Mancano pochi giorni alla fine del 2013, ma il bilancio delle vittime per femminicidio è inesorabilmente e tristemente, destinato ad incrementare. E’ di poche ore fa la notizia dell’ennesima tragedia consumatasi nel Casertano e, manco a dirlo, a pochi giorni dal Natale. Stamane, un insegnante di 39 anni Paolo Prisco ha prima accoltellato la moglie al volto al torace e all’addome e poi si è suicidato; L’uomo è un insegnante di religione in una scuola di Bologna, separato dalla moglie da circa un mese. Il 39enne ha chiuso i figli di 2 e 5 anni in camera per poi colpire la moglie con trenta coltellate prima di lanciarsi nel vuoto dal quarto piano. I due coniugi si erano chiusi in una stanza, ma la donna, quando il marito le si è avventato contro, ha aperto la porta, gridando per chiedere ai bambini di chiamare aiuto. La scena presentata ai soccorritori del 118 è stata agghiacciante, attualmente la donna è ricoverata all’ospedale Moscati di Aversa e son sarebbe in pericolo di vita. Accanto al cadavere dell’uomo i soccorritori hanno trovato la lista della spesa, il Prisco era già noto alle forze dell’ordine in quanto si era reso responsabile di altri episodi di aggressione nei confronti della moglie, che però non lo aveva mai denunciato. Come mai accadono ancora episodi simili, nonostante il robusto sistema normativo di contrasto alla violenza di genere? La domanda è legittima, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore della l.119/2013 anche nota come legge delle tre “p”, prevenzione-protezione-punizione e che ha previsto lo stanziamento di 10 milioni di euro.
Decisamente poca cosa se si considera che, come ha avuto modo di affermare chiaramente la Boldrini, le violenze sulle donne costano allo Stato circa 17 miliardi l’anno tra assistenza medica psicologica, giudiziaria e mancato lavoro. La vicenda descritta ed avvenuta nel casertano tuttavia, mostra tutti i segni di criticità del fenomeno ovvero: la mancata denuncia, una pregressa separazione coniugale mal gestita e non elaborata positivamente dalla coppia, con inevitabili conseguenze sulla prole, la latitanza dello Stato, che troppo spesso interviene sulle famiglie solo per dividere e danneggiare piuttosto che rendere operativi i principi costituzionali in virtù dei quali esso è tenuto a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. Del resto, la non denuncia rappresenta la regola, perché nella maggioranza delle volte l‘autore delle violenze è dentro casa, nel 48% dei casi è il marito, nel 12% è il convivente, nel 23% è l’ex e la tutela degli organi giudiziari preposti se e quando arriva, è sempre e comunque intempestiva. Certamente non v’è “la” soluzione poiché più impegni coordinati e condivisi possono, a lungo termine, giungere ad un timido risultato; immaginare campagne di sensibilizzazione attraverso l’educazione nelle scuole e nelle famiglie, dovrebbe essere un sacrosanto punto di partenza, rispetto al quale lo Stato dovrebbe svolgere il suo ruolo insostituibile di garante. La soluzione non potrà essere dettata da alcuna legge perché il cambiamento deve essere culturale ed improntato al rispetto della parità di sessi.