a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 10 dicembre la chiesa celebra la Beata Vergine Maria di Loreto, la tradizione popolare racconta che nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre del 1294 le pietre della casa di Nazareth vennero trasportate in volo dagli angeli. Il 10 maggio 1291 degli angeli lasciarono la casa a Tersatto (odierna Croazia); furono dei boscaioli, stupiti, a trovare la piccola dimora. In quel luogo, però, i pellegrini erano spesso preda di ladri e malfattori; così, tre anni e sette mesi dopo (1294), gli angeli ripresero la casa di Nazareth e con essa si alzarono in volo. Attraversarono l’Adriatico e appena giunti nelle Marche la posarono nei pressi di Ancona, nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Santa Maria Liberatrice di Posatora, il cui nome la tradizione fa derivare proprio da questo evento: posa-et-ora (fermati e prega). La Santa Casa restò in quel luogo nove mesi; poi gli angeli la sollevarono nuovamente e la posarono nei pressi di Porto Recanati, in località “Banderuola”, dove ancora oggi sorge una chiesetta, ove era una selva di proprietà di una nobildonna di Recanati dal nome Loreta, per cui i pellegrini dicevano: «Andiamo dalla Madonna di Loreta» e da tale espressione popolare venne poi dato il nome alla cittadina di Loreto. Nella selva di Loreta, furono dei pastori a vedere una luce abbagliante uscire dalle nubi e, dietro la luce, la casa. Il luogo era però troppo vicino al mare e dunque esposto ai pericoli delle incursioni turche; inoltre anche lì cominciavano ad accorrere malfattori per derubare i fedeli che giungevano in pellegrinaggio. Otto mesi più tardi la Casa è stata nuovamente spostata dagli angeli, su un terreno di proprietà di due fratelli, i conti Simone e Stefano Rinaldi di Antici, che però presto iniziarono ad approfittarsi dei pellegrini e poi anche a contendersi i guadagni. Di nuovo gli angeli, dopo quattro mesi, sollevarono in volo la casa e la posarono, nel dicembre del 1296, al centro della strada che da Recanati va al suo porto, e dunque in un luogo pubblico, che nessuno avrebbe potuto reclamare e sfruttare. Il luogo scelto si trovava sulla cima di una collina (il monte Prodo). In realtà, alcuni studi, e dei documenti ritrovati, hanno confermato che il trasporto avvenne per mare su navi crociate. Infatti, dopo la cacciata dei cristiani dalla Terra santa da parte dei musulmani, un esponente della famiglia Angeli, regnanti dell’Epiro (regione della Grecia), si interessò di salvare la Santa Casa dalla sicura rovina, che fu, dunque, trasportata prima a Tersatto (odierna Croazia), nel 1291, e poi a Loreto il 10 dicembre 1294. Fin dall’inizio del Trecento fu già meta di pellegrinaggio anche per quanti, prendendo la strada costiera, erano diretti a San Michele al Gargano oppure in Terrasanta; il flusso nei secoli XV e XVI diventò enorme fino ad indurre, nel 1520, papa Leone X ad parificare il voto dei pellegrini del Santuario di Loreto a quello di Gerusalemme che, già man mano, Loreto aveva sostituito nelle punte dei grandi pellegrinaggi penitenziali, che vedevano Roma, Santiago di Compostela, Gerusalemme. Il prodigio eclatante della traslazione della Santa Casa attirò anche, a partire dal secolo XV, la peregrinazione di re e regine, principi, cardinali e papi, che lasciarono doni o ex voto per grazie ricevute; a loro si aggiunsero, successivamente, condottieri, poeti, scrittori, inventori, fondatori di Ordini religiosi, filosofi, artisti e oltre futuri santi e beati; patrona dell’aviazione.
10 dicembre: sant’Eulalia di Mérida, nata a Mérida (Spagna) nel 292, da una nobile famiglia cristiana. Fin da bambina dimostrò di possedere una maturità eccezionale; era costantemente immersa nella preghiera. Quando anche sulla Spagna si abbatterono le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, la ragazzina si accorse con grande stupore che molti cristiani, coraggiosamente, preferivano andare incontro alla morte piuttosto che abiurare la loro fede cristiana. Un giorno Eulalia, che nel frattempo aveva compiuto 12 anni, nutre in cuore la segreta speranza di essere annoverata tra coloro che hanno meritato la palma del martirio, fugge nottetempo dal villaggio e si presenta al governatore di Mérida, Daciano, che in quel momento stava processando alcuni cristiani. Anelante e vinta dalla fatica del lungo viaggio, timida e audace allo stesso tempo, gridò: «Cercate dei cristiani? Eccomi». È la sua professione di fede in Cristo. Poi Eulalia si avvicinò a un idolo che si trovava nella stanza, lo staccò dalla parete e lo calpestò. Il governatore ordinò ai soldati di catturare Eulalia e fa un vano tentativo di convincerla a rinnegare la sua fede. Il suo rifiuto di compiere il gesto rituale di culto agli dei e il suo disprezzo contro il giudice e gli dei pagani ne decisero la condanna a morte. Alle torture Eulalia avrebbe resistito con forza sorprendente: nei segni dei colpi ricevuti ella avrebbe visto le testimonianze delle vittorie di Cristo. Quando venne data alle fiamme delle torce, ella si sarebbe lanciata senza esitazione ad inghiottire il fuoco per affrettare il suo trapasso verso la vita eterna. Dalla bocca della martire, secondo il mito, sarebbe fuoriuscita la sua anima in forma di candida colomba. Il miracolo avrebbe messo in fuga i carnefici attoniti. Il corpo straziato di Eulalia, abbandonato in mezzo a una strada, venne ricoperto da un manto di neve come da un lenzuolo di lino, interpretato come un segno di onore da parte della divinità.