La scena ha fatto scalpore negli Stati Uniti. Nel bel mezzo di una causa, un giudice ha chiesto che l’accusato fosse messo a tacere quando si era rifiutato di rimanere in silenzio. Questa settimana, durante un processo a Cleveland, Ohio, un giudice ha ordinato agli agenti di polizia in tribunale di “tappare” la bocca dell’accusato che si è rifiutato di tacere. Franklyn Williams, che è comparso in udienza per tre rapine a mano armata, aveva ignorato le richieste di silenzio imposte dal giudice John Russo. In un video trasmesso dal canale televisivo Fox8, John Russo nell’ammonire l’imputato dichiara: “Sono il giudice qui, stai zitto e ti dico quando puoi parlare. Spiega poi all’imputato che vorrebbe sentire i suoi avvocati prima di ascoltarlo su quanto ha da riferire, ma Franklyn Williams continua a parlare. “Cerchi di togliermi la vita, e non mi permetti di dirti cosa sta succedendo”Dopo diverse interruzioni, il giudice finisce per minacciare l’imputato di zittirlo. “Se dobbiamo, io si … Avrete la possibilità di parlare (…) Basta zitto, si avrà la possibilità di parlare, ti darò la possibilità di parlare.” Alla fine, un ufficiale di polizia, circondato da sei colleghi, lo ha imbavagliato con una striscia di nastro adesivo”. Il video, ha suscitato scalpore negli Stati Uniti e ha attirato rapidamente l’attenzione di vari gruppi per i diritti umani, tra cui l’American Civil Liberties Union of Ohio (ACLU). “Non possiamo pensare che sia una procedura normale, è umiliante, non solo priva quella persona di parlare prima che sia giudicato, ma lo deruba della sua dignità, non è giusto…” , ha tuonato su Twitter il portavoce dell’organizzazione.”Mi sentivo così umiliato”, Franklyn Williams ha dichiarato alla TV Fox 8. “Il giudice non mi ha permesso di dire quello che stavo cercando di dire, mi ha sempre fermato prima che potessi spiegare qualsiasi cosa.”. Da parte sua, il giudice John Russo ha difeso la sua azione sostenendo che l’imputato aveva mancato di rispetto al sistema giudiziario americano. Franklyn Williams è stato infine condannato a 24 anni di carcere per rapina, rapimento e uso improprio delle carte di credito.Una storia, dunque, incredibile ma vera di un tribunale all’arrembaggio con un’iniziativa estemporanea, dettata più dall’esigenza di inseguire la notorietà che da un coerente e responsabile esercizio dell’azione penale.