a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 3 febbraio la chiesa ricorda san Biagio di Sebaste, nacque a Sebaste (Armenia) intorno al 245 d.C., probabilmente da una nobile famiglia armena. Come era usanza del tempo viene avviato agli studi filosofici e, successivamente, a quelli medici. Biagio si avvicina alla fede a seguito di contatti con alcuni cristiani; vive in un periodo particolare dell’Impero Romano in cui una serie di editti contrastano i seguaci del cristianesimo. Molto probabilmente la conversione di Biagio avviene in questo periodo. È nella zona dell’attuale città di Sivas (allora Sebaste) che si concentra l’attività di Biagio. È proprio in questa zona che Biagio, convertito alla fede cristiana, si sarebbe distinto per la grande carità d’animo e per le sue opere di misericordia che operava verso i deboli, i malati e i moribondi. Biagio venne nominato vescovo della sua città, Sebaste, nell’anno 285 d.C., tale investitura avvenne per acclamazione comune di clero e popolo; accettò tale incarico consapevole di mettere ancora più a rischio la sua vita, noncurante dei pericolosi editti contro i cristiani. Sotto il Governatorato di Licinio, nonostante l’Editto di Milano del 313 (noto come editto di Costantino), che concedeva a tutti i cittadini la libertà di onorare le proprie divinità, vennero perpetrate una serie di stragi nei confronti dei cristiani di una ferocia inaudita; un vero e proprio accanimento contro i fedeli in Cristo sotto il quale cadrà anche Biagio. A seguito di queste persecuzioni San Biagio visse, buona parte del suo incarico ecclesiale, nascosto in una caverna nei pressi di Sebaste in compagnia di animali selvatici, che, come vuole la tradizione, egli guariva con la sola parola. In questo luogo inospitale alcune persone andavano a trovarlo per portagli cibo e soprattutto per ricevere benedizioni. Accadde che i soldati romani scoprirono la grotta in cui era nascosto, lo catturarono e lo condussero in città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana. Durante la detenzione Biagio fu flagellato, torturato con una macchina che stirava i muscoli e le ossa infliggendo atroci supplizi e gli vennero strappati pezzi di carne viva con dei pettini di ferro arroventati, che si usano per cardare la lana. Tutto ciò affinché rinnegasse il proprio Dio e professasse la fede dei romani. Non avendo ottenuto nulla da tali torture venne legato ad un palo e annegato in un lago, ma Biagio invece di annegare camminò miracolosamente sulle acque retto da una schiera di angeli accorsi in suo aiuto; a questo punto Agricolao, oltraggiato dalla resistenza della fede in Dio di Biagio, lo fece decapitare, insieme a lui vennero decapitate anche 7 donne e due fanciulli perché avevano raccolto il sangue che sgorgava dal corpo del Santo. Morì il 3 febbraio 316 d.C.; patrono degli specialisti otorinolaringoiatri.
3 febbraio: santi Simeone e Anna, era un ebreo, “uomo giusto e timorato di Dio”, che compare nel Vangelo secondo Luca (2, 22-35). Il Vangelo ci racconta che quando Gesù fu presentato al Tempio, i suoi genitori Giuseppe e Maria incontrarono Simeone e Anna. Simeone era un anziano a cui lo Spirito Santo aveva preannunziato che avrebbe visto il Messia. Simeone prese tra le braccia Gesù bambino e rese gloria a Dio con la preghiera tramandatasi come Nunc dimittis: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2, 29-32). Egli inoltre profetizzò a Maria la sua partecipazione alle vicende dolorose della vita del figlio Gesù. I santi sono spesso ricordati nell’anniversario della morte (dies natalis), e per questo la festa di Simeone è il 3 febbraio, giorno successivo al suo incontro con Gesù, giorno in cui secondo la tradizione sarebbe morto. La profetessa Anna è una figura biblica che compare solo nel Vangelo secondo Luca (2, 36-38). Di lei non si sa molto, se non quello che ci viene detto nei tre versetti suddetti. È descritta sposata per sette, poi, anziana vedova di 84 anni, figlia di un certo Fanuele della tribù di Aser, la quale, non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio continuamente attraverso digiuni e preghiere. Simeone e Anna rappresentano l’attesa di tutto Israele, comprendono che quel bambino è il Messia atteso perché i loro occhi sono puri, la loro fede è semplice e perché, vivendo nella preghiera e nell’adesione alla volontà del Padre, hanno conquistato la capacità di riconoscere la ricchezza dei tempi nuovi.
3 febbraio: sant’Oscar, nacque ad Amiens (Francia) l’8 settembre 801, da piccolo entrò nell’abbazia di Corbie dove venne educato ed era diventato monaco. Successivamente venne inviato a Corvey in Sassonia come direttore della scuola dell’omonima abbazia, fondata dai monaci di Corbie. Nell’826 accompagna in Danimarca il nuovo re Harald, che ha appena ricevuto il battesimo e che lo sostiene agli inizi della predicazione, ma l’anno seguente dovette abbandonare, la Danimarca e con lui l’abbandona Oscar. Nell’829 viene inviato missionario in Svezia col monaco Vittmaro. Qui il re Björn gli lascia predicare liberamente il Vangelo ai pochi cristiani (perlopiù stranieri, prigionieri di guerra) e alla gente del luogo. In un anno e mezzo di lavoro il risultato sembra promettente: per questo l’imperatore Lodovico il Pio (figlio e primo successore di Carlo Magno) incoraggia la nascita di una struttura ecclesiastica con sede ad Amburgo, che era territorio imperiale. Nominato, nell’831, vescovo di Amburgo da papa Gregorio IV, divenne legato pontificio per la Svezia e la Danimarca. Nel giugno 840 muore l’imperatore Lodovico il Pio, l’impero dei Franchi carolingi si frantuma; e intanto le incursioni dei Normanni, devastano l’Europa settentrionale. Nello sconvolgimento crolla tutto ciò che Oscar stava avviando, e nell’845 i Normanni piombano addirittura su Amburgo, dove lui fa appena in tempo a salvare le reliquie della sua chiesa. Va in rovina anche la missione in Svezia, avversata da molti che non amano la “religione degli stranieri”. Ma lui non rinuncia. Dopo alcuni anni trascorsi a Brema (Germania), eccolo arrivare di persona in Svezia, perché non ha nessuno da mandare. Il re Olaf autorizza la predicazione cristiana, ma i buoni predicatori non ci sono. La sua presenza migliora le cose anche in Danimarca, grazie ai buoni rapporti del re Horik con Lodovico il Germanico, figlio di Lodovico il Pio, e padrone del territorio tedesco. Ma sono risultati temporanei, troppo minacciati dalla politica. Tornato nei suoi ultimi anni a Brema, Oscar non vede realizzato il sogno di un profondo radicamento cristiano al Nord. Ma per questo sogno ha messo serenamente in gioco la sua vita intera, continuando a seminare fra i temporali, con ostinatissima speranza, perciò è definito l’“apostolo degli scandinavi”. Morì a Brema il 3 febbraio 865.