Oggi 25 maggio la chiesa celebra san Gregorio VII (Ildebrando Aldobrandeschi di Soana), 157º papa della Chiesa, nacque a Soana nel 1010-1020, da una famiglia di modesta estrazione. In giovane età fu avviato alla vita ecclesiastica e venne inviato a studiare a Roma, dove un suo zio era abate del monastero di santa Maria sull’Aventino. Qui conobbe Giovanni Graziano (futuro Gregorio VI), che quando l’imperatore Enrico III lo esiliò in Germania, nel 1047, Ildebrando lo seguì. A Colonia, dopo la morte di Gregorio VI, nell’Abbazia di Cluny fu in grado di continuare gli studi. In questo periodo entrò in contatto con i circoli più vivi della riforma ecclesiastica. Qui conobbe Brunone di Toul, futuro papa Leone IX. Su sua richiesta Ildebrando tornò a Roma dove cominciò una rapida carriera ecclesiastica e lo nominò abate, nel 1050, del monastero di San Paolo fuori le mura a Roma. Morto Leone IX, Ildebrando continuò ad avere una certa importanza anche sotto i pontefici Vittore II, Stefano X, Niccolò II; tale importanza crebbe molto sotto il successore di Niccolò II, Alessandro II, ch’egli spinse a un’attività sempre più intensa diretta alla riforma della Chiesa e alla liberazione della Chiesa stessa da ogni soggezione al potere laico. Ildebrando apparve sempre più come l’anima della politica della Curia agli occhi dei suoi contemporanei. Alla morte di Alessandro II, il 21 aprile 1073, la voce unanime del popolo designò pontefice Ildebrando che prese il nome di Gregorio VII, il 22 aprile. Solo il 22 maggio ricevette l’ordinazione sacerdotale, e il 30 giugno la consacrazione episcopale. Egli iniziò subito il suo programma di riforma della Chiesa, la cosiddetta “riforma gregoriana”, con piena consapevolezza della dignità pontificale. Convocò il suo primo concilio a Roma, nel 1074, che riprese e continuò la lotta contro il clero simoniaco e concubinario, emanando disposizioni che suscitarono vivi contrasti in Germania, in Francia e in Inghilterra. Un altro concilio, nel 1075, ribadì le decisioni prese l’anno precedente, punì gli ostinati e i ribelli, e sancì infine, con una decisione assai grave, la proibizione dell’investitura laica. Questi sentimenti ebbero la loro espressione nelle formule energiche e precise del Dictatus papae composto tra il 1075 e il 1076 e costituito di 27 tesi; in esso si afferma la superiorità del papato su ogni autorità terrena e la sua indipendenza completa da ogni potere. Enrico IV non accettò le decisioni del pontefice e seguitò a concedere investiture in cambio di denaro, così Gregorio VII pronunciò la sentenza di scomunica contro il re tedesco, lo spogliò della dignità reale. L’imperatore però si presentò, nel 1077, in veste di penitente a Canossa, castello della contessa Matilde di Toscana, dove allora si trovava Gregorio VII, e ottenne l’assoluzione dal pontefice, mentre la piena reintegrazione nei suoi poteri era condizionata al consenso dei grandi dell’Impero. Poiché costoro si opposero con le armi, Enrico IV li batté più volte, né desistette dalla lotta quando fu colpito di nuovo dalla scomunica lanciatagli da Gregorio VII e da un concilio a Roma, del 1080. Enrico allora piombò in Italia, dove trovò alleati anche fra gli ecclesiastici, si spinse fino a Roma, ponendovi un antipapa, Clemente III, e costringendo Gregorio VII a tenersi chiuso in Castel Sant’Angelo. Tale azione da parte di Enrico IV determinò, grazie anche all’amicizia di Matilde, l’alleanza di Gregorio VII con Roberto il Guiscardo, questi reputò necessaria l’alleanza con il papa, dal quale vide finalmente riconosciuta e accettata la sua politica antibizantina. E proprio da milizie normanne Gregorio VII fu liberato a Roma, quando Enrico IV e l’antipapa riapparvero minacciosi; Gregorio VII pensò di lasciare la città ai Normanni che la saccheggiarono e si ritirò a Salerno. Qui Gregorio VII morì nell’amarezza della solitudine. Le sue ultime parole furono: «Ho amato la giustizia, ho odiato l’iniquità, perciò muoio in esilio» (Salmo 45). Morì il 25 maggio 1085.
25 maggio: santa Maria Maddalena de’ Pazzi (al secolo Caterina de’ Pazzi), nacque a Firenze il 2 aprile 1566, da una delle famiglie più in vista della nobiltà fiorentina. Religiosa fiorentina dell’Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo, a soli sedici anni entra in monastero e i primi cinque anni di vita monastica sono i più noti della biografia della santa, “Astrazioni”, “rapimenti”, drammatizzazioni di episodi evangelici, si intrecciavano con la vita ordinaria della giovane carmelitana, visse spesso una profonda meditazione della Sacra scrittura riflettendo particolarmente sulla Trinità, le sue consorelle annotarono le sue parole, i suoi gesti e molte lettere, finalizzate alla riforma della Chiesa in relazione con l’opera di rinnovamento promossa dal Savonarola, la sua spiritualità influenzò profondamente la società fiorentina del Seicento.