«Non volevo uccidere i familiari di Vincenzo Sepe, ho sparato per evitare che potessero aggredirmi, per fuggire». Gesticola, suda e si alza continuamente dalla sedia Domenico Aschettino, l’ex guardia giurata che ha già trascorso 24 ore all’interno del carcere di Bellizzi Irpino, sorvegliato a vista dagli agenti della Polizia Penitenziaria. Due ore e mezza di interrogatorio, quello che alla fine si è concluso con la convalida e l’applicazione della misura cautelare in carcere per l’omicida di Lauro. Gravissime le accuse contestate dalla pm Antonella Salvatore e condivise dal Gip Giovanfrancesco Fiore, che nel pomeriggio ha emesso la misura cautelare, quella condensata in sei pagine, per omicidio volontario premeditato con l’aggravante dei motivi futili e abietti per la morte di Vincenzo Sepe, tentato omicidio aggravato nei confronti di Carolina Sepe e Bettina Crisci, entrambe in gravissime condizioni, lesioni gravi aggravate nei confronti di Ferraro Vincenzina e Sepe Orlando. Ma torniamo al racconto dell’omicida, che in più parti non ha convinto il Gip. Aschettino ha raccontato che il sabato precedente aveva avuto questa accesa discussione per motivi di precedenza con Giampiero Siniscalchi ad un incrocio a Lauro. A quanto pare il vigilante sarebbe anche sceso dalla vettura colpendo a calci la Opel Corsa di Siniscalchi (che ha raccontato ai Carabinieri di aver evitato discussioni perchè all’interno del veicolo c’erano la moglie Carolina, incinta alla decima settimana e il bimbo di due anni, che si era anche impaurito per quanto avvenuto). Siamo a sabato 24 agosto. Dopo la discussione, sia Aschettino che i coniugi Siniscalchi tornano a Pignano. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, seguiti da Aschettino, che in modo minaccioso avrebbe fatto accesso nel cortile pertinenziale dell’abitazione di Sepe Vincenzo. Qui, Siniscalchi avrebbe impugnato una sbarra di ferro, colpendo il parabrezza anteriore della vettura Lancia Musa di Aschettino, che per tutta risposta, dopo aver agguantato una grossa pietra, l’avrebbe scagliata sul cofano della Opel Corsa di Siniscalchi.
Successivamente, le due parti si sarebbero incontrate di nuovo nell’ospedale di Nola. Nel frattempo era tornato a casa anche Vincenzo Sepe, il quarantaquattrenne ucciso il giorno dopo da Aschettino. L’omicida racconta che proprio in Ospedale, Sepe gli avrebbe intimato di dover risarcire i danni alla vettura del genero. E da questo primo no, erano successivamente scaturite le prime pesanti minacce. Non solo dal Sepe, ma anche dai due figli. Carmine e Orlando. Secondo il Gip «appare altresì verosimile» la ricostruzione delle altre minacce subite da Aschettino nella giornata di domenica. A partire dalle 13:30, quando Vincenzo Sepe e i figli si sarebbero addirittura recati presso l’abitazione del padre di Aschettino, a Lauro, dove era a pranzo l’ex guardia giurata. Anche in questo caso, Aschettino avrebbe detto no alla richiesta di risarcimento. Poi arriva l’ultimo incontro tra Aschettino Domenico e Sepe Vincenzo, almeno una mezz’ora prima della tragedia. «Li ho incontrati nella Piazzetta di Pignano, c’era lui insieme ai figli Carmine e Orlando e al genero Giampiero Siniscalchi. Gli ho puntato la pistola contro e gli ho detto: non mi insultare più». Stando sempre al racconto di Aschettino, la risposta di Sepe sarebbe stata «Ma chi ti sta insultando, se hai il coraggio spara». L’ex guardia giurata avrebbe desistito, ma mezz’ora dopo, però, si sarebbe compiuta la missione di morte. E Aschettino racconta al Gip: «Ero andato là ma non volevo uccidere altri, sono andato là solo per uccidere Vincenzo». Una tesi che non convince comunque il Gip Fiore. Che proprio dall’interrogatorio di convalida dell’indagato, ha tratto evidenti segni di odio nei confronti di tutto il nucleo familiare di Vincenzo Sepe. In particolare del genero, Giampiero Siniscalchi. Una circostanza che non ha reso credibile al magistrato, neppure la dichiarazione di Aschettino, che per confermare come non volesse fare una strage, ha riferito di non aver consumato e scaricato contro la porta della cucina dei Sepe tutto il serbatoio. «Mi erano rimasti altri sette colpi» avrebbe dichiarato nel corso dell’udienza di convalida l’ex guardia giurata. Ma questo particolare non è stato neanche richiamato nella misura cautelare firmata dal Gip Fiore, proprio a testimonianza di quanto sia ritenuta inverosimile. Per il magistrato, quella consumata con lucidità e con un intervallo di tempo apprezzabile da parte di Aschettino, è una vera e propria «pena capitale». E i motivi per cui essa è stata eseguita sono futili. Litigi, minacce e un incidente stradale. Nulla che possa giustificare quanto avvenuto in Via San Vito.
Esaurita la fase cautelare, con la convalida piena della custodia in carcere, respingendo anche la richiesta del penalista e difensore di Aschettino di applicare una custodia domiciliare fuori regione al suo assistito, si apre però un altro capitolo nella vicenda più sotto l’aspetto processuale. Quello relativo alla possibilità che venga disposta nei confronti dell’Aschettino una consulenza psichiatrica. La difesa avrebbe prodotto un incartamento che documenta come la personalità sociopatica del trentottenne avesse già avuto manifestazioni e soprattutto avesse determinato l’esonero dalla leva per il trentottenne. Ma questa sarà una seconda fase. Anche perchè nelle prossime ore sarà lo stesso Gip a decidere se concedere o meno questa consulenza. Per il momento Aschettino resterà in carcere. Del resto ha reso piena confessione sulla volontà omicidiaria nei confronti di Vincenzo Sepe, che lo aveva sfidato nonostante Aschettino avesse un’arma in pugno. Una decisione che il magistrato assumerà anche sulla scorta del soggetto che ha potuto ascoltare personalmente. E nella misura cautelare emerge come la personalità dell’Aschettino sia emersa in tutta la sua particolarità. Ovviamente, anche per la modalità di estrema violenza con cui è stata consumata l’azione delittuosa, non è stata assolutamente tenuta in considerazione la circostanza rappresentata da Aschettino, che non avrebbe voluto fare strage dell’odiata famiglia Sepe. Anche dalle testimonianze e da quel «ho fatto pulizia» emergerebbe il contrario.