SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,

 

a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, la vita di Balbina ci è pervenuta tramite due tradizioni agiografiche: la “Passio Alexandri”, del VI secolo, che confonde papa Alessandro I con l’omonimo martire della via Nomentana; e la “Passio ss. Balbinae et Hermetis”. La leggenda narra che la figlia di Quirino, un tribuno nell’esercito romano, al quale era stato ordinato di tenere in prigione a causa della loro fede cristiana papa Alessandro I e un uomo di nome Hermes. Poi convertitosi, Quirino chiese al papa di guarire sua figlia Balbina che aveva una grande gozzo. Papa Alessandro gli chiese di portargli la figlia al suo cospetto, così SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,Quirino rapidamente tornò a casa e portò la figlia al carcere dove era rinchiuso il papa; entrambi si inginocchiarono davanti a lui in segno di riverenza. Poiché Balbina baciava gli anelli delle catene con le quali il papa era legato, quello le disse: «Non baciare queste catene, ma vai a trovare quelle di san Pietro e, una volta che le hai trovate, baciale con devozione e presto guarirai». Quirino sapeva dove Pietro era stato detenuto prima del suo martirio e immediatamente prese Balbina con sé, la portò lì e la fanciulla subito guarì. Quirino rilasciò papa Alessandro e Hermes liberi. Insieme con la moglie e la figlia fu battezzato dal papa. Quirino fu poi arrestato come cristiano e martirizzato con la decapitazione il 30 marzo 116. Fu sepolto nella Catacombe di Pretestato sulla Via Appia. La sua tomba fu poi considerata con grande venerazione ed è indicato nelle antiche guide per i pellegrini delle catacombe romane. Non è noto cosa è successo a Balbina dopo la morte di suo padre: secondo una versione fu arrestata insieme a suo padre nel 116 e decapitata dopo lunghe torture; ma secondo altri racconti visse come un suora vergine fino alla sua morte. Per le sue ricchezze e per la sua nobiltà fu domandata in sposa da molti giovani, ma ella volle rimanere fedele al suo voto di verginità. Poi nel 130 fu riconosciuta colpevole di essere cristiana e condannata a morte dall’imperatore Adriano, dopo non pochi tormenti fu decapitata.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo: san Beniamino di Persia, vissuto in Persia verso il 400 d.C. Anche il re persiano Iezdegerd I, adoratore del fuoco e del sole, perseguitava i cristiani, e il diacono di Ergol (Persia) Beniamino fu da lui tenuto in carcere per due anni. Doveva essere un personaggio importante, anzi addirittura popolare, perché l’ambasciatore dell’imperatore romano Teodosio il Grande, che negoziava un trattato di pace con il re persiano, pose tra te condizioni anche quella di liberare l’illustre prigioniero. Il re Iezdegerd I, a sua volta, fece una controproposta, avrebbe liberato Beniamino se questi si fosse impegnato a cessare del tutto la sua opera di apostolato tra i persiani; e in questo senso parlò al prigioniero. La risposta dell’intrepido cristiano, fu: «Non posso chiudere agli uomini le fonti della Grazia del mio Dio, finché sarà in mio potere, illuminerò coloro che sono ciechi, mostrando loro la luce della verità. Non farlo, sarebbe incorrere nei castighi riserbati a coloro che nascondono i talenti del loro padrone». Si riferiva alla parabola evangelica del padrone che dà ai suoi servi i talenti d’oro, e in queste parole precise e decise, egli tracciava la linea di condotta di ogni cristiano, che non è solo depositario e custode dell’oro della verità, ma deve metterlo a frutto, donarlo al prossimo, insegnando e illuminando. Fu liberato, malgrado queste sue ferme parole, per la pressione dell’ambasciatore romano; ma Beniamino non perse tempo nei timori, e, come aveva dichiarato, riprese subito a istruire e a battezzare gli adoratori del fuoco. Il re persiano, libero dalla parola data, poté così di nuovo catturarlo, e accusato di aver incendiato un “pireo” (tempio dedicato al culto del fuoco); gl’impose di rinnegare la fede, sacrificando al simulacro del sole. I romani, come si sa, giustiziavano i condannati, secondo l’uso militare, decapitandoli con la spada. I persiani, invece, come molti altri popoli orientali, escogitavano di volta in volta atroci supplizi con i quali finivano i loro prigionieri. E di raffinata atrocità fu anche il supplizio riserbato a Beniamino, che ebbe il corpo trapassato da spilloni e sotto le unghie di bacchette di legno acuminate. Beniamino morì, verso il 420, per le orribili ferite riportate.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo: san Guido di Pomposa (Guido degli Strambiati), nacque a Casamari (Ravenna) nel 970, da giovane si dedicò allo studio delle arti liberali e nella musica, senza alcuna intenzione di entrare nella Chiesa. Deciso ad abbandonare lo stato laicale per dedicarsi a una qualche forma di vita religiosamente impegnata, Guido si recò in pellegrinaggio a Roma, da dove avrebbe voluto raggiungere la Terrasanta. Questo progetto non si realizzò; Guido si trattenne a Roma per diverso tempo, ricevette la tonsura ed entrò a far parte del clero romano. Fece poi ritorno a Ravenna per abbracciare lo stato monastico sotto la guida del monaco eremita Martino, abate di Pomposa. Alla scelta di Guido di mettersi alla scuola di Martino non era probabilmente estranea la fama di cui il pio eremita godeva anche fuori dell’ambiente locale, se è vera la notizia che il suo incarico a Pomposa era stato voluto dalla Curia pontificia. Il monastero di Pomposa, di osservanza benedettina, risentiva nella sua organizzazione dei principi della riforma monastica di san Romualdo che prevedeva, accanto al cenobio, l’esistenza di un eremo nel quale i monaci più zelanti ed esperti, desiderosi di compiere un’esperienza religiosa in solitudine e raccoglimento, potessero ritirarsi a vivere per qualche tempo, continuando a far parte della comunità monastica. L’abate Martino guidò Guido nei suoi primi anni di formazione monastica, che si svolse sia nell’eremo sia nel cenobio; qui ricoprì diversi uffici e incarichi, acquistando una diretta conoscenza dei meccanismi di funzionamento di un ente monastico. Nel 1001 Guido divenne abate, secondo alcuni priore, del monastero di San Severo in Classe di Ravenna. La sua virtù e il suo impegno nel promuovere l’esatta osservanza della regola gli attirarono l’ostilità di alcuni monaci insubordinati, i quali riuscirono a convincere il vescovo di Ravenna a deporlo dalla carica. Guido non reagì, ma intensificò il digiuno e la preghiera. Il presule, quando giunse al monastero per procedere alla destituzione, si rese conto di come stavano le cose e confermò Guido nella carica. Sotto la sua guida, il monastero fiorì e divenne uno dei più importanti del nord Italia, conoscendo un periodo di grande sviluppo, sia nella costruzione di nuovi edifici, che per l’influenza culturale e spirituale. La centralità culturale e politica di Pomposa sotto Guido è testimoniata anche dagli intensi rapporti con l’aristocrazia, fra i quali sono particolarmente significativi quelli con il marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde di Canossa. Con l’elezione di Enrico III nel 1045 il coinvolgimento di Guido nel progetto imperiale di riforma divenne pieno e aperto. La collaborazione fra Enrico e i monasteri emiliani e romagnoli, tra cui soprattutto Pomposa, ebbe poi importanza notevolissima nella politica italiana del sovrano l’anno successivo, quando per la prima volta scese in Italia per essere incoronato e per risolvere i gravissimi problemi della cattedra pontificia, contesa in quel momento da tre papi. Una missione venne inviata a Guido per sollecitare un incontro personale con il sovrano in occasione del suo viaggio in Italia. Alla Dieta convocata da Enrico a Pavia fu infatti espressamente invitato anche G., che si mise in viaggio ma, ormai anziano, si ammalò lungo la strada. Morì a Borgo San Donnino (attuale Fidenza) il 31 marzo 1046.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo:  beato Daniele d’Ungrispach, nacque a Cormons (Gorizia) attorno al 1344 da una antica famiglia signorile, gli Ungrispach. Trasferitosi, a 16 anni, a Pordenone, dove sposò, nel 1364 a circa 20 anni, Orsina Ricchieri, della più potente famiglia di Pordenone, e ha da lei una figlia, Lucia, andata poi sposa, nel 1384, al nobile Giacomo Spelladi. Si dedicò all’attività di mercante tra la sua città e Venezia. Diventando sempre più autorevole nella vita sociale pordenonese sino a divenire Podestà del Comune (carica corrispondente all’attuale di sindaco) dal duca d’Austria, al cui dominio la città appartiene, il 24 settembre 1384. Devotissimo, assiduo alla pratica religiosa, tutto carità ai poveri, Daniele sentì forte l’attrattiva alla vita spirituale, amava trascorrere momenti di ritiro fra i monaci camaldolesi di San Mattia a Murano (Venezia), così, nel 1392, decise di lasciare la famiglia, di comune accordo con la moglie, e chiede e ottiene di essere accolto come monaco camaldolese. Il gesto gli fu suggerito dal suo desiderio di perfezione, per vivere la spiritualità di quei monaci, con i quali intratteneva rapporti di amicizia da non pochi anni, quando si recava a Venezia a motivo dei suoi affari commerciali. Condivide la vita dei monaci, senza voti e senza obbligo di clausura. Esercita ancora la mercatura, ma per soccorrere i poveri ed essere di sostegno ai monaci. Di tanto in tanto torna anche a Pordenone, per adempiervi i doveri familiari e civili. Daniele fu un benefattore verso molti luoghi sacri veneziani e risultava procuratore della chiesa di San Marco della sua città di Pordenone. Morì il 31 marzo 1411, strangolato nel sonno, a scopo di rapina, da ignoti malviventi, nella sua cella del monastero di Murano.
Oggi 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, la vita di Balbina ci è pervenuta tramite due tradizioni agiografiche: la “Passio Alexandri”, del VI secolo, che confonde papa Alessandro I con l’omonimo martire della via Nomentana; e la “Passio ss. Balbinae et Hermetis”. La leggenda narra che la figlia di Quirino, un tribuno nell’esercito romano, al quale era stato ordinato di tenere in prigione a causa della loro fede cristiana papa Alessandro I e un uomo di nome Hermes. Poi convertitosi, Quirino chiese al papa di guarire sua figlia Balbina che aveva una grande gozzo. Papa Alessandro gli chiese di portargli la figlia al suo cospetto, così SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,Quirino rapidamente tornò a casa e portò la figlia al carcere dove era rinchiuso il papa; entrambi si inginocchiarono davanti a lui in segno di riverenza. Poiché Balbina baciava gli anelli delle catene con le quali il papa era legato, quello le disse: «Non baciare queste catene, ma vai a trovare quelle di san Pietro e, una volta che le hai trovate, baciale con devozione e presto guarirai». Quirino sapeva dove Pietro era stato detenuto prima del suo martirio e immediatamente prese Balbina con sé, la portò lì e la fanciulla subito guarì. Quirino rilasciò papa Alessandro e Hermes liberi. Insieme con la moglie e la figlia fu battezzato dal papa. Quirino fu poi arrestato come cristiano e martirizzato con la decapitazione il 30 marzo 116. Fu sepolto nella Catacombe di Pretestato sulla Via Appia. La sua tomba fu poi considerata con grande venerazione ed è indicato nelle antiche guide per i pellegrini delle catacombe romane. Non è noto cosa è successo a Balbina dopo la morte di suo padre: secondo una versione fu arrestata insieme a suo padre nel 116 e decapitata dopo lunghe torture; ma secondo altri racconti visse come un suora vergine fino alla sua morte. Per le sue ricchezze e per la sua nobiltà fu domandata in sposa da molti giovani, ma ella volle rimanere fedele al suo voto di verginità. Poi nel 130 fu riconosciuta colpevole di essere cristiana e condannata a morte dall’imperatore Adriano, dopo non pochi tormenti fu decapitata.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo: san Beniamino di Persia, vissuto in Persia verso il 400 d.C. Anche il re persiano Iezdegerd I, adoratore del fuoco e del sole, perseguitava i cristiani, e il diacono di Ergol (Persia) Beniamino fu da lui tenuto in carcere per due anni. Doveva essere un personaggio importante, anzi addirittura popolare, perché l’ambasciatore dell’imperatore romano Teodosio il Grande, che negoziava un trattato di pace con il re persiano, pose tra te condizioni anche quella di liberare l’illustre prigioniero. Il re Iezdegerd I, a sua volta, fece una controproposta, avrebbe liberato Beniamino se questi si fosse impegnato a cessare del tutto la sua opera di apostolato tra i persiani; e in questo senso parlò al prigioniero. La risposta dell’intrepido cristiano, fu: «Non posso chiudere agli uomini le fonti della Grazia del mio Dio, finché sarà in mio potere, illuminerò coloro che sono ciechi, mostrando loro la luce della verità. Non farlo, sarebbe incorrere nei castighi riserbati a coloro che nascondono i talenti del loro padrone». Si riferiva alla parabola evangelica del padrone che dà ai suoi servi i talenti d’oro, e in queste parole precise e decise, egli tracciava la linea di condotta di ogni cristiano, che non è solo depositario e custode dell’oro della verità, ma deve metterlo a frutto, donarlo al prossimo, insegnando e illuminando. Fu liberato, malgrado queste sue ferme parole, per la pressione dell’ambasciatore romano; ma Beniamino non perse tempo nei timori, e, come aveva dichiarato, riprese subito a istruire e a battezzare gli adoratori del fuoco. Il re persiano, libero dalla parola data, poté così di nuovo catturarlo, e accusato di aver incendiato un “pireo” (tempio dedicato al culto del fuoco); gl’impose di rinnegare la fede, sacrificando al simulacro del sole. I romani, come si sa, giustiziavano i condannati, secondo l’uso militare, decapitandoli con la spada. I persiani, invece, come molti altri popoli orientali, escogitavano di volta in volta atroci supplizi con i quali finivano i loro prigionieri. E di raffinata atrocità fu anche il supplizio riserbato a Beniamino, che ebbe il corpo trapassato da spilloni e sotto le unghie di bacchette di legno acuminate. Beniamino morì, verso il 420, per le orribili ferite riportate.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo: san Guido di Pomposa (Guido degli Strambiati), nacque a Casamari (Ravenna) nel 970, da giovane si dedicò allo studio delle arti liberali e nella musica, senza alcuna intenzione di entrare nella Chiesa. Deciso ad abbandonare lo stato laicale per dedicarsi a una qualche forma di vita religiosamente impegnata, Guido si recò in pellegrinaggio a Roma, da dove avrebbe voluto raggiungere la Terrasanta. Questo progetto non si realizzò; Guido si trattenne a Roma per diverso tempo, ricevette la tonsura ed entrò a far parte del clero romano. Fece poi ritorno a Ravenna per abbracciare lo stato monastico sotto la guida del monaco eremita Martino, abate di Pomposa. Alla scelta di Guido di mettersi alla scuola di Martino non era probabilmente estranea la fama di cui il pio eremita godeva anche fuori dell’ambiente locale, se è vera la notizia che il suo incarico a Pomposa era stato voluto dalla Curia pontificia. Il monastero di Pomposa, di osservanza benedettina, risentiva nella sua organizzazione dei principi della riforma monastica di san Romualdo che prevedeva, accanto al cenobio, l’esistenza di un eremo nel quale i monaci più zelanti ed esperti, desiderosi di compiere un’esperienza religiosa in solitudine e raccoglimento, potessero ritirarsi a vivere per qualche tempo, continuando a far parte della comunità monastica. L’abate Martino guidò Guido nei suoi primi anni di formazione monastica, che si svolse sia nell’eremo sia nel cenobio; qui ricoprì diversi uffici e incarichi, acquistando una diretta conoscenza dei meccanismi di funzionamento di un ente monastico. Nel 1001 Guido divenne abate, secondo alcuni priore, del monastero di San Severo in Classe di Ravenna. La sua virtù e il suo impegno nel promuovere l’esatta osservanza della regola gli attirarono l’ostilità di alcuni monaci insubordinati, i quali riuscirono a convincere il vescovo di Ravenna a deporlo dalla carica. Guido non reagì, ma intensificò il digiuno e la preghiera. Il presule, quando giunse al monastero per procedere alla destituzione, si rese conto di come stavano le cose e confermò Guido nella carica. Sotto la sua guida, il monastero fiorì e divenne uno dei più importanti del nord Italia, conoscendo un periodo di grande sviluppo, sia nella costruzione di nuovi edifici, che per l’influenza culturale e spirituale. La centralità culturale e politica di Pomposa sotto Guido è testimoniata anche dagli intensi rapporti con l’aristocrazia, fra i quali sono particolarmente significativi quelli con il marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde di Canossa. Con l’elezione di Enrico III nel 1045 il coinvolgimento di Guido nel progetto imperiale di riforma divenne pieno e aperto. La collaborazione fra Enrico e i monasteri emiliani e romagnoli, tra cui soprattutto Pomposa, ebbe poi importanza notevolissima nella politica italiana del sovrano l’anno successivo, quando per la prima volta scese in Italia per essere incoronato e per risolvere i gravissimi problemi della cattedra pontificia, contesa in quel momento da tre papi. Una missione venne inviata a Guido per sollecitare un incontro personale con il sovrano in occasione del suo viaggio in Italia. Alla Dieta convocata da Enrico a Pavia fu infatti espressamente invitato anche G., che si mise in viaggio ma, ormai anziano, si ammalò lungo la strada. Morì a Borgo San Donnino (attuale Fidenza) il 31 marzo 1046.

SANT’Oggi. Venerdì 31 marzo la chiesa celebra santa Balbina di Roma, san Beniamino di Persia, san Guido di Pomposa e beato Daniele d’Ungrispach,31 marzo:  beato Daniele d’Ungrispach, nacque a Cormons (Gorizia) attorno al 1344 da una antica famiglia signorile, gli Ungrispach. Trasferitosi, a 16 anni, a Pordenone, dove sposò, nel 1364 a circa 20 anni, Orsina Ricchieri, della più potente famiglia di Pordenone, e ha da lei una figlia, Lucia, andata poi sposa, nel 1384, al nobile Giacomo Spelladi. Si dedicò all’attività di mercante tra la sua città e Venezia. Diventando sempre più autorevole nella vita sociale pordenonese sino a divenire Podestà del Comune (carica corrispondente all’attuale di sindaco) dal duca d’Austria, al cui dominio la città appartiene, il 24 settembre 1384. Devotissimo, assiduo alla pratica religiosa, tutto carità ai poveri, Daniele sentì forte l’attrattiva alla vita spirituale, amava trascorrere momenti di ritiro fra i monaci camaldolesi di San Mattia a Murano (Venezia), così, nel 1392, decise di lasciare la famiglia, di comune accordo con la moglie, e chiede e ottiene di essere accolto come monaco camaldolese. Il gesto gli fu suggerito dal suo desiderio di perfezione, per vivere la spiritualità di quei monaci, con i quali intratteneva rapporti di amicizia da non pochi anni, quando si recava a Venezia a motivo dei suoi affari commerciali. Condivide la vita dei monaci, senza voti e senza obbligo di clausura. Esercita ancora la mercatura, ma per soccorrere i poveri ed essere di sostegno ai monaci. Di tanto in tanto torna anche a Pordenone, per adempiervi i doveri familiari e civili. Daniele fu un benefattore verso molti luoghi sacri veneziani e risultava procuratore della chiesa di San Marco della sua città di Pordenone. Morì il 31 marzo 1411, strangolato nel sonno, a scopo di rapina, da ignoti malviventi, nella sua cella del monastero di Murano.