Oggi 3 maggio si celebra santi Filippo e Giacomo il Minore, sono festeggiati lo stesso giorno perché le loro reliquie furono deposte insieme nella Chiesa dei Dodici Apostoli a Roma. Filippo conosciuto principalmente attraverso i Vangeli e gli Atti degli Apostoli. Filippo, come Pietro e Andrea, era un pescatore originario di Bethsaida, sulle sponde del lago di Tiberiade; fu tra i primi a seguire Gesù quando questi passò dal suo paese e l disse: «Seguimi». Filippo lo seguì portandosi dietro anche Natanaele al quale egli aveva detto: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth» (Gv 1,43-48). Più tardi, Filippo fu testimone dei miracoli di Gesù, come quello della moltiplicazione dei pani. Ma l’insegnamento più grande del Maestro, Filippo lo provocò con una sua domanda, dopo l’ultima Cena, quando: «Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”» (Gv 14,8-31). Parole che Filippo si porterà dentro nella sua missione (At 8,5-40). La tradizione più comune afferma che Filippo morì crocifisso a Geropoli all’età di 87 anni. Giacomo a differenza di Filippo, non ha quasi parte alcuna nei Vangeli; e gli era, pare, figlio d’Alfeo, e forse cugino di Gesù. Viene detto “Minore” per distinguerlo da Giacomo “Maggiore”, fratello di Giovanni Evangelista e figlio di Zebedeo. La sua parte principale ha inizio dopo l’Ascensione di Gesù e dopo la Pentecoste ed è narrata negli Atti degli Apostoli. In effetti, nella prima Chiesa, Giacomo “Minore” godette d’una particolare autorità. Quando san Pietro venne miracolosamente liberato dalle catene, nella prigione del re Erode, corse a darne notizia, per primo all’apostolo Giacomo. San Paolo, dopo la conversione, tornando a Gerusalemme, si diresse subito alla casa di Giacomo, per ricevere istruzioni. E dopo il suo ultimo viaggio in missione, lo stesso Paolo farà la sua precisa relazione proprio nella casa di Giacomo, dove gli altri Apostoli si sono radunati. Anche gli Ebrei avevano grande ammirazione per la figura di questo Galileo, primo vescovo cristiano di Gerusalemme. Qui fondò una comunità di cristiani, operando sempre numerose conversioni. Eppure anch’egli cadde vittima della persecuzione o meglio di una specie di sommossa, durante la quale Giacomo venne portato su un punto elevato del Tempio, perché rinnegasse la sua fede in Gesù, dinanzi al popolo. Alla leale e animosa risposta di Giacomo, molti, anche tra gli ebrei, resero gloria al Signore, ma i Farisei, esasperati dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito, fecero precipitare Giacomo dall’alto del Tempio di Gerusalemme. Era l’anno 63, e anche fra gli Ebrei, i più saggi e giusti si dolsero di quella uccisione voluta da pochi facinorosi ed eseguita da una folla eccitata.
3 maggio: san Stanisław Soltys detto Kazimierczyk (in italiano Stanislao Casimiritano), nacque a Kazimierz (Polonia) il 27 settembre 1433, da una famiglia impegnata nella vita religiosa, dai quali ricevette un’intensa educazione cristiana. Freque ntò dapprima la scuola parrocchiale del «Corpus Christi» di Kazimierz, quindi conseguì la laurea in teologia all’Università Jagellonica di Cracovia, dove studiò fino all’età di 23 anni. Nel 1456 entrò nella Prepositura dei Canonici Regolari Lateranensi del «Corpus Christi», congregazione che aveva conosciuto fin dall’infanzia, dove pronunciò i voti religiosi. Ordinato sacerdote, fu nominato predicatore della medesima chiesa, “lettore”, maestro dei novizi e vice-priore della comunità. Si dedicò con grande zelo ai compiti affidatigli, praticando uno stile di vita molto rigoroso e mortificato. La Santa Messa era sempre per lui un evento estremamente importante, da essa cominciava ogni mattina le sue giornate. Si distingueva, anche, per la devozione alla Passione di Cristo, alla Madonna, a san Stanislao martire, suo patrono, e soprattutto all’Eucaristia, che costituiva la caratteristica eminente della sua spiritualità e che egli indicava instancabilmente nella sua predicazione come il centro della vita cristiana di ogni battezzato. Molta gente accorreva a lui, attratta dal particolare carisma che egli esplicava nel ministero della confessione e della direzione spirituale; anche i poveri e i malati potevano contare sulle sue generose premure. Famosa era anche la sua eloquenza nel predicare, che gli permise, grazie alle ferventi omelie piene di zelo, di raccogliere una grande abbondanza di grano fra le anime. Stanisław fu anche un educatore dei giovani religiosi, ai quali cercava sempre di inculcare un amore per il Santissimo Sacramento simile al suo. Per questo, i giovani monaci, lo avevano in grande stima e gli concedevano la propria fiducia perché non solo insegnava loro la dottrina cristiana, ma cercava, con successo, di testimoniarla con la sua vita. L’impegno con il quale prendeva cura delle cose del convento, la cura e le attenzioni dedicate ai novizi ed ai poveri che bussavano al portoncino, la diligenza con la quale preparava le sue omelie, la dedizione nell’ascoltare le confessioni e infine la sua schietta e fervente devozione, gli procuravano una grande stima, un grande rispetto che generavano negli altri una grande fama di santità. Nel 30esimo anno della sua vita da monaco, dopo la Quaresima, Stanisław, che era in condizione molto debole, inaspettatamente si ammalò. L’infezione era molto seria. Affidandosi alla Divina misericordia durante una profonda preghiera, Stanisław vide Gesù Risorto e la Madonna. Gesù gli disse: «Alzati e affrettati figlio mio, Stanisław! Oggi sarai con me nella gloria eterna». Dette queste parole, anche se debole, Stanisław cominciò a lodare Dio con voce così forte che molti frati corsero alla sua cella. Allora chiese di ricevere i sacramenti. Li salutò ponendo le mani sulle loro teste: pregò per ognuno e li benedì. Poi cadde dal letto in ginocchio, con il suo ultimo fiato e le mani alzate, affidò la sua anima a Cristo. Morì il 3 maggio 1489, a 55 anni.