Francesco Antonio Santaniello è stato ucciso dalla camorra il 31 gennaio 2002 e oggi, a distanza di tredici anni, non si conoscono i responsabili di quest’omicidio. Totonno era un imprenditore edile dedito totalmente alla famiglia ed al lavoro. E’ stato ucciso nel suo magazzino, a Lauro, mentre lavorava. Quest’anno, il suo ricordo è stato celebrato il 30 gennaio a Quindici, dalla famiglia e dall’Associazione Libera contro le mafie. Fatta volare in cielo una lanterna, una “luce per la verità e per la giustizia” che possa allontanare le ombre da tutti i nomi delle vittime innocenti delle mafie.
Profilo di Francesco Antonio Santaniello scritto da Clemente Scafuro.
Quando i giornali locali e qualche emittente di zona raccontavano l’accaduto, qualcuno, incredulo, non riusciva a trovare alcuna giustificazione al fatto che Francesco Santaniello, detto Totonno, fosse stato ucciso in un agguato nel suo magazzino di materiali edili.
“E’ il 31 gennaio 2002. Alle 17.00 circa, Totonno rientra da un lavoro e si accinge a chiudere il magazzino. D’inverno a quell’ora è buio, la gente non viene a comprare e lui ha qualcosa da fare, forse nel cantiere dove sta costruendo delle case, perchè in tasca ha dei chiodi ed un arnese. In ufficio c’è Arturo, il figlio, il più giovane dei tre. Ha compiuto da poco 18 anni e il papà vuole che dopo il diploma si occupi di questa florida azienda familiare.
Quando era in Germania, Totonno, col padre ed il fratello maggiore Andrea, lavorava duro: faceva il manovale, era un bravo stuccatore e il capomastro tedesco lo riteneva uno dei migliori operai al suo servizio. Certo, facevano un sacco di sacrifici, turni intensificati e lavoro duro per mandare i soldi giù, a Quindici, un paesino di Avellino, dove le sue sorelle studiavano e la madre Rosa si occupava della famiglia. Lavoravano nei pressi di Stoccarda. Qui Totonno incontrò Carolina Grasso, emigrante anche lei di Quindici, che lavorava lì con la madre Lucia, dopo che il padre, Antonio, era morto in fabbrica. Qualcuno dei fratelli era rimasto a Quindici, mentre lei era venuta in Germania con la madre per lavorare: il padre non c’era più, servivano soldi. Carolina conosceva bene la famiglia di Totonno: il padre di lui, Arturo, era soprannominato “ciuccetto” (asinello) per la sua dote di instancabile lavoratore, e il giovane non era da meno: un brav’uomo, dedito al lavoro ed al sacrificio.
Si sposarono nel 1977, a Quindici, ovviamente, ma poi ritornarono entro breve tempo in Germania perchè il lavoro li aspettava. Vivevano a Bietigheim, nella regione del Baden Wittenberg. Nel 1978 nacquero Graziella e Rosalinda, le gemelle, e nella mente di Totonno girava sempre lo stesso pensiero: passi per i sacrifici immensi, passi per il duro lavoro, ma prima o poi si doveva ritornare a Quindici. Nel 1982 la famiglia Santaniello lasciò la Germania, per non farvi più ritorno. In Italia, nel 1983, nacque Arturo. Certo, c’era (e tuttora c’è) un bel divario tra la florida nazione tedesca e un piccolo paese del sud Italia; ma l’entusiasmo di Totonno non si affievolì: era l’epoca post – terremoto, era in atto una profonda ricostruzione ed i Santaniello sapevano lavorare nel settore edile con estrema serietà e competenza. Andrea e Francesco, Totonno, crearono una ditta; successivamente il più piccolo dei due cambiò un paio di maestranze, per poi compiere il gran passo, realizzare il sogno: aprire un magazzino di materiali edili. Era il 1992. Aveva trovato il posto giusto in un terreno sito in via Pietà nella vicina Lauro, molti dei lavori di adeguamento li avrebbe fatti per conto suo, piano piano iniziò a fare consegne con un camioncino. Per ottenere l’autorizzazione commerciale aveva preso la licenza media, sempre nel 1992, quando l’avevano conseguita anche le sue due figlie. Carolina si occupava della famiglia, nella nuova casa che avevano costruito con tanti sacrifici, e qualche volta stava in magazzino, quando lui usciva per ritirare o consegnare materiale. Pian piano l’azienda cresceva e Totonno non mollava la sua mentalità da investitore: ampliò il magazzino, comprò altri mezzi, compreso un pontone per la sistemazione del ferro. A ridosso del nuovo millennio, Edil Santaniello era un’azienda leader del settore, nel Vallo di Lauro e anche oltre. I sacrifici avevano ripagato Francesco, ma non era ancora il tempo di godere dei profitti. Un uomo, onesto lavoratore e dedito alla fatica, non doveva ancora fermarsi. L’idea di costruire quelle case gli balenò nella mente: “Quasi quasi provo a vedere se si può avviare questa nuova attività…”.
Sacrifici su sacrifici, fatica e sudore. Svegliarsi presto la mattina, arrivare stanchissimo a casa ed andare a letto presto. Per il resto, di coraggio ce ne vuole, ma è sufficiente quello che la gente pensa di te, che sei un uomo onesto, che non ti si vede tanto in giro per i bar, che il tuo lavoro lo fai bene e con competenza e molti fanno tesoro dei tuoi consigli.
Eppure, a qualcuno tanta onestà non piace.
Qualcuno non vede di buon occhio un lavoratore che cammina a testa alta e sa di fare tutto con merito e razionalità: certi atteggiamenti possono compromettere alcuni equilibri.
“Totonno non paga”.
E allora vanno adottate precauzioni, soluzioni drastiche. E’ necessario far parlare le armi. Basta attraversare una mulattiera, appostarsi al buio, aspettare e poi colpire alle spalle, quattro volte, da lontano. Non c’è abbastanza dignità per colpire faccia a faccia.
Poi la fuga, di nascosto.
Totonno cade tra le braccia del figlio, inconsapevole di quanto stia accadendo. Morirà tra qualche minuto, mentre viene trasportato al Pronto Soccorso”.
Gli anni successivi saranno pesantissimi per la famiglia Santaniello e tutti quelli che a loro sono vicini. Se all’inizio la prima sensazione fu di un fortissimo sgomento perchè nessuno si aspettava una simile tragedia, tantomeno aveva ipotizzato alcuna motivazione, col passare del tempo questo sentimento ha lasciato il posto allo sconforto e, in alcuni istanti, alla rassegnazione. La moglie, i figli, hanno subìto la tragedia, magari nella inutile speranza di sopire l’immenso dolore… ma il tempo non ha guarito le ferite, come succede nei film. Questa è la realtà. Carolina, Graziella, Rosalinda e Arturo allora hanno intrapreso un percorso, prima giudiziario e successivamente anche sociale, per ridare al nome di Francesco Santaniello la dignità che merita e che qualcuno, con maldestro tentativo, ha tentato (e tuttora tenta) di infangare. Sono passati 12 anni, da quel 31 gennaio e qualche giorno fa Marco Cillo, dell’Associazione “Libera” di Avellino, ha telefonato, come altre volte, ai familiari di Totonno. Qualcosa si muove: “… Come ogni anno, da 19 anni, anche quest’anno Libera celebra la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Verranno letti circa 900 nomi. Tra quelli, per la prima volta ci sarà anche il nome di Francesco Santaniello.”
(Tratto da “Francesco Santaniello, vittima di camorra”. clementescafuro.wordpress.com – marzo 2014.”)