a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 14 giugno la chiesa festeggia sant’Eliseo profeta, vissuto tra il IX e l’VIII secolo a.C. Eliseo era un ricco possidente, originario di Abelmeula, figlio di Safàt un ricco agricoltore, e divenne discepolo del profeta Elia, dopo che questi aveva ricevuto una profezia sul Monte Oreb (Sinai) nella quale Dio gli diceva appunto di aver scelto Eliseo come suo erede spirituale. Lungo la via dal Sinai alla città di Damasco, Elia incontrò Eliseo che stava arando con dodici paia di buoi e conduceva la dodicesima coppia. Eliseo era un uomo deciso e lo dimostra la prontezza con cui rispose al gesto simbolico di Elia che, per ordine di Jahvé, lo consacrava profeta e suo successore. Elia lo raggiunse e gli pose il suo mantello sulle spalle, in segno di presa in carico della sua persona. Eliseo comprese il significato del gesto e chiese solo di salutare i suoi genitori. Poi Eliseo prese un paio di buoi, li uccise e li macellò; ne fece cucinare la carne con il fuoco acceso dalla legna del giogo; quindi ne offrì da mangiare al suo popolo. Il gesto di Eliseo voleva dimostrare a Elia che era pronto a rinunciare a ogni suo bene per adempiere al disegno divino. Così Elia adottò Eliseo come un figlio e lo investì del suo ruolo profetico. Eliseo fu il principale discepolo di Elia, finché quest’ultimo non fu rapito in cielo, sopra un cocchio fiammeggiante, mentre percorreva la strada per Gèrico. Addolorato raccolse il mantello che era caduto a Elia e con questo percosse le acque del Giordano chiedendo a Dio dove fosse mai Elia. Le acque del Giordano si divisero in due parti permettendo a Eliseo di attraversarlo e giunse a Gèrico dove fu riconosciuto come il vero erede di Elia. In questa città compì il miracolo di guarire con del sale e dell’acqua la sua terra arida. Dopo il transito a Bethel, dove la popolazione adorava un vitello d’oro, Eliseo fu schernito da un gruppo di bambini per la sua calvizie. Egli li maledisse per tale offesa e Dio provvide a inviare due orse, miracolosamente apparse dalla foresta, che massacrarono 42 fanciulli tra coloro che avevano osato prendersi gioco del profeta. Prima di stabilirsi in Samaria, rimase per un pò sul Monte Carmelo. Morì, intorno al 790 a.C. e venne sepolto nei pressi di Samaria, senza lasciare scritti.
14 giugno: san Metodio Siculo, nacque a Siracusa alla fine dell’VIII secolo, da una famiglia benestante. Venne inviato molto giovane a Costantinopoli per proseguire gli studi in diritto. Invece qualche anno dopo, sotto l’influenza di un monaco, entrò in un monastero della Bitinia e si fece monaco. Fondò quindi un monastero nell’isola di Chio nell’Egeo. Durante l’impero di Leone V l’Armeno riprese vigore la persecuzione iconoclasta, che voleva distruggere tutte le immagini sacre e cancellare la venerazione dei santi al tempo dell’imperatore Leone Isaurico. Alcuni cristiani temevano che il culto delle immagini potesse portare alla superstizione, ma Metodio, come san Giovanni Damasceno prima di lui, argomentò che le statue o le immagini erano, un aiuto alla devozione, un’eredità della tradizione della Chiesa. Coraggiosamente si oppose a questo nuovo attacco; dopo la deposizione e la condanna all’esilio del patriarca Niceforo, Metodio, nell’815, si recò a Roma incaricato dagli altri vescovi di informare papa Pasquale I della situazione, e vi rimase fino alla morte di Leone. Il papa inviò poi una lettera al nuovo imperatore, Michele II detto il Balbuziente, chiedendogli di reinsediare Metodio, legittimo patriarca di Costantinopoli. Nella città, però, infuriava ancora la controversia e al suo arrivo venne accusato di aver spinto il papa a scrivere la lettera, perorando la causa dell’iconodulia: venne allora imprigionato per circa nove anni in condizioni disumane, fino alla morte dell’imperatore. Le condizioni in cui fu costretto a vivere erano spaventose: venne forse rinchiuso in una grotta o in una tomba con due compagni, accusati di furto; quando uno dei due morì fu lasciato imputridire nella cella. Quando fu infine scarcerato era difficile riconoscerlo, ridotto a uno scheletro, calvo, pallido per gli anni trascorsi nelle tenebre, vestito di sudici cenci. Il suo spirito però era intatto, tanto che quando l’imperatore Teofilo, figlio e successore di Michele, rinnovò l’interdetto delle immagini sacre egli coraggiosamente attaccò la venerazione delle immagini imperiali. L’imperatore lo fece fustigare e gettare in carcere con una mandibola rotta; i suoi discepoli tentarono di farlo fuggire la notte stessa. Teofìlo morì, nell’842, e il potere passò nelle mani della vedova, l’imperatrice Teodora, che resse il regno al posto del figlio. Michele III, ancora bambino e soprattutto diede una svolta alla politica della corte schierandosi a favore del culto delle immagini. Cessarono le persecuzioni, gli ecclesiastici in esilio furono richiamati, e nel giro di 30 giorni le icone furono riappese nelle chiese di Costantinopoli; Giovanni Grammatico, il patriarca iconoclasta fu deposto, e Metodio tornò a guidare la sede patriarcale, ancora con un bendaggio che sorreggeva la mandibola fratturata. Il suo patriarcato durò quattro anni: convocò a Costantinopoli un sinodo che riaffermò il culto delle immagini; riportò le reliquie del suo predecessore, il patriarca Niceforo morto in esilio, nella capitale dell’impero, potendo assistere a quale onore gli fu tributato; istituì la festa annuale dell’Ortodossia, che si celebra ancora nella Chiesa ortodossa la prima domenica di Quaresima. Durante il suo breve patriarcato Metodio si dimostrò conciliante con la fazione iconoclasta anche se in alcuni casi dovette ricorrere alla scomunica di monaci irriducibili. Metodio governò la Chiesa di Costantinopoli per quattro anni, fino alla morte. Morì il 14 giugno 846.