Conosciuto anche con il soprannome di “Rambo”, Ogais era una figura già nota all’interno dell’istituto penitenziario per il suo comportamento violento. Solo pochi giorni prima, aveva aggredito quattro agenti della Polizia Penitenziaria, causando il loro ricovero in ospedale. Subito dopo l’aggressione, aveva tentato il suicidio, cercando di impiccarsi alla grata della cella con delle lenzuola. In quell’occasione, l’intervento tempestivo di un agente penitenziario gli aveva salvato la vita
Tuttavia, ieri sera, John Ogais è riuscito nel suo intento, mettendo fine alla sua vita, nonostante i precedenti segnali di disagio psichico e il tentato suicidio delle scorse settimane.
La vicenda di Ogais riaccende il dibattito sulle condizioni all’interno delle carceri italiane e la gestione di detenuti con evidenti problemi psichici e comportamentali. Dopo il suo primo tentativo di suicidio, ci si interroga se fossero stati adottati tutte le misure necessarie per prevenire un simile tragico epilogo. L’aggressione agli agenti e il tentato suicidio della scorsa settimana rappresentavano un chiaro segnale di allarme.
Questo evento drammatico pone ulteriori interrogativi sul sovraffollamento e la carenza di personale specializzato nelle carceri italiane, soprattutto in relazione alla gestione di casi particolarmente complessi come quello di Ogais.
La morte di John Ogais sarà ora oggetto di un’indagine per chiarire le dinamiche precise dell’accaduto e verificare se siano stati rispettati tutti i protocolli di sicurezza all’interno della struttura penitenziaria.