei musicisti