Nulla di fatto per i cittadini di Quindici che fecero ricorso contro il dissesto finanziario del Comune, decretato dal sindaco Eduardo Rubinaccio e dalla sua maggioranza, che avevano chiesto il default per la mole dei debiti trovati all’indomani del suo insediamento. Il Tribunale Amministrativo Regionale ha ritenuto infondate le ragioni dei ricorrenti. Ecco la sentenza:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 2117 del 2015, proposto da: Silvio Santaniello, Clementina Rubinaccio, Orsola Santaniello, Pietro Iannuzzi, Giovanni Santaniello, Nicola De Simone e Aldo Flaviano Santaniello, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Donato Cicenia e Gianfranco Dalia, con domicilio eletto presso Antonio Scuderi in Salerno, Via Velia, n. 96; contro, Comune di Quindici, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gherardo Maria Marenghi, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Velia, n.15;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, pure per legge domiciliata presso la sua sede in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n.58; e con l’intervento di ad opponendum: Adolfo Iannuzzi, Stefano Cava, Salvatore Santaniello, Attilio Siniscalchi, Franco Renzullo, Gianni Renzullo, Antonio Santaniello, Filippo Santaniello, Cosimo Prevete, Sergio Santaniello, Francesco Cava, Pasquale Casalino, Antonio Scibelli e Salvatore Grasso, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Luisa Marrone, con domicilio eletto in Salerno, c.so V.Emanuele, n. 75 c/o Cavaliero; per l’annullamento, previa sospensione, a) della deliberazione del Consiglio Comunale di Quindici n. 10 del 11.08.2015, con la quale è stata disposta la dichiarazione di dissesto finanziario dell’Ente; b) dell’Allegato A della suddetta deliberazione – cd. relazione capogruppo di minoranza avv. Santaniello Liberato; c) dell’Allegato B della suddetta deliberazione – cd. relazione del sindaco di dichiarazione di cui all’art. 246 Tuel; d) dell’Allegato C della suddetta deliberazione – cd. parere prot. n. 445 del 11.08.2015 del responsabile dell’Area economico-finanziaria, se ed in quanto lesivo; e) dell’Allegato D della suddetta deliberazione – cd. relazione del Revisore dei Conti ex art. 246 TUEL prot. n. 4447 del 11.08.2015, se ed in quanto lesivo; f) delibera C.S. n. 35 del 21.05.2015, mai conosciuta, se ed in quanto lesiva, della quale esiste traccia nell’Allegato B alla delibera di C.C. n. 10/2015; g) delibera di G.C. n. 11 del 13.07.2015 (schema di bilancio), mai conosciuta, della quale esiste traccia nell’Allegato B alla delibera di C.C. n. 10/2015; h) nota prot. 4338 del 4.08.2015 (rettifica di riaccertamento dei residui); i) relazione Responsabile Area finanziaria prot. n. 4242 del 29.07.2015, nonché nota prot. 4437 del 10.08.2015, richieste con nota prot. 4115 del 23.07.2015, mai conosciuta, se ed in quanto lesiva, della quale esiste traccia nell’Allegato B alla delibera di C.C. n. 10/2015; l) relazione Responsabile Area tecnica prot. n. 4246 del 29.07.2015, richiesta con nota prot. 4164 del 24.04.2015, mai conosciuta, della quale esiste traccia nell’Allegato B alla delibera di C.C. n. 10/2015; m) relazione Revisore dei conti prot. n. 4304 del 03.08.2015, richiesta con nota prot. 4121 del 23.07.2015, mai conosciuta, se ed in quanto lesiva, della quale esiste traccia nell’Allegato B alla delibera di C.C. n. 10/2015; o) di ogni altro atto preordinato, connesso, consequenziale, comunque lesivo dei diritti e degli interessi legittimi dei ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Quindici e del Ministero dell’Interno; Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Con ricorso notificato il 28 settembre 2015 e ritualmente depositato il 7 ottobre successivo, i sig.ri Adolfo Iannuzzi, Stefano Cava, Salvatore Santaniello, Attilio Siniscalchi, Franco Renzullo, Gianni Renzullo, Antonio Santaniello, Filippo Santaniello, Cosimo Prevete, Sergio Santaniello, Francesco Cava, Pasquale Casalino, Antonio Scibelli e Salvatore Grasso, rappresentati e difesi come in atti, hanno impugnato la deliberazione, meglio distinta in epigrafe, con la quale il Comune di Quindici ha disposto la dichiarazione di dissesto finanziario dell’Ente, dando atto che l’Ente “si trova in condizioni di dissesto in quanto esiste una mole di debiti liquidi ed esigibili almeno pari a euro 302.243,35, ai quali il Comune non può far fornte con le procedure di cui agli artt. 193 e 194 del TUEL in quanto ha già un disavanzo accertato di 1.1.63.629,31”. Avverso tale atto, gli istanti hanno dedotto, sotto distinti e concorrenti profili, i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere, lamentando, in primo luogo, il mancato riferimento, nel corpo del deliberato, alla impossibilità di garantire l’assolvimento dei servizi essenziali, come previsto dall’art. 244 del d.lgs. 267/2000, nonché evidenziando la contrarietà espressa, nelle rispettive relazioni, dal Revisore dei Conti e del Responsabile Finanziario. Hanno, quindi, concluso per l’annullamento, previa sospensiva, degli atti impugnati.
Si è costituito il Comune di Quindici al fine di eccepire la inammissibilità del gravame ed opporre la sua infondatezza.
All’odierna camera di consiglio del 5 novembre 2015, il ricorso, è stato trattenuto in decisione semplificata, rese edotte le parti, sussistendone i presupposti di legge.
L’infondatezza del ricorso rende superflua la disamina di ogni eccezione in rito sollevata da parte resistente, dovendosi riconoscere che la controversia è attratta alla potestas judicandi di questo Giudice in considerazione della natura amministrativa della dichiarazione di dissesto impugnata siccome direttamente ascrivibile all’organo consiliare. L’art. 246 del d.lgs. n. 267/200, infatti, prevede che “La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’art. 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto”. Il Supremo Consesso di G.A. ha avuto modo di soffermarsi su tale disciplina, evidenziando la natura vincolata della decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario e sulla quale ha quindi esercitato il sindacato invocato. L’atto, osserva l’autorevole Collegio, <<non è frutto di una scelta discrezionale dell’ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge, la “valutazione”, richiamata dall’articolo 246, riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico (e costituisce il presupposto logico – giuridico del procedimento di risanamento della riorganizzazione dell’ente e della corretta impostazione delle indispensabili analisi finanziarie ed organizzative per addivenire alla adeguata definizione del nuovo bilancio stabilizzato). Tali osservazioni trovano del resto conferma nelle peculiari e gravi conseguenze che il legislatore riconnette alla dichiarazione di dissesto: infatti i pregiudizievoli effetti economici negativi che si ripercuotono immediatamente sui terzi creditori dell’ente (quali, tra l’altro, l’impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive ed il blocco della produzione di interessi e rivalutazione monetaria dei debiti insoluti e delle somme già erogate per anticipazioni di cassa) e la stessa procedura di mobilità, che può interessare i dipendenti dell’ente eventualmente eccedenti il nuovo fabbisogno organico, escludono che la dichiarazione di dissesto possa essere il frutto di una valutazione discrezionale degli organi dell’ente, avendo il legislatore fissato direttamente, ed in modo vincolato, i presupposti di fatto che la giustificano, così che essa in realtà, sotto altro angolo visuale, rappresenta il giusto contemperamento degli opposti interessi in gioco, pubblici – dell’ente e della sua funzionalità – e privati – degli operatori economici e dei dipendenti. Da ciò discende poi che il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell’ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere (di azione) in ordine all’accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcun valutazione delle scelte operate (ovvero non operate) per eliminare o ridurre i servizi non essenziali per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario (C.d.S., sez. V, 17 maggio 2006, n. 2837) >> (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 gennaio 2012, n. 143). L’eccezione di difetto di giurisdizione va quindi disattesa, dovendosi però rilevare, concordemente con quanto osservato dal resistente, che il sindacato di questo Giudice non può spingersi fino ad una disamina funditus del presupposti contabili del dissesto, afferendo questi a profili di merito della vicenda che non possono non essere estranei alla cognizione del giudice amministrativo.
Fatta questa necessaria premessa, occorre trascorrere ala disamina delle articolate censure, dovendosene ravvisare l’infondatezza.
Non coglie nel segno il primo motivo, col quale parte ricorrente assume l’insussistenza dei presupposti di legge per la dichiarazione di dissesto, in ordine sia alla impossibilità di assicurare i servizi indispensabili sia all’ammontare dei crediti di terzi non fronteggiabili. Per il primo aspetto, va rilevato che parte resistente ha documentato la mancanza di mezzi sufficienti per l’espletamento di vari servizi appunto qualificabili essenziali (protezione civile, servizio randagismo, servizi cimiteriali, servizio manutenzioni, servizio di prevenzione e protezione, servizio di manutenzione della pubblica illuminazione). L’esame del corredo motivazionale dell’atto consente di rilevare che il Consiglio comunale si è esattamente soffermato sulla materiale possibilità di “garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili”. .Per il secondo profilo di censura, va rilevato che dalla stessa relazione del Revisore dei Conti emerge una varietà di poste debitorie, delle quali la più cospicua riguarda l’espletamento del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti ad opera della Irpinia Ambiente, che lamenta il mancato assolvimento di un credito pari a € 1.873.719,00. Dagli atti di causa non emergono elementi che consentano di ritenere, come si assume in sede di perizia giurata, che tale debito sia inesistente, tanto più che la ditta creditrice, con nota del 13.10.2015, comunicava atto di diffida e messa in mora per la somma, dovuta al predetto titolo, di € 1.946.848,13. Essa riguarda gli anni dal 2011 a seguire e in atti si rinviene la Delibera di G.M. n. 77 del 29.09.2011, che costituisce la presa d’atto dell’amministrazione in ordine agli oneri ed ai costi del servizio. Nemmeno va trascurato che lo stesso Revisore dei Conti ha rilevato un disavanzo di amministrazione di 1.163.629,31, così come esattamente riportato nel corpo dell’impugnata delibera. Dagli atti di causa emerge, conclusivamente, una generale complessiva situazione di grave ed irrisolvibile impasse economico-finanziaria, che costituisce presupposto di fatto per l’adozione della dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi del più volte citato art. 244. Tale norma, per giunta, ricorre all’avverbio “ovvero” per individuare, quindi alternativamente, i presupposti della dichiarazione di dissesto, di guisa che uno solo di essi è sufficiente ai fini dell’adozione di tale atto.
Non colgono nel segno il secondo, terzo e quinto motivo di ricorso, con i quali si evidenzia il tenore delle relazioni del Responsabile Finanziario e del Revisore dei Conti, entrambe di segno contrario alla dichiarazione di dissesto, in quanto la sintassi procedimentale che conduce a tale decisione, così come scolpita dalla su richiamata normativa, non attribuisce a tali contributi portata vincolante, spettando all’organo consiliare la definitiva “valutazione” delle cause del dissesto, evidentemente ancorate, attesa la natura non discrezionale dell’atto, a dati contabili oggettivi e quindi non condizionati da apprezzamenti di stampo soggettivo.
Non convince, infine, il quarto motivo, col quale si lamenta che l’Ente rispetterebbe sette parametri su dieci di quelli indicati nel D.M. Interno del 18.02.2013 per la individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari. E’ sufficiente osservare che detti parametri sono estranei alla piattaforma valutativa, esattamente descritta dall’art. 244, sulla quale si fonda la dichiarazione di dissesto finanziario ed espressamente correlata all’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero all’esistenza di crediti liquidi ed esigibili di terzi non altrimenti fronteggiabili.
Tanto premesso, il ricorso è del tutto infondato e pertanto va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2117/2015, come in epigrafe proposto, lo respinge, come da motivazione.
Condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese di lite in favore del Comune di Quindici nel complessivo importo di € 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese generali al 15 %, come per legge
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Francesco Gaudieri, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)